Una Juve senza obiettivi non è la vera Juve. Inutile girarci intorno, inutile stuzzicare la fantasia di tifosi disillusi e amareggiati: il futuro è a tinte fosche. Siamo di fronte all'ennesima stagione di improvvisazione societaria e, si sa, la programmazione, nel calcio, conta tantissimo. L'intrecciarsi tra pensiero e azione, nel mondo del pallone, è l'anticamera del successo. Noi juventini lo sappiamo bene: senza la programmazione non ci sarebbe stato il triennio vincente guidato da Antonio Conte. Senza programmazione non sarebbe mai avvenuto l'avvicendamento tra Conte e Allegri, foriero del consolidato dominio nazionale e della definitiva emancipazione internazionale, tuttavia priva di un trofeo sollevato al cielo. Quando, invece, si è programmato in modo scriteriato, senza guardare al futuro prossimo, la Signora ha abortito tre stagioni da dimenticare e una quarta che verrà ricordata solo per le dinamiche extra-calcistiche.

Perché tre stagioni? Parliamoci chiaro: lo scudetto di Sarri è stato più l'applicazione pedissequa della solita routine, anziché un trionfo da festeggiare con tutti i crismi. La parentesi Pirlo appare ancora oggi incomprensibile nelle forme e nelle modalità di applicazione. L'Allegri-bis è la chiusura di un cerchio, tracciato da un compasso la cui punta non ha mai fatto breccia nel foglio bianco. Ti amo, Max, non so se lo sai. Ma guardiamo in faccia la realtà: il calcio nel 2019 non somiglia neanche vagamente al calcio attuale. La squadra che non produce gioco e che vive di fiammate e "gollonzi" ha il destino già segnato. Potrà aspirare al podio, talvolta, ma non avrà mai possibilità reali di alzare trofei.

Napoli docet: Lucianone da Certaldo ha plasmato la propria creatura da vero demiurgo del calcio contemporaneo. Intensità, armonia, finalizzazione. Tutto senza nomi altisonanti, anzi, rinunciando ai grandi nomi del passato recente (Insigne e Koulibaly su tutti). E la Juve? Di Maria novello Giovanni Battista, avvezzo alla predicazione in luoghi desertici e sempre pronto a battezzare compagni e tifosi con giocate da capogiro. Proprio come il profeta evangelico, il contesto desolante e il re del suddetto hanno già intenzione di decapitarne le velleità. Anche un ipovedente scorgerebbe i contorni sbiaditi di un "calcio" imperniato sulla fantasia del "Fideo" e sulla proletaria ripetizione di cross dalla catena mancina, ad opera del "compagno" Filip Kostic.

Max, ciascun allenatore si fa portatore delle idee di calcio che ritiene più idonee alla causa della propria squadra. Il punto è che il gioco speculativo è figlio di un pallone morto e sepolto. L'eccezione che conferma la regola di cui sopra, risponde al nome di Real Madrid. Con quella gente lì, che risponde ai nomi di Modric, Kroos o Benzema, vai un po' tu a spiegare lo schemino da scuola calcio! Che si giochi il miglior calcio o che si speculi, il Real vince. A Valdebebas, Carletto Ancelotti è pronto a salire ogni giorno su una meravigliosa senza pagare il variopinto gettone. Alla Continassa, la giostrina sgangherata di Max Allegri è in manutenzione da due anni, ma i cavallucci sono arrugginiti.

Crediamo, quasi all'unanimità, che il tempo di questa Juve sia finito. La metafora ippica del "corto muso" è stata soppiantata dall'immagine del cavallo che vince seminando gli avversari e non di sola bravura, a pochi centimetri dal traguardo. Questa nuova scuderia di giovani puledri (Fagioli, Miretti, Soulé, Iling-Junior...), non prendiamoci in giro, è stata sdoganata solo per estrema necessità. L'estate-autunno 2022 ha portato con sé la solita scia di infortuni e i giovani hanno solo rinsaldato le fila della panchina. C'è stato, per carità, il contributo anche sul rettangolo verde, ma, attenzione, se si punterà su costoro, le tempistiche di piena maturazione andranno dilazionate nel tempo. Meglio l'uovo oggi o la gallina domani? Sapevatelo.

Tra giustizia sportiva (preferisco non parlarne), infortuni, calcio giocato (?), il futuro di Madama si prospetta complicato come non mai. La giusta ripartenza potrà concretizzarsi solo e soltanto attraverso idee fresche tra scrivania e rettangolo verde. Innanzitutto nominando un direttore sportivo vero e non promuovendo il solito vice del vice del vice direttore. Poi andrà scelto un allenatore giovane, emergente e, possibilmente italiano (nomen omen?). Max Allegri andrà ringraziato per il lavoro svolto, essendosi assunto la responsabilità di allenare, per due anni, un gruppo di salme ambulanti, augurandogli tutto il meglio per il futuro prossimo. Quanto alla squadra: è troppo pretenzioso auspicare che la Juve possa acquistare giocatori che abbiano le carte in regola per indossare il bianco e nero? Giovani o vecchi che siano. "Il domani non muore mai", recitava il titolo di un film di spionaggio; "Non ci resta che piangere", era il titolo di una commedia, il cui significato è azzeccato per descrivere il "cinematografico" presente della Juventus.