C'era una volta Leonardo Bonucci. Bello, giovane e aitante, egli aveva il compito di difendere una Signora molto anziana, di nome Juventus. Peccato che Leonardo, ancora in tenera età , molto spesso commise qualche piccolo errore in fase difensiva. Guardandosi intorno, si rese conto di non poter competere per acume e bravura con i suoi compagni più anziani, Andrea (Barzagli, ndr) e Giorgio (Chiellini, ndr). Grazie all'aiuto di un grillo parlante (Alberto Ferrarini, motivatore) e del suo maestro Antonio (Conte, ndr), Leo riuscì a superare le difficoltà iniziali. Oramai era annoverato fra i migliori difensori d'Europa.

Favoletta a parte, è bene ricordare di come Leonardo Bonucci sia stato uno degli esperimenti migliori del Conte allenatore. Il brutto anatroccolo delle deviazioni nella propria porta diventò, con impegno e costanza, il cigno che tutti attendevano, fra marcature e lanci millimetrici ai compagni. Il rendimento di Conte e Bonucci, fra Juve e Nazionale, ha raggiunto vette impronosticabili. Figli della gavetta, nessuno avrebbe mai scommesso un centesimo su di loro, nel primo biennio torinese.

Leo arrivò un anno prima, dal Bari; Antonio, dodici mesi dopo, tornò in bianconero dopo la promozione ottenuta con i bianconeri di Siena. Tre scudetti insieme, Leo perno centrale della difesa a tre, Antonio a quota 102 in campionato (tuttora insuperabile).
Cosa è andato a storto a questi due personaggi?
Apparentemente nulla. Leo mantiene la sua posizione di leader anche nel triennio allegriano; Antonio allena gli Azzurri, conducendoli sino ai quarti dell'Europeo 2016, per poi vincere la Premier, con il Chelsea, un anno dopo l'impresa di Ranieri. 

L'annus horribilis del duo, il 2017-2018.
Leo perde la seconda Champions e qualcosa si rompe. Litiga con Allegri, subentrano i problemi di salute del piccolo Matteo, il suo secondogenito. Antonio rivoluziona inspiegabilmente il suo Chelsea vincente. Diego Costa trombato via sms e rimpiazzato con Morata (mossa inspiegabile); Matic scaricato allo United per Bakayoko (non proprio la stessa cosa). Intanto irrompe la notizia che sconvolge gli equilibri del mercato italiano: Bonucci passa clamorosamente al Milan!
Lo sgomento fra i tifosi bianconeri è palpabile. Non si capisce bene quali siano i reali motivi che hanno portato alla rottura. Tant'è che Bonucci pare già essersi ambientato nell'ambiente rossonero. Parla di equilibri da spostare, di ambizioni (personali), di numeri di maglia (19 estorto a Kessié) e fasce da capitano. Vuole dimostrare a tutti che la Juve si può battere. Vuol mettersi alla testa di una sedicente rivoluzione per sovvertire il dominio bianconero.
L'immagine più curiosa del Bonucci milanista resta il sorriso sfoggiato di fronte all'enorme Champions che campeggia nella sala trofei di Casa Milan. Quasi volesse fare un dispetto ai suoi ex amici gobbi, ancora ricurvi, non in grado di sopportare il peso opprimente di sette finali perse. Negli occhi di tutti c'è anche l'esultanza plateale allo Stadium di un ometto felice per aver pisciato nel letto. Bravo Leo, hai segnato! Cosa dovevi dimostrare? Di poter spostare veramente gli equilibri? Vuoi che ti dia i numeri? Tre incontri fra Juve e Milan, nella stagione '17-'18, due gare disputate da Bonucci, tre vittorie bianconere e... nove gol al passivo(!). Chissà se avrà conservato la medaglia d'argento della finale di Coppa Italia!

Antonio Conte, emulando i trascorsi dell'allievo prediletto, ha sposato la sponda nerazzurra di Milano. Nessuno ha fiatato: l'intelligenza dei tifosi interisti, consapevoli che Conte fosse l'unico capace di riportare trofei in bacheca, è prevalsa sugli istinti primordiali, sulle solite offese indirizzate a uno degli juventini più marci. Conte è diventato immediatamente un bauscia, dichiarando, altresì, di soffrire di insonnia a causa degli oneri che comporta la panchina nerazzurra. A fronte di un ingaggio superiore ai dieci milioni annui, a un potere decisionale pressoché incontrastato, in sede di mercato, Eriksen a parte, Antonio è riuscito comunque a lamentarsi. Risultato? Zeru Tituli, come avrebbe detto l'allenatore che egli si diverte a scimmiottare. E con la Juve più scarsa degli ultimi nove anni? Due sconfitte e prestazioni sottotono.

La carriera dei due individui di cui sopra ha avuto, in prevalenza, un motore inesauribile ad alimentarla: l'autostima. Il narcisismo esasperato non può, tuttavia, non fare i conti con il tempo. Antonio si è fossilizzato sul 3-5-2 brevettato in bianconero, trovando, solo in certe occasioni, gli interpreti giusti nell'esecuzione. Leo, dopo l'anno milanista, è tornato, con la coda tra le gambe e la faccia come il culo, in bianconero. Peccato che, specie il primo anno, pareva il fratello scarso del Bonucci pre-Cardiff.

L'autostima li ha condotti allo scontro frontale con la Signora. Un impatto tale da ridimensionare sete di vendetta e ambizione (personale). Conte sarebbe tornato volentieri all'ovile, nei progetti di Nedevd e Paratici, non di Agnelli. Meglio un Sarri a malincuore, che un personaggio dileguatosi come un ladro nel cuore della notte. Bonucci è tornato, si è preso una discreta razione di fischi e insulti, ma è stato perdonato in fretta, meritandosi persino la fascia da capitano.

Conte & Bonucci, uniti dal destino (professionale) e dal carattere (fumantino e nulla più). L'ennesima riprova che, anche fra mille difficoltà, è dura, allo stato attuale, mettersi contro la Juve.
Chiedete a Conte e Bonucci...