"Userò gli occhi del cuore\per carpire i tuoi segreti", il meraviglioso incipit della colonna sonora, realizzato da Stefano Belisari, in arte Elio, che accompagna ciascun episodio della fortunata serie tv "Boris", prodotto tornato in auge grazie alle piattaforme streaming e ai social. Dieci anni fa, or sono, la visionaria opera del trio Ciarrapico-Vendruscolo-Torre risultava essere un prodotto di nicchia. La televisone, colonna portante del Paese e del focolare domestico, era istituzione pressoché inattaccabile. Nelle sue molteplici declinazioni essa costituiva la principale fonte d'intrattenimento di anziani e bambini, tanto da aver allargato ulteriormente le proprie basi, attraverso il passaggio dall'analogico al digitale terrestre. Risultato? L'utente ha così disposto di un bouquet variegato che, al duopolio Rai-Mediaset, ha contrapposto l'informazione a trazione politica di LA7 e l'entrata in scena di canali dei colossi Sky e Discovery.

"Boris", ancor prima che qualcuno se ne accorgesse, ha messo alla berlina la Tv con la quale diverse generazioni sono cresciute. Lo ha fatto, in particolare, attaccando ciò per cui interi nuclei familiari attendevano con ansia l'appuntamento settimanale: le fiction. Nessuno si era mai reso conto, fino in fondo, di quanto queste produzioni fossero scadenti. Regia inesistente, attori mediocri impegnati in monologhi dalla retorica sfavillante, direttori della fotografia le cui luci avranno ingrassato le casse dell'ENEL e via dicendo. La fuori-serie italiana, così denominata nel sottotitolo, ci ha aperto gli occhi (del cuore) proprio dove la cecità pareva incurabile.
Vi starete chiedendo cosa c'entri, ora, Boris con le finalità del blog. C'entra e come! Chi di voi ha ammirato, ieri pomeriggio, l'ennesima figuraccia della Juventus in quel di Verona? Spero che la Signorìa Vostra abbia avuto mai modo di calarsi nella realtà della serie tv di cui sopra. Già, perché la Juve è uno spin-off, a tutti gli effetti, de "Gli occhi del cuore", fiction immaginaria su cui si basa l'intera serie e, specie negli ultimi tre anni, ricorda piuttosto il set di "Medical Dimension".
Quest'ultimo sarebbe diventato il nuovo cavallo di battaglia della Rete, evidente parodia borisiana di Mamma RAI. Piccolissimo particolare: le ingenti risorse profuse per realizzare le puntate, i buoni propositi di transizione dalla mediocrità alla qualità e il crudo realismo inscenato nelle disparate sequenze è stato evidentemente tradito. "Medical Dimension" ha rappresentato, in realtà, una trappola per il povero regista, René Ferretti (Francesco Pannofino, nella serie). La serie, come si scoprirà, aveva il chiaro intento di costituire un prodotto fallimentare fittiziamente patrocinato dalle alte gerarchie. Un po' come la Juve: spendere tanto e male, facendo proclami di conquista dell'Europa e ritrovarsi con un pugno di mosche in mano.
Max Allegri, novello Ferretti, dapprima volenteroso di calarsi nei panni del regista alla ricerca della qualità, appare ormai svuotato di ogni energia residua. Il bello è che la dirigenza\produzione abbia elargito promesse a dismisura, proprio come nella fiction-trappola. L'intento del prodotto fittizio era quello di indagare sui problemi che affliggono la sanità pubblica, proprio come quello della Juve: scoprire ciò che non ha funzionato, negli ultimi anni, per porvi rimedio. Ma la ricerca della qualità è un uragano che travolge tutto e tutti, se non si è accuratamente disposti ad abbandonare la comfort-zone della mediocrità.
"Gli occhi del cuore" e "Medical dimension" sono un universo variegato, entro il quale gravitano attori cani e attori di talento, costretti, per tirare a campare, ad accettare un ruolo di secondo piano; si scorge, altresì, una troupe di elementi un po' rozzi e pieni di dipendenze (per esempio, quella da cocaina del direttore della fotografia e dell'aiuto regista), accompagnati da apprendisti relegati alla mera schiavitù. L'attuale Juventus ci impone di immaginare un normale allenamento alla Continassa quale uno spaccato vivido assimilabile a quanto descritto sopra. Allegri\Ferretti, intento a descrivere i movimenti e le situazioni, ascoltato da giocatori\attori, i quali, una volta partito il ciak ("Motoreiiii, azione!"), evidenziano tutti i limiti del caso. Le famose facce, preoccupata-basita-sconcertata, altro non sono che la summa della mimica di costoro, nel mettere in pratica i dettami del mister.
Quanto alla società, non si può non riscontare un'attinenza verso la gerarchia della Rete. Agnelli, Dottor Cane nella finzione, è sempre più uno spietato burocrate. Egli non si rende conto della galoppante mediocrità che affligge il proprio mondo, crogiolandosi in essa e perseguendola a qualsiasi scopo. Nedved, nei panni di Diego Lopez, responsabile del set, alterna l'adempimento di ordini calati dall'alto a dure prese di posizione, atte a salvaguardare la pochezza di quanto ci sia da realizzare. Sarebbe il colmo se, annunciando la chiusura di baracca e burattini, desse l'accorata notizia del ritorno di Luciano Moggi, "un eroe italiano" (sottotitolo di una nuova fiction della Rete, dedicata all'ex dirigente, impersonato da Pierfrancesco Favino), per celebrarne le gesta. Tra gli sceneggiatori includeremmo il buon Cherubini, nell'intento di redigere copioni plagiati, ricolmi di facce e citazioni improbabili, reiterati, inoltre, dalla noia e dal tasto "F4".
Diciamolo senza patemi: "a noi la qualità c'ha rotto er c...!". Il target è condivisibile, essendo il mondo Juve impegnato alla ricerca di una linea comica. Il personaggio che meglio rappresenta, tanto la fiction quanto la Juve, è Nando Martellone, improbabile cabarettista, calato nelle vesti del notaio. La bassezza dei suoi sketch, contraddistinti da un "BUCIO DE CULO" a far da chiosa alle varie affermazioni, ricorda molto le prestazioni di una squadra bulimica, inconsistente e, per lunghi tratti, comica. Ricordate il suo risveglio dal coma? Affetto da coprolalia, ricopre di insulti e improperi la povera madre accorsa in ospedale. Anche i risvegli momentanei della Juve, dal "coma" sportivo, andrebbero rivisitati sotto questa luce. ("Quaaanto me rode er cuulo [...])

Una squadra troppo brutta per essere vera! Tra gli "Occhi del cuore" e "Medical Dimension", il collettivo rammenta, in certe situazioni, il cast di "Troppo frizzante", sitcom della Concorrenza, appellativo della parodia borisiana di Mediaset. "Aprite quella poooooorta", disse Szczesny. "Buonasera, sono Paul Pogba", affermò risoluto Adrien (Rabiot) chiavica in mano. Per non parlare di Alvaro (Morata) Sultano, lo stronzo che guarda sempre in macchina. In sintesi: comicità bassa, priva di senso, con le risate fuori campo ad ingigantire il tutto. 
Il tifoso bianconero dovrà rassegnarsi alla mediocrità. Anche Allegri\Ferretti si sarà reso conto di come il passato recente- intriso di scene "a cazzo de cane", di luci "smarmellate" e di ciak dati per buoni, quando la bontà viene a mancare- non sia facilmente superabile. Non basterà una locura (dammi tre parole "Fino alla Fine), tanto più un ritorno all'antico, mediante la redazione di una sceneggiatura che rispolveri il passato recente ("Gli occhi del cuore 3").
Allegri\Ferretti si trova, attualmente, su un set dal quale è difficile ricavare uno spiraglio di qualità. Come si può lavorare con una "cagna maledetta", uno psicologo in carrozzella che, alzandosi (!) se ne va o con un sodomizzato di Bergamo? Tu sei un po'matto, Max! Nonostante sia una "qualità", per l'amato Conte di Corrado Guzzanti. Non si interpreta Padre Frediani, se non si è attori di prima fascia. Allora da dove nasce quel mesetto, lasciato da poco alle spalle, nel quale pareva intravedersi uno spiraglio di luce? BUCIO DE CULO, l'unica risposta percorribile.