Al via la stagione 2021/2022 di Serie A, vediamo insieme come si presentano le 7 sorelle ai blocchi di partenza. Pronti-via l’Inter asfalta il Genoa con un 4-0 che fa rumore. È ancora lei la squadra da battere? Intanto Lazio e Atalanta rispondono presente. Oggi l’esordio delle altre quattro.

Inter. I nerazzurri iniziano così come avevano chiuso: vincendo. Eppure, sembra passato un secolo da quel 23 maggio, giorno della festa Scudetto. Sì, perché in tre mesi molto è cambiato. Al timone adesso c’è Inzaghi, che per etica del lavoro e cura tattica ricorda molto Conte. Già Conte. Colui che dai più era stato considerato il vero artefice del trionfo interista. Non facile per Inzaghi sostituirlo, anche perché a sua disposizione avrà un Lukaku (47 gol in 2 stagioni) e un motorino sulla fascia (Hakimi) in meno. Cessioni e addii (l’ultimo in ordine temporale quello di Oriali) che gettano dubbi sulla capacità (e sulla volontà) di aprire un ciclo da parte della proprietà, accusata dai tifosi di tenere più ai soldi che ai successi sportivi. Valutazioni emotive a parte, però, l’organico resta competitivo e gli obiettivi chiari. E i primi 90 minuti della stagione lo confermano.

Milan e Atalanta. La prima, protagonista a sorpresa dello scorso campionato. Per la seconda, invece, l’ennesima ottima stagione ma senza l’acuto finale. Milan e Atalanta sono le sole (tra le 7) a non aver partecipato al valzer delle panchine e questa continuità potrebbe fare la differenza. La Dea si presenta al via senza grandi rivoluzioni: dopo aver monetizzato su Romero (sostituito dall’ex Juve Demiral), sembra non dover più rinunciare a Zapata (per un po’ in orbita Inter per il dopo-Lukaku) ma resta in attesa della scelta di Ilicic. Stesso direttore d’orchestra, stessi interpreti e spartito suonato a memoria…chissà che per Gasperini non sia finalmente l’anno dell’acuto. In attesa del miglior Ibrahimovic, Pioli trova un Giroud già calatosi nella parte del finalizzatore ideale. Di un gioco collaudato, certo, che può contare su un Kessie a tutto campo (e a tutto Milan visto che il rinnovo sembra più vicino) ma, dopo la cessione di Çalhanoglu all’Inter, orfano di un trequartista abile nel raccordare mediana e attacco. La fase difensiva (spesso decisiva per la vittoria finale) offre, invece, ampie garanzie: tra i pali Maignan non dovrebbe far rimpiangere Donnarumma. A fargli da schermo una delle migliori coppie di centrali in circolazione: Tomori-Kjaer. Rispetto allo scorso anno c’è anche l’impegno Champions, vero, ma il Milan di Pioli sembra potersela giocare.

Juventus. Il ritorno di Allegri ha spostato gli equilibri, e per molti è la Juve la favorita numero 1. Non solo perché l’allenatore toscano sa come si vince, ma anche perché conosce alla perfezione gruppo e ambiente, e il suo ritorno ha già fatto tornare il sorriso ad alcune pedine importanti. A Dybala che, rimesso al centro del progetto dallo stesso Allegri, ha riavviato la trattativa per il rinnovo; a Bernardeschi che, dopo la rivincita in azzurro, ritrova l’allenatore che meglio era riuscito a sfruttarne le caratteristiche. Ma non sono poche le sfide che attendono il livornese. I giovani da far crescere: Chiesa, Kulusevski e i neoacquisti Locatelli e Kaio Jorge. E quelli da recuperare: Ramsey, nel possibile nuovo ruolo di play davanti alla difesa e Bentancur, lanciato proprio da Allegri ma apparso smarrito nella passata stagione. E infine Ronaldo che, dopo il calo degli ultimi mesi e un’estate tormentata, deve tornare ad essere il fattore in più per quello che potrebbe essere l’ultimo anno in bianconero.  La qualità c’è (come del resto lo scorso anno), serve farla fruttare al meglio. E in questo l’esperienza e la concretezza di Allegri possono essere decisive. La storia è dalla sua, ma il futuro è ancora tutto da scrivere.

Napoli. Spalletti è ottimista e ritiene l’esperienza di Napoli la “più arrapante della sua carriera”. In effetti di ragioni per essere entusiasti ce ne sono: la rosa di livello, il calore della piazza impagabile e la voglia di rilancio dell’allenatore (ai box da due anni) è in totale sintonia con la voglia di riscatto dell’ambiente partenopeo, dopo le delusioni della passata stagione. Tuttavia, restano da sciogliere due nodi di non banale entità: il rinnovo (o meno) di Insigne e la voglia di tornare in patria di Manolas. Più preoccupante il primo nodo: Insigne è il capitano di questa squadra e se il braccio di ferro con la società dovesse protrarsi, le ripercussioni sul giocatore e sullo spogliatoio potrebbe essere di difficile gestione. Quindi bene l’ottimismo, ma a condizione che i pezzi pregiati restino.

Le Romane. Partiamo dalla Lazio che ieri sera ha regolato l’Empoli con un netto 3-1: l’aggressività in attacco si è vista, per vedere il gioco di Sarri però servono tempo e lavoro (soprattutto dopo il passaggio dalla linea a 3 a quella a 4). La sintonia con la piazza c’è, dettaglio non trascurabile se si parla di Roma e ancora di più se si parla di Sarri, reduce dall’amore mai sbocciato con l’ambiente juventino. Altra differenza con l’esperienza di Torino è la rosa: molto più adatta al suo gioco di quanto non fosse quella bianconera e con un Immobile più “operaio” di CR7. Il potenziale per la zona Champions c’è, per lo Scudetto potrebbe servire più tempo. Sull’altra sponda del Tevere lo Special One è arrivato in Vespa, ma con un bagaglio pesante: la sua fama di vincente (anche quando è stato esonerato), le sue doti comunicative (dentro e fuori lo spogliatoio) e un tesoretto da 82 milioni (quelli spesi dalla società per Rui Patricio, Vina, Abraham e Shomudorov). Ha per le mani una squadra giovane da plasmare nel gioco (mettendo a posto la fase difensiva) e nel carattere (che è mancato nelle ultime stagioni). Il portoghese lo ha ripetuto più volte: il progetto deve portare a vincere sì, ma con calma, nell’arco di tre anni. Ma il Mou è sempre pieno di soprese e chissà che non ne abbia già una in serbo per questa stagione!

Detto ciò, sarà il campo come sempre a dire l’ultima parola. Nel frattempo, buon divertimento!

Chiara Saccone