Lasciamo il calcio in un angolino. La pausa delle nazionali appare, ogniqualvolta si ripresenta, quale netta cesura sia ai campionati che alle coppe europee. Neanche il tempo di abituarsi troppo alla regular season che, per noi italiani, superata la dieci giorni azzurra, ad interrompere i giochi ci pensi il periodo natalizio. Pallone a parte, ritengo sia necessario porsi una domanda attinente allo stato di salute della cosa pubblica. La politica di casa nostra è un malato in rianimazione oppure prosegue la permanenza in terapia intensiva? Al momento la scelta sembra propendere per la seconda opzione, con annessa estrema unzione. Non è questo il periodo adeguato per alludere a malati e malattie, è ovvio. Tuttavia, non si può non dissertare di politica senza accennare minimamente all'universo sanitario. Altro accostamento macabro, vogliate scusarmi.

Lungi da me l'intenzione di far pubblicità a personaggi già ampiamente noti ai rotocalchi, ma qui il discorso è più serio di quanto si creda. Il noto cantante Fedez, novello tribuno della "plebe", pare abbia deciso di candidarsi in vista delle elezioni politche del 2023. Il tutto è suffragato dalla presenza in Rete di un dominio, acquisito dalla società ZDF, facente capo all'artista, dal nome inequivocabile: fedezelezioni2023.it. Partendo dal presupposto che qualcuno si stracciò le vesti, assistendo all'entrata in Parlamento di Ilona Staller, meglio nota come Cicciolina, nessuno si sorprenda di tale decisone. Egli sa benissimo di poter cavalcare l'onda del successo e dell'influenza su una pletora di fan, in combutta con la più famosa consorte-influencer Chiara Ferragni.

Il sodalizio familiare di costoro è assimilabile a una vera e propria industria, tanto da non riuscire a quantificare il numero reale e non quello indicato dalle varie piattaforme social di persone sulle quali essi esercitano un forte ascendente. Video o stories caricate, apparizioni in tv contribuiscono, talvolta, a ringalluzzire l'entusiasmo di questi famelici supporters, magari immortalando persino la prole generata dalla coppia. Tanto i genitori quanto i bimbi vengono coinvolti in istantanee mondane o fra le mura domestiche. Non è un caso, a maggior ragione, che le grandi multinazionali dell'intrattenimento (ma una in particolare) abbiano coinvolto uno dei due o entrambi per prodotti da dare in pasto agli utenti fidelizzati.

Viene meno, ancora una volta, la credibilità della politica italiana. Tangentopoli non bastò a spazzare via un sistema obsoleto e corrotto, anzi, involontariamente aprì la strada a un ventennio a tratti peggiore. La crisi economica del 2008, poi, ci ricordò che il benessere, vero o presunto che fosse, pareva ormai un lontano ricordo. I ristoranti pian piano si svuotarono, ma quello della politica elargì all'elettorato la solita minestrina riscaldata e una nuova pietanza, intenzionata ad aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno. Peccato che il tonno, in seguito, lo abbia consumato insieme ai fautori della minestrina citata poc'anzi. Ma questa è un'altra storia. Come gli apritori di scatolette, Fedez (mi tocca mordere con vigore la lingua) qualora decidesse di fondare un movimento, costituirebbe una forza anti-sistema, pari all'Uomo Qualunque di Giannini, in una fase molto meno comprensibile della nostra storia politica. Gli addetti ai lavori hanno fallito, tanto da indurre Mattarella a reclutare una baby-sitter, Mario Draghi, per far star buoni i bimbi cattivi. Non ce ne voglia l'ex numero 1 della BCE, ma non vi è paragone migliore dell'antica bambinaia, in rapporto a quanto scritto.
Cosa fanno esattamente i bimbi cattivi seduti in Parlamento? Volendo, per comodità, suddividere le forze politiche fra destra e sinistra diremmo, rispettivamente, che la prima solletica il malcontento intestinale delle classi medio-basse; la seconda promuove messaggi di solidarietà e inclusione, attraverso i vari esponenti, da location parioline e con il cocktail in mano. La situazione, dunque, a distanza di mezzo secolo si è ribaltata, senza, tuttavia, associare i cocktail e il quartiere Parioli alla destra o gli smottamenti intestinali alla sinistra. Rammentiamo, inoltre, di come l'ideologia sia andata tranquillamente in soffitta, senza troppi patemi. Ipotizzando, pertanto, sondaggi alla mano, un'ipotetica maggioranza relativa del centro-destra unito (Lega-FDI-FI) e un ipotetico terzo polo moderato e riformista (Azione-IV-Più Europa), al centro-sinistra toccherebbe costituire una sgangherata coalizione PD-M5S. Chissà se Fedez (mordo ancora la lingua) possa, in qualche modo far defluire consensi verso la strana coppia Letta-Conte per limitare i danni o per scalzare il tripartito Salvini-Meloni-Berlusconi. Assurdo di come dal pentapartito (DC-PSI-PLI-PRI-PSDI, sembra "Nuntereggae più) si sia passati alla indistinta mescolanza di nomi, cose e città prive di una spina dorsale. Ed è assurdo di come appaia più omogeneo lo schieramento di centro-destra (Salvini-Meloni, sovranisti-euroscettici al bar e Berlusconi, moderato europeista), piuttosto che il centro-qualcosa PD-M5S, distanti come New York e Minsk. 
Ma Fedez cascherebbe a pennello nell'attuale sinistra liberal. Dalle battaglie per l'emancipazione della classe operaia agli involtini primavera sino-friendly. E poi Fedez, con il portafoglio rigorosamente a destra e il "cuore" a sinistra, è sempre stato un abile oratore sui palcoscenici calcati. Peccato che, secondo la mia infima sensibilità, non si può riporre fiducia in un artista, nell'esercizio del suo mestiere, sempre con una multinazionale dietro le spalle. Capite bene che ogni politico si fa portatore dei propri interessi. Ma, se ci si indignava nei confronti di chi approvava leggi secondo le proprie necessità, non vi sembrerebbe strano che un cantante di grande visibilità, proprio ora, decida di cavalcare l'onda del successo elettorale? Non ritengo Fedez alla stregua dei legislatori ad personam, tuttavia, non si può negare che egli non abbia legami con aziende di non banale entità. Potrebbe, oppure, rivestire il ruolo di "intellettuale" di riferimento, millantando di asterischi inclusivi o di solite paternali sulla criminalità organizzata, senza né capo né coda. Sempre con il portafoglio in fondo a destra, come i bagni nei locali.

Vogliamo allargare le basi del discorso? E i mezzi d'informazione? Propinano allo spettatore urla e chiacchiericcio. Mai un confronto fra leader politici di spicco, in contemporanea. Monologhi di mezz'ora, circa, con domande concordate e senza un vero contraddittorio. La qualità di chi ci rappresenta la si misura con lo stesso metro di giudizio fornito dalla stand-up comedy. I telegiornali sono lottizzati dai partiti di maggioranza, sulla Tv di Stato, mentre le Tv commerciali penzolano tra le gioie e i dolori dei molteplici editori. 

Non resta, in fin dei conti, che l'augurio di ritrovarsi comandati dal meno peggiore dei concorrenti. Basta pensare a riforme o leggi che incentivino il lavoro! Il target primario è sempre consistito nella stabilizzazione di una maggioranza di governo, fin quando il governo non sarebbe caduto e nell'eterna promessa di guardare con occhi diversi al futuro. In questo si intravede un'enorme linea di continuità tra la Prima, la Seconda e l'attuale Indefinita Repubblica. Con un occhio rivolto al sol dell'avvenire, curiosi di scoprire il nome del nuovo inquilino del Quirinale e un altro verso le acrobatiche accozzaglie di partiti, attendiamo sfiduciati il passaggio, l'ennesimo, a miglior vita della nostra cosa pubblica. Tante volte è trapassata, tante volte è risorta ancor peggio del precedente stato vegetativo. Dall'entrata degli imprenditori indebitati a quella degli influencer ultra-followati. Amen.