Nelle diatribe calcistiche ricorrono spesso alcune massime che, nel pensiero di chi le pronuncia (o scrive, in un mondo sempre più social) dovrebbero rappresentare delle verità assolute le quali, di contro, denotano un’impreparazione (nel migliore dei casi) non indifferente. A volte, sarebbe opportuno riflettere sulle argomentazioni da utilizzare nella contesa, per evitare di cadere in alcune trappole perpetrate da slogan faciloni.

- FINO AL CONFINE! Partiamo da una delle frasi tipiche rivolte ai tifosi bianconeri, principalmente dai corrispettivi interisti e milanisti. Con tale affermazione, si vorrebbe far credere che la Juventus, nel corso della sua storia, non abbia mai conseguito risultati importanti fuori dall’Europa, risultando dunque una grande squadra solo sul territorio nazionale. Ecco, tutto ciò, storicamente parlando, è assolutamente falso. La Zebra ha vinto almeno una volta tutte le manifestazioni UEFA ufficiali, persino il Torneo Intertoto, ed è una caratteristica che, a titolo esemplificativo, le blasonatissime Real Madrid e lo stesso Milan non possono vantare. Due Coppe dei Campioni, due Coppe Intercontinentali (con la finale del 1996 considerata una delle sfide più belle di sempre), una Coppa delle Coppe, due Supercoppe Europee e tre Coppe UEFA vinte in epoche in cui trionfare era molto più complesso rispetto all'eventuale vittoria dell’attuale Europa League. Insomma, un bottino niente male, che la rende seconda squadra d’Italia per numero di trofei internazionali, davanti ai rivali nerazzurri.

Certo, l’obiezione potrebbe essere che l’ultimo trionfo risale a 24 anni fa: vero, ma c’è anche da dire che in questo lasso di tempo è arrivata per cinque volte in finale di Champions, facendo meglio anche del Milan. E sì, è corretto, la squadra sembra avere un problema intrinseco con l’atto conclusivo di questa manifestazione, ma addirittura additarla come una società che non raggiunge risultati importanti in Europa è completamente errato e fuori luogo. E poi, in un decennio che si è concluso con i soli successi targati Inter nel 2010, la Signora ha tenuto sicuramente alto l’orgoglio tricolore, giungendo due volte ad un passo dalla conquista dell’agognato trofeo.

- ANCHE VOI DOVEVATE ANDARE IN B NEL 1922! L’Inter ha un record: è l’unica squadra del calcio italiano a non essere mai retrocessa in cadetteria. Un piccolo vessillo il quale, però, viene sovente messo in discussione da coloro che invocano un torneo di quasi un secolo fa: il campionato del 1921/22. In molti, freneticamente, parlano di una retrocessione scampata grazie al compromesso Colombo, probabilmente inconsapevoli di cosa sia realmente accaduto.

Ricostruiamo storicamente ed in modo sintetico i fatti: siamo nel 1921 e il movimento calcistico era in continua crescita. Per tale motivo, le grandi società dell’epoca volevano ridurre il numero di partecipanti e strutturare un torneo più “esclusivo” rispetto a quello federale, con un progetto di riforma presentato addirittura da Vittorio Pozzo, indimenticato CT dei primi due Mondiali azzurri vinti. La risposta della FIGC fu negativa e, in tutta risposta, le “big” diedero vita ad un campionato parallelo denominato CCI (Confederazione Calcistica Italiana). In quella stagione, dunque, si ebbero due campionati distinti: quello FIGC, denominato Prima Categoria, e quello CCI, denominato Prima Divisione. Anche la Serie B si divise: il torneo federale venne chiamato Promozione, quello della CCI Seconda Divisione. L’Inter partecipò al campionato CCI che prevedeva, sin dal principio, tale meccanismo: due gironi da dodici squadre per l’area settentrionale. Le ultime dei due gruppi avrebbero disputato uno spareggio con una delle prime due classificate della Seconda Divisione. I neroazzurri, giunti ultimi nel proprio girone, avrebbero dovuto affrontare il match per salvarsi contro lo Sport Club Italia, altra squadra di Milano, arrivata seconda nel girone finale della Seconda Divisione (l’altro spareggio sarebbe stato Vicenza-Derthona). Durante l’annata, però, ci si accorse di numerose problematiche per entrambi gli schieramenti organizzativi: la FIGC aveva perso le squadre più blasonate e, inoltre, avendo troppe società iscritte, il torneo si protraeva fino all’estate; dall’altra, la CCI non aveva un riconoscimento internazionale da parte della FIFA, in mancanza del quale, di fatto, le ambizioni di creare un campionato sostenibile erano abbastanza limitate. Si pensò, pertanto, di unificare i campionati dopo appena un anno di rottura. Ciò, ovviamente, a seguito di serrate trattative, che culminarono con il citato compromesso Colombo, il quale prende il nome dal direttore della Gazzetta dello Sport dell’epoca, nominato arbitro della controversia tra le due federazioni. Tale atto riammise i club della CCI sotto l’egida federale e sul numero di partecipanti si addivenne, appunto, ad un compromesso: la FIGC richiedeva 50 partecipanti, la CCI non più di 24 ed alla fine prevalse la linea delle 36 squadre. Con tale prospetto, si rielaborarono i criteri per determinare le partecipanti e per l’Inter non fu necessario giocare uno spareggio ma addirittura due! Il primo, contro, appunto, lo Sport Italia, vinto a tavolino in quanto i componenti della squadra non si presentarono a causa della chiamata di leva militare; l’ultimo spareggio venne vinto contro la Libertas Firenze. Ad onor di cronaca va anche segnalato che molte squadre federali considerate salve nel loro torneo pre-compromesso furono inglobate nel calderone degli spareggi: ciò, però, non si può di certo imputare alla Beneamata che, anzi, subì in modo peggiorativo le scelte di riunificazione, in quanto le sfide per salvarsi furono due e non più una, come preventivato ad inizio campionato. L’Inter è, quindi, sempre stata in Serie A, che piaccia o meno.

- VINCERE NON È IMPORTANTE. È L’UNICA COSA CHE CONTA Lo confesso senza giri di parole: questa frase non mi piace. Vecchio slogan di marca juventina, sembra ormai divenuto un pensiero comune, come se la strada maestra fosse ormai solo quella del risultato, anche a scapito del gioco e del divertimento, quasi divenuti secondari. Voglio fare solo qualche nome non inerente al calcio per smentire questa frase completamente contraria allo spirito dello sport e della vita in generale.
Stanley Kubrick e Sergio Leone.

Che c’entrano questi due geni dell’arte cinematografica con quanto sto dicendo? Lo spiego immediatamente: nessuno dei due ha mai vinto un Oscar come miglior regista e nessuno dei loro lungometraggi è stato mai insignito del titolo di miglior film o miglior sceneggiatura.
Eppure, se si nominano “Shining” o “Per un pugno di dollari”, sfido chiunque a non sapere di cosa stiamo parlando.
Non basta?
Johnny Depp: uno dei più talentuosi attori della sua generazione ha vissuto la medesima situazione. Nessun Oscar come miglior attore (protagonista e non).

Il cinema non è sufficiente? Passiamo alla musica.
De André non è mai stato un cantante “alla moda”; nessuna canzone veniva “passata” durante le estati. Eppure, è considerato il maestro indiscusso del cantautorato italiano.
Vasco Rossi e Zucchero furono “maltrattati” a Sanremo: eppure, dopo che arrivarono in fondo alla classifica del Festival, sono divenuti degli autentici prodigi, capaci di riempire stadi e arene.
Ma, se ancora qualcuno non fosse convinto, parliamo espressamente di calcio: Baggio ha vinto due Scudetti da comprimario eppure è considerato il più grande attaccante italiano di sempre. Buffon non ha mai vinto la Champions League eppure è il più grande portiere della sua generazione e tra i più forti di ogni tempo. De Rossi non ha mai vinto il campionato: possiamo non riconoscere la sua grande forza? E ancora, il Parma degli anni ’90 non ha vinto lo Scudetto, eppure sappiamo tutti che in quel periodo era una squadra devastante che ha segnato il calcio italiano. La Juve di questo decennio non ha vinto (almeno per il momento) la Champions League, ma qualcuno potrà dimenticare ciò che ha fatto? L’Udinese di Guidolin, il Napoli di Sarri, l’Atalanta di Gasperini: capolavori senza trofei in bacheca.

Al contrario, potrei citare registi, attori, cantanti, calciatori e squadre che magari hanno vinto dei titoli, ma non hanno lasciato l’impronta nella storia della loro disciplina. Un esempio su tutti: Zidane ha vinto più Champions League di Sacchi, Guardiola, Mourinho, Lippi, Ferguson e Capello. Senza nulla togliere al francese, che ha sicuramente dimostrato ampiamente di valere, ma qualcuno può affermare con cognizione di causa che sia meglio dei succitati?

Ecco, questo è uno sfogo che sento particolarmente: il calcio, lo sport, la vita, non possono essere viste solo in funzione del risultato. È il percorso che deve essere valutato, il modo in cui si giunge a conseguire quel successo. Non è buonismo: è semplicemente un modo di vedere le cose.
Con ciò non voglio dire che non sia importante la vittoria: è la massima soddisfazione vedere ripagato lo sforzo profuso con un riconoscimento, ma non è tutto lì. Ci deve essere tutto il resto, per poter essere pieno.

- SIETE UNA SQUADRA SENZA STORIA, CHE CI FATE IN SERIE A?
Una delle peggiori frasi, che ho sempre trovato pessima da qualunque angolazione la si guardi.
Negli ultimi venti anni, tantissime piccole realtà si sono affacciate sul palcoscenico principale della gerarchia calcistica nazionale.
Ora, l’opinione per cui queste società non meritino di stare in A perché non hanno il bacino d’utenza adeguato o semplicemente perché storicamente non hanno mai raggiunto risultati eclatanti, l’ho sempre trovata irrispettosa e menzognera. Tutte le squadre hanno una propria dignità e, anzi, invece di apprezzare gli sforzi di piazze che con fatica e sudore scalano le vette delle categorie inferiori, vengono derise perché non hanno fascino o numeri.
I tifosi di quelle città, di quei paesi, di quei quartieri, hanno il diritto di sognare o la prerogativa di poterlo fare è esclusiva dell’élite?

In un calcio che da anni discute di Superlega non ci sarebbe da stupirsi, eppure io continuo a credere nel merito: lo sport è fatto di grandi imprese e, benché qualcuno pensi il contrario, mi auguro sempre di vedere storie del genere, che rappresentano il sale del calcio.

- I MIGLIORI SIAMO NOI. TUTTI NOI.
E, a proposito di questo, voglio chiudere proprio con questa frase spesso utilizzata in modo bislacco.
In fondo, per come la vedo io, ogni tifoso dovrebbe essere sempre orgoglioso, perché chiunque ha una motivazione per poter essere fiero della propria squadra.
La Juventus è la squadra con più Scudetti, Coppe Italia e trofei in assoluto.
Il Milan è quella che ha vinto più Champions League e trofei internazionali.
L’Inter è l’unica a non essere mai stata in Serie B e ad aver realizzato il Triplete.
Il Napoli ha avuto nella sua rosa il più forte calciatore di sempre.

E poi, i duelli stracittadini.
La Roma ha più Scudetti e Coppe Italia, ma la Lazio ha vinto in Europa e ha trionfato più di recente.
Il Genoa è stata la storia del calcio e vanta nove titoli, ma la Sampdoria ha segnato un’epoca straordinaria per il calcio italiano e ha portato Genova a trionfare anche a livello internazionale.
Ed infine, tutte quelle squadre che hanno avuto sprazzi di gloria e che meritano il massimo rispetto.
La Fiorentina sempre presente, dagli scudetti del ’56 e del ’69 ad Antognoni, Batigol e Rui Costa.
Il Torino, che nella sua storia ha avuto la più grande squadra di tutti i tempi e uno Scudetto negli anni ’70 fenomenale.
Il Bologna dalla storia invidiabile, che negli anni ’30 era una corazzata internazionale.
L’Atalanta di Gasperini, l’Udinese di Guidolin, il Cagliari del ’70 di Gigi Riva, il Verona di Bagnoli epico con quel capolavoro nel 1984/85. E ancora, il Parma degli anni ’90 già citato assolutamente strepitoso, il Vicenza che tutta Italia ha tifato nell’impresa sfiorata in Coppa delle Coppe.
E, infine, tutte le storie di provincia, da nord a sud.
La Pro Vercelli impressa nell’immaginario collettivo di ogni appassionato; l’Alessandria che quasi arriva in finale di Coppa Italia, il Novara che vince a San Siro.
Il Brescia di Baggio, Toni, Guardiola e Mazzone, il Como che quasi prendeva Messi, la Cremonese dai colori inconfondibili, Mantova e Varese espressioni della Lombardia calcistica meno nota.
Trieste, città di tradizione, e Pordenone, sorpresa degli ultimi anni, dall’epica sfida contro l’Inter in Coppa Italia, all’avventura in cadetteria da matricola terribile proprio in quest’annata tremendamente complicata.
Il Chievo di Del Neri autentico prodigio, il Venezia di Recoba e città dell’amore, a cui vuoi per forza bene con quell’arancioneroverde senza eguali, il Padova e il Cittadella a rappresentare una città sensazionale, il guizzo del Treviso.
E ancora, la SPAL dall’acronimo unico e inimitabile come la cittadina di cui si onora di rappresentare, il Cesena che arriva in Coppa UEFA, il Piacenza tutto italiano e con Hubner capocannoniere, il Sassuolo rivelazione del decennio, la sorpresa Carpi, la Reggiana di inizio anni ’90, il Modena che torna in Serie A e dal glorioso passato, Rimini e Ravenna che attendiamo con ansia di vederle in alto, il Cervia protagonista di un reality show.
Livorno e Pisa da sempre protagoniste di un derby senza paragoni, con due presidenti vulcanici sotto la cui egida hanno vissuto le pagine più belle.
Il Siena continuo degli anni Duemila, la Lucchese storica, la Pistoiese da toccata e fuga.
L’Ascoli capace di incantare negli anni ’80, la Sambenedettese dal pubblico straordinario (riconosciuto anche da De Rossi), con cui hanno dato vita a un derby che Mazzone renderà celebre. L’Ancona che ingaggia romanticamente Jardel, il Pescara che lancia Verratti, Insigne ed Immobile.
Il Perugia che ha vissuto anni stupendi arrivando in Europa, la Ternana da sempre intrigante col suo rossoverde.
Il Frosinone in Serie A come canta Calcutta.
La Salernitana che ha un pubblico fuori dal comune e il quale merita mille soddisfazioni, il Benevento futuro calcistico del Mezzogiorno, l’Avellino che negli anni ’80 ha impartito la Legge del Partenio.
Il Bari di Cassano e di Ventura, il Foggia sede ufficiale del parco-divertimenti Zemanlandia, il Lecce da sempre esempio di costanza e voglia di divertirsi tipica del Salento, Taranto e Cosenza che tutto il Meridione attende di vedere meritatamente in massima serie, prima o poi.
La Reggina riferimento della Calabria per un decennio, il Catanzaro di Palanca, il Crotone che si è salvato con un exploit straordinario appena tre anni fa.
E infine, il Palermo, che ha visto tra le sue fila Pastore, Cavani, Dybala e che ha vissuto anni di soddisfazioni, il Catania che nello stesso periodo si è dimostrata sempre squadra dignitosa, il Messina che ha vissuto un’annata memorabile ai piedi dell’Europa, il Trapani che insegue un sogno.
E poi, il Licata, il Castel di Sangro, il Fidelis Andria e tantissime altre squadre provinciali di culto.


Ecco, dopo questo giro d’Italia, il riassunto è semplice: tutti i tifosi hanno qualcosa di unico da poter sfoggiare.
Lo sfottò è bello, fa colore, ma dev’essere misurato: dare aria alla bocca, spesso, non è utile, anche nelle dispute verbali più accese.
Il confronto è bellissimo ma dovrebbe seguire sempre le regole del rispetto e della sincerità: perché non fare tutti uno sforzo?