Lungi da me prendere le parti di qualcuno, in particolare nella intricatissima vicenda che sta attanagliando l’Inter in ormai quasi due mesi.
Quello che però mi ha colpito del durissimo sfogo di Spalletti davanti alle telecamere a seguito del KO interno contro la Lazio, è un concetto che vale la pena sottolineare: il segreto della vittoria di una squadra è la disciplina. Ha utilizzato esattamente questo termine ed è un elemento che vale quanto nella vita di ognuno (umana e professionale) tanto in ambito calcistico.

Eccetto rarissimi casi (il tecnico di Certaldo ha citato testualmente Messi e Ronaldo) nessuno può far vincere le partite e soprattutto i titoli da solo, tantomeno Icardi. Non che si possano mettere in discussione le qualità di finalizzatore eccelso di cui è dotato l’argentino, ma di certo non è colui che può cambiare le sorti di una stagione.
Ecco perché imputare la sconfitta con la Lazio al mancato impiego del marito di Wanda Nara sarebbe un errore: non abbiamo la controprova, ma nulla ci dice che Mauro avrebbe risolto la sfida con i biancocelesti. Questo perché non è uno dei due fenomeni citati sopra: è un centravanti che segna come pochi in Europa, ma non ha quel qualcosa di più che lo può far salire di livello rispetto a quello attuale.
E il suo attuale livello è: un grande attaccante d’area di rigore.

Stop.

Detto questo, la disciplina citata da Spalletti è fondamentale per una squadra come l’Inter, lo dice la sua storia. Quando si è affidata ai singoli (mi vengono in mente la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000 quando si pensava che Ronaldo o Vieri avrebbero potuto sorreggere una squadra che, realisticamente, non aveva i mezzi per poter competere ad alti livelli) non ha mai ottenuto nulla.
Quando si è affidata al gruppo, quando ha preferito cedere la stella Zlatan in cambio dell’esperienza di Eto’o e inserire un attaccante ex Genoa forte ma non mediaticamente imponente, sono arrivate le più grandi soddisfazioni della storia della Beneamata. Questo perché non si può vivere nella speranza che un calciatore da solo ti risolva i tanti problemi che si hanno, perché non lo farà.

Perché l’Inter ha problemi e, anzi, non ci si può aspettare nulla di più di quello che sta facendo: lottare per la zona Champions è il massimo che può fare e questo lo farà fino all’ultimo in quanto è superiore alle altre concorrenti come organico (forse) ma non in misura straordinaria.
Ecco perché la corsa per l’Europa che conta sarà estremamente tirata.
Poi, per carità, il tecnico ex Roma ha dei limiti notevoli anche su questo punto: Perisic ha giocato mesi interi in cui avrebbe dovuto stare in tribuna senza fiatare. Però, su questo specifico dettaglio, ha tutte le ragioni di questo mondo: un grande club deve avere delle regole e devono essere rispettate da tutti, top player e non.
Non si può pensare che un giocatore tenga in scacco una società, faccia una mediazione per tornare a vestire una maglia che tantissimi ragazzi sognerebbero di indossare anche solo per un giorno e pensare che tutto si risolva in uno schiocco di dita.

Le scelte di Spalletti potranno essere condivisibili o meno ma su queste parole non si può obiettare nulla: costanza e professionalità sono le uniche chiavi del successo.
E quando Icardi comprenderà questo, non sarà mai troppo tardi.