Quando nello scorso mese di agosto sono improvvisamente giunte le dimissioni di Mancini da c.t. della nazionale, pressoché tutta l'Italia calcistica all'unanimità aveva indicato Luciano Spalletti come la scelta più logica e la migliore possibile per prendere il suo posto. Il che, in un paese che si divide praticamente su tutto, è parso quasi come un segno del destino. Troppo recente la grande impresa compiuta dal vate di Certaldo alla guida del Napoli portato a vincere il campionato praticamente in carrozza, con distacchi siderali sulle inseguitrici, miglior attacco, miglior difesa e capocannoniere del torneo per potersi sbagliare. Un gioco offensivo e spumeggiante rimasto marchiato a fuoco nella mente di tutti noi come le lezioni di calcio impartite anche a livello europeo al Liverpool e all'Ajax ad esempio. Il sogno era che Spalletti riuscisse a riproporre con la nazionale, almeno in parte, ciò che avevamo visto a Napoli. Anche io coltivavo questa speranza sebbene nutrissi più di un dubbio. La partita di ieri sera non fa altro che alimentarli. O quantomeno dimostra che la strada intrapresa dal nuovo allenatore è decisamente più lunga del previsto. L'Italia ha provato a fare la partita e, dopo essere partita abbastanza bene, è crollata nella ripresa per la stanchezza e concedendo delle ripartenze clamorose agli inglesi. Noi? Gli italiani che perdiamo prendendo non uno ma ben due reti in contropiede in trasferta? Siamo al paradosso. Voler imprimere alla nazionale la volontà di andare a fare la partita ovunque e contro qualunque avversario è un intento lodevole ma forse di difficile attuazione. Spalletti al Napoli ha potuto lavorare quotidianamente con il suo gruppo di giocatori per due anni per riuscire a creare una squadra con meccanismi oliati e mandati a memoria da tutti i calciatori, riserve comprese. In nazionale questa facoltà non si ha. L'allenatore ha 6-7 giorni al mese durante i quali deve anche preparare due partite quasi sempre decisive. Inoltre i giocatori disponibili non sono neanche sempre gli stessi tra infortuni e indisponibilità di turno.
Forse alla lunga Spalletti riuscirà a far esprimere la nazionale come faceva con il Napoli ma nell'immediato magari era più opportuno un altro atteggiamento per non rischiare di fallire, dopo due mondiali, anche l'appuntamento col prossimo europeo.
Anche nella scelta degli uomini qualche dubbio sovviene. Udogie si è confermato una scelta azzeccata e anche Scamacca ha confermato che se sta bene fisicamente è lui il centravanti titolare dell'Italia. Per il resto è parso azzardato schierare il giovane e inesperto Scalvini al fianco di Acerbi in una partita così importante, preferendolo ai più esperti Mancini, Bastoni e Gatti.
A centrocampo confermato Barella nonostante stia attraversando un periodo non formidabile mentre Bonaventura, sebbene in là con gli anni, in questo momento ricorda tanto re Mida che trasformava in oro tutto ciò che toccava. In attacco poi ha preferito schierare titolare El Sharaawy, che è stato convocato solo per i forfait di Chiesa e Zaccagni, e lo ha preferito a Kean, impreciso ma volenteroso contro Malta, e a Orsolini.
Ma il dubbio maggiore è quello sul modulo scelto per la squadra. Spalletti prosegue il percorso di Mancini insistendo sul 4-3-3 che però, specialmente per quanto riguarda i difensori, non sembra essere la soluzione migliore. Parlando dei difensori disponibili viene subito all'occhio una cosa. Acerbi, Bastoni, Mancini, Scalvini, Gatti e Darmian sono tutti abituati a giocare a 3 in difesa nei loro club. Gli unici convocabili che giocano a 4 dietro sono Casale e Romagnoli della Lazio che però, già prima con Mancini e anche adesso con Spalletti, non godono di grande considerazione e in questo momento deludono anche nel club. E mentre Udogie sembra essersi adattato bene anche nella difesa a 4 del Tottenham e così riesce a far bene anche in nazionale, Dimarco sembra che con l'Italia non riesca a esprimersi al meglio come invece avviene da quinto nell'Inter. Probabilmente in Italia non ci sono giocatori adatti al tipo di gioco che Spalleti vuole proporre. Mancano giocatori come Kim, Lobotka, Zielinski, Kvaratskhelia e Osimhen, fondamentali nel Napoli, per cui viene tremendamente più difficile cercare di proporre quell'idea di gioco.
Ma allora, forse non era più opportuno affidarsi al ritorno di Conte che con il suo 3-5-2 tutto grinta, corsa e ripartenze magari sarebbe stato meno spettacolare ma più adatto?
Non ci resta che sperare che il lavoro di Spalletti progredisca al più presto e riesca almeno a farci sconfiggere l'ormai bestia nera Macedonia e a non perdere con l'Ucraina il mese prossimo per arrivare a difendere il titolo europeo conquistato 3 anni fa.