Si torna in campo, finalmente. In attesa che la giustizia faccia il suo corso, il pallone torna a rotolare sul prato dell’Allianz Stadium.
Si gioca il posticipo tra Juventus e Atalanta. Una partita che fino a qualche ora fa avrebbe messo di fronte due squadre in lotta per la Champions. E che forse, proprio per la delicata posta in palio, rischiava di essere una partita bloccata, ma che la maxi penalizzazione inflitta ai bianconeri trasforma in un match quantomeno insolito per l’agonizzante Serie A.

Un 3 a 3 rocambolesco. E chi ha visto la partita si è divertito. Di sicuro i tifosi bianconeri che possono dire di aver assistito alla migliore prestazione della stagione della propria squadra, almeno per l’intensità e la voglia messe in campo. I tifosi atalantini, che hanno visto i propri uomini fronteggiare a viso aperto un leone ferito, ma pur sempre un leone.

E se il buon giorno si vede dal mattino… l’alba del match la dice lunga su quello che sarà il seguito.
L’Atalanta parte con il piede schiacciato sull’acceleratore: al 5’ Lockman lascia partire un destro non irresistibile sul quale Szeczesny si fa sorprendere commettendo una papera clamorosa.
Pronti via e i bianconeri si ritrovano a rincorrere. Ancora. Dopo il -15, l’1-0.
Ma la Juventus non ci sta. Guidata da un Di Maria in formato extralusso, si butta in avanti alla ricerca del pareggio. Che arriva al 25’: Ederson entra in netto ritardo in area su Fagioli e Marinelli, dopo aver lasciato correre anche stavolta (in precedenza fallo sospetto di Palomino su Milik), concede il rigore alla Juve grazie all’on field review. Dal dischetto Di Maria spiazza Musso e firma l’1-1.
I bianconeri però non si fermano. Fosse stata una partita normale, avrebbero provato ad addormentare il gioco, facendo sbadigliare astanti e commentatori. Ma questa sera no. Il sacro fuoco che li anima li porta ad attaccare per completare la rimonta. Che arriva al 34’ su azione magistrale propiziata dal delizioso tacco di Di Maria che libera Fagioli, cross di quest’ultimo e intervento da pochi passi di Milik. Azione bellissima. Lo Stadium esulta. E la nuova dirigenza bianconera, all’esordio in tribuna (c’è anche John Elkan), comincia a rilassarsi. Una rilassatezza che diventa pericolosa quando cala sulle gambe e i nervi dei giocatori della Juventus che dopo l’intervallo tornano in campo distratti e svagati, lasciando campo alla Dea.
La squadra di Gasperini non si fa pregare e al 46’ Lockman libera in area Maehle che davanti a Szczesny non perdona. Ma non finisce qui. Nel giro di pochi minuti la Dea si trova di nuovo avanti nel punteggio: spunto sulla sinistra e cross mancino di Boga, Lockman (ancora lui!) stacca benissimo di testa e lascia impietrito il portiere polacco (su dormita generale della difesa). 2-3. Sembra il colpo del ko.
Ma lo Stadium continua a cantare. E la squadra continua a correre, nonostante la stanchezza fisica e non solo quella. Vuole provarci fino alla fine, come recita il suo motto, spinta più dalla voglia (mai vista tanta in questa stagione), più che da un’idea di gioco (anche quella solo intravista). Ma l’idea, quella vincente, ce l’ha Danilo. Il capitano su punizione dal limite si fa toccare il pallone da Di Maria e lascia andare una rasoiata che buca la barriera bergamasca e si insacca alle spalle di Musso. E a sancire il carattere atipico del match, l’esultanza scatenata di Allegri, di solito dotato di un aplomb anglosassone.
Finisce qui.
Ma solo perché al 79’ il fuoco sacro abbandona Miretti che a tu per tu con il portiere, dopo svarione di Demiral, sbaglia il più facile dei gol. Se avesse segnato, sarebbe stata la seconda remuntada della Juventus nella stessa partita.
Ma forse sarebbe stato troppo. Sarebbe stato bello, sì. Chiudere con la vittoria una settimana infernale: dal 5-1 con Napoli al -15 in classifica, tutto in 7 giorni. Vincere sarebbe stato bello. Perché vincere è l’unica cosa che conta. Sì, ma anche no. Forse stasera più della vittoria contavano la reazione, la compattezza, il fuoco sacro. Si sono visti. Per la prima volta dopo tante partite.
Allegri non sarà stato contento degli svarioni difensivi (piuttosto evidenti), ma non era questa la partita della pulizia tattica.
Questa era la partita del cuore. Quello dell'esultanza di Di Maria, indirizzato al popolo bianconero. Quello che stasera è tornato a battere nel petto dei dirigenti, dei giocatori e dei tifosi.
Il cuore, unico organo (oltre a quelli della giustizia sportiva) che potrà salvare questa disgraziata stagione bianconera.

Chiara Saccone