La lunga storia d'amore tra la Juventus e Leonardo Bonucci è terminata come peggio non poteva. O meglio, non è ancora terminata visto che l'ex capitano ha deciso di fare causa alla società per avere riconosciute le proprie ragioni.
Dopo i post e i video social suoi e della moglie, ecco l'intervista dove chiarisce che le minacce di adire le vie legali si sono tramutate in realtà. E conoscendo il personaggio era anche abbastanza prevedibile che finisse così. Infatti, anche in questa circostanza, Bonucci non ha smentito le prerogativa che l'ha accompagnato per tutta la carriera, ovvero l'arroganza.
Premetto che non sono tra quelli che lo reputano un giocatore mediocre miracolato dall'aver giocato accanto a Chiellini e Barzagli per gran parte della carriera. Lo reputo un ottimo difensore, con caratteristiche differenti rispetto ai due appena citati ma che così riuscivano a completarsi a vicenda. Non sarà stato Baresi o Nesta, ma non si fanno 500 partite nella Juve e più di 100 in nazionale solo per i compagni di squadra, altrimenti avrebbero potuto farle anche Rugani o Paolo Cannavaro ad esempio.
E non ce l'ho con lui nemmeno per il suo breve passaggio al Milan. Se si hanno contrasti con l'allenatore (e c'erano e ci sono tutt'ora) giusto cercare gloria altrove. Anche in quel caso a guidarlo fu l'arroganza che lo portò a commettere l'errore di lasciare la Juve dominante di quel tempo per un Milan in fase di ricostruzione. E infatti dopo appena un anno fece ritorno a Torino con la coda tra le gambe.
E in fondo chi al mondo non ha mai commesso errori? Il problema è che Bonucci persevera.
Ancora una volta, fin troppo convinto delle sue capacità, non si rende conto che non è più in grado di giocare ad alti livelli. Nonostante i problemi fisici e le figuracce rimediate nelle ultime apparizioni in bianconero e in nazionale. Eppure lui si dice convinto di poter convincere Spalletti a portarlo ai prossimi europei.
Capisco credere in se stessi, ma francamente mi stupirebbe molto vedere il suo nome tra i 23 azzurri che difenderanno il titolo europeo conquistato 2 anni fa a Londra. Qualora l'Italia si qualificasse, ovviamente. Bonucci dice di sentirsi tradito e umiliato dalla Juve che, prima della visita di Giuntoli e Manna a casa sua nel mese di luglio, non gli aveva mai comunicato l'intenzione di interrompere il rapporto. Anzi, dice di aver ricevuto una proposta di rinnovo del contratto nel precedente mese di ottobre.
Ammesso che ciò sia vero, e non ne sono sicuro, Bonucci evita di dire che probabilmente il tentativo della società era quello di prolungargli il contratto per spalmare il suo sontuoso ingaggio, figlio di un periodo dove la società bianconera ha speso oltre i suoi limiti e che attualmente non può più esistere.
Ma lui si è guardato bene dal rinunciare anche a un solo centesimo dimostrando meno amore verso la vecchia signora rispetto a Perin e De Sciglio che invece l'anno scorso accettarono un ingaggio al ribasso. Per carità, pienamente suo diritto. Com'è diritto della società e dell'allenatore decidere che un calciatore non fa più parte del progetto tecnico.
E
anche qui si contraddice. Infatti com'è possibile che non sapesse nulla se poi ammette che Allegri, nel mese di marzo, l'abbia convocato per dirgli che forse per lui era il caso di iniziare la carriera di allenatore visto che, nel nuovo campionato, sarebbe stata l'ultima scelta tra i difensori? Addirittura dietro un ragazzo della Next Gen. Ma più chiaro di così cosa dovevano fare in società? Farlo sbattere fuori dalla Continassa dagli uomini della sicurezza?
E com'è possibile che un calciatore, convinto di restare nella squadra in cui gioca, all'ultima partita di campionato disputata dalla Juve a Udine, al termine della sfida si mostri evidentemente commosso come fosse al passo d'addio? I fatti non quadrano con la sua ricostruzione.
Si può comprendere la sua rabbia e la delusione di non ottenere il finale di carriera desiderato. Ma sarebbe più opportuno prendere una decisione maggiormente ponderata e non farsi guidare, per l'ennesima volta, dal proprio istinto. Che tra l'altro non è che gli abbia quasi mai fatto fare la scelta giusta.

Quindi, caro Bonucci, adesso basta. Lascia perdere questa storia della causa. Anche perché, se davvero il tuo sogno è di tornare alla Juve prima o poi, da allenatore o da dirigente, anche se cambiassero la società e la dirigenza tutta, pensi davvero che il popolo bianconero sarebbe disposto a perdonarti? Io non credo proprio.
Grazie per tutto ciò che hai dato alla Juve in questi 12 anni, le emozioni e le gioie che ci hai regalato. Non rovinare questi splendidi ricordi per una mera questione di principio e qualche spicciolo in più.