Il Calcio Catania Spa 1946 è stato dichiarato fallito. A stabilirlo è la sentenza depositata ieri dalla sezione fallimentare del tribunale di Catania che ha così messo fine ad una storia durata 75 anni. Un brutto colpo per i colori rossoazzurri, chiamati adesso a risollevarsi per ridare a questa città il calcio che merita.

La sentenza
Il Calcio Catania è stato dichiarato fallito. A nulla sono valse le garanzie presentate dalla proprietà, la SIGI, e nemmeno alcune manifestazioni d'interesse per l'acquisto del club. La società avrà comunque 30 giorni per impugnare la sentenza e fare reclamo alla corte d'Appello. Il tribunale ha concesso l’esercizio provvisorio e nominato tre curatori: spetterà a loro verificare le condizioni per la prosecuzione della stagione agonistica sino a giugno. Nel frattempo, i magistrati dovranno fare luce sulle cause e le responsabilità che hanno portato il club in questa situazione. Ieri sera al Massimino di Catania, i rossoazzurri sono scesi regolarmente in campo contro il Monopoli, nella gara valida per la prima giornata del girone di ritorno di Serie C. Sugli spalti un clima surreale. Sul terreno di gioco la palla scorre, ma i piedi dei ragazzi in maglia rossoazzurra sono pesanti, schiacciati dall’amara consapevolezza che, indipendentemente dai valori messi in campo (da ora alla fine del campionato), il loro destino è segnato.  Finisce 2-0 per gli ospiti. La solidità dei pugliesi ha la meglio su un Catania che non riesce ad incidere come vorrebbe, Baldini ci prova con i cambi ma nemmeno un elettroshock potrebbe dare la scossa in una serata del genere. Grande amarezza anche nelle parole del presidente della Lega Pro, Francesco Ghirelli: “E’ la conferma di una difficoltà che era evidente. Siamo di fronte alla storia del calcio italiano, di un grande club. Siamo di fronte alla passione di migliaia di tifosi, nella città e nel mondo. Da parte nostra c’è grande preoccupazione, ma anche grande attenzione perché la storia non finisca.” Una storia lunga 75 anni, 17 dei quali trascorsi in Serie A e 34 in Serie B. Anni di cadute, vero, ma anche di grandi nomi e storiche imprese: dal “Clamoroso al Cibali” all’ottavo posto in Serie A, da Bearzot al Papu Gomez, fino al primato di derby vinti nella massima serie contro gli eterni rivali rosanero.

Dalle origini all’era Gaucci
Il Catania Calcio nasce nel 1946. Dopo 3 anni di Serie C, arriva la promozione nella serie cadetta al termine del campionato 1948-49. Il primo approdo in Serie risale alla stagione 1953-54, conquistato grazie al contributo di giocatori come Mario Bassetti, Michele Manenti ed Enzo Bearzot. Sì, proprio lui, il CT che nel 1982 avrebbe portato la Nazionale Italiana sul tetto del mondo. Dopo il ritorno in B a causa di un controverso caso di illecito sportivo, dal 1960 e per sei stagioni consecutive i rossoazzurri militano nella massima serie, chiudendo per ben tre volte all’ottavo posto. La prima di queste – quando il Catania si piazza al secondo posto nel girone d'andata - è quella del “Clamoroso al Cibali! espressione coniata da Sandro Ciotti in occasione della vittoria dei catanesi sull’Inter che impedirà ai neroazzurri di laurearsi Campione della Serie A 1960-1961. Dopo quattro stagioni nella serie cadetta, il Catania torna in A per la terza volta alla fine della stagione 1969-71, l’alba dell’era del presidente Angelo Massimino. La permanenza nella massima serie però dura solo il tempo di una stagione. I rossoazzurri inizieranno un lungo periodo di assenza dalla serie A e addirittura nella stagione 1973-74 torneranno in Serie C dopo 25 anni. Con la morte di Massimino nel 1996 in seguito ad un incidente stradale, si apre l’era Gaucci durante la quale la squadra etnea torna in Serie B, sfiorando il ritorno in A nella stagione 2003-2004. Proprio alla fine di questa stagione i Gaucci cederanno la società ad Antonino Pulvirenti. Un anno dopo il Catania, guidato da Pasquale Marino, si guadagna il ritorno in Serie A dopo 23 anni.

Gli anni d’oro di Pulvirenti
Per il popolo rossoazzurro saranno anni felici, scanditi dall’arrivo di nomi importanti e piazzamenti di prestigio. In panchina faranno il loro esordio allenatori del calibro di Walter Zenga, Siniša Mihajlović, il Cholo Simeone e Vincenzo Montella. In campo indosseranno la maglia a strisce rossoazzurra giocatori dal curriculum titolato come Pablo Ledesma (che con il Boca aveva vinto 1 campionato argentino, 2 Coppe Libertadores, 1 Coppa Sudamericana e 1 Coppa Intercontinentale) e il portiere Mariano Andujar (vincitore della Copa Libertadores 2009 con l'Estudiantes). Altri giocatori con questa maglia raggiungeranno l’apice della maturità: su tutti, Giuseppe Mascara (arrivato con il Catania alla convocazione in Nazionale) e Francesco Lodi (che nel decennio 2010-2019 diventa il quarto realizzatore su punizione dietro Messi, Ronaldo e Pjanic). Altri calciatori, invece, nel Catania daranno il via alla propria carriera: tra questi Roberto De Zerbi (buon giocatore prima e ottimo allenatore poi), Maxi Lopez e il Papu Gomez. In quegli 8 anni di permanenza in Serie A, il Catania si piazza 3 volte al tredicesimo posto e nella stagione 2012-2013 sotto la guida di Rolando Maran chiude all’ottavo posto, ad un passo dalle coppe europee, facendo il record di punti in Serie A (56). A questi anni risale anche la prima semifinale di Coppa Italia (stagione 2007-2008). E tra il 2009 e il 2010, i rossoazzurri fanno incetta di scalpi prestigiosi. Il 20 dicembre 2009, il Catania, benché ultimo in classifica, vince a Torino contro la Juventus 46 anni dopo l’ultima volta. Il 12 marzo 2010 è il turno dell’l'Inter capolista, battuta (dopo 44 anni) per 3-1. Sempre in quell’anno cade un altro tabù: con il gol di Mascara il Catania torna a battere la Fiorentina dopo ben 46 anni e Giuseppe Mascara diventa il miglior bomber della storia del Catania in Serie A. Arriveranno grandi soddisfazioni per i catanesi anche nella sfida contro i rivali rosanero: in quegli anni, nei 14 derby giocati in Serie A il Catania colleziona 6 vittorie (una in più dei rosanero) e 3 pareggi, aggiudicandosi così la speciale classifica del derby. Nella stagione 2014-2015 arriva però la retrocessione. Dopo diverse annate tra Serie B e C, nella stagione 2019-2020 emergono problemi finanziari per la proprietà Pulvirenti, la cui holding Finaria viene dichiarata fallita. Una cordata di imprenditori, nota come SIGI, acquista il club dal Tribunale di Catania, salvando la storica matricola dal rischio fallimento. Fallimento che oggi neanche l’elefante, simbolo della città, sembra poter evitare.

Tra simbologia e leggenda
L’elefante è il simbolo civico della città di Catania, a lui è dedicata la celebre Fontana al centro di Piazza Duomo. Ed è il simbolo del Catania Calcio, presente nello stemma del club e mascotte della squadra.  Ma perché l’elefante? Si narra che ben prima della colonizzazione greca dell’isola, la Sicilia fosse abitata da elefanti nani. Secondo la tradizione, un elefante scacciò dall’area sulla quale sorge oggi Catania tutti gli animali pericolosi, facendo sì che potesse essere abitata. In segno di riconoscenza, i catanesi scolpirono una statua che raffigurava proprio un elefante. Sembra inoltre che in passato la statua fosse considerata magica, in grado di proteggere (con alterna fortuna) la città dalle eruzioni dell’Etna. Tuttavia, non sentirete mai un catanese riferirsi a lui con il termine “elefante”. Il suo nome è infatti Liotru. Anche il nome è legato alla leggenda. Sarebbe infatti la storpiatura del nome Eliodoro, una figura realmente esistita a Catania nella seconda metà dell’VIII secolo. Secondo la leggenda, fu proprio Eliodoro a forgiare la statua dell’elefante con le proprie mani. Egli aveva anche il potere di animarla e cavalcarla. Per questo la statua dell’elefante fu chiamata “u cavaddu i Liotru” (“il cavallo di Eliodoro “).

A meno di miracoli, a fine stagione Catania dovrà ripartire da zero. Per farlo, dovrà aggrapparsi a se stessa, alla propria leggenda e alla propria storia. Per tornare al calcio che le compete, serviranno i super poteri di Eliodoro, la magia del Liotru e soprattutto lo spirito resiliente dei catanesi, temprato da terremoti ed eruzioni, e il pensiero, inestimabile lascito dei Greci.

Chiara Saccone