“Scusa se ti chiamo amore, Inter” è il titolo dell’intervista rilasciata da Lukaku a Sky. Un goffo tentativo di scuse verso la sua ex squadra che ha finito con l’irritare quella attuale. Ma forse in questo harakiri mediatico una morale c’è: ogni scelta comporta una (o più) rinunce. Non si può avere tutto. E questo vale per chiunque. Anche per i calciatori.

Chi troppo vuole… 
Lasciando Milano, Big Rom ha detto addio alla squadra che lo ha reso grande e che a sua volta ha reso grande, trascinandola alla vittoria dello scudetto. Il gioco di Conte era costruito su di lui. Alla Pinetina lo avevano tirato a lucido sia fisicamente che tatticamente. A San Siro era amato e osannato. Insomma, all’Inter il gigante belga è stato la migliore versione di sé stesso: nelle due stagioni in neroazzurro ha collezionato 95 presenze con 78 gol e 21 assist. Poi le sirene della Premier: un contratto da 11 milioni netti a stagione, l’occasione di vestire (di nuovo) la maglia della squadra appena laureatasi Campione d’Europa, il desiderio di vincere in uno dei campionati più prestigiosi. E così sia: fuga verso Londra, destinazione Chelsea. Ma non tutto è andato secondo i piani. In Premier League, campionato affollato di talenti, il belga è tornato ad essere uno dei tanti. Il modulo del Chelsea, già rodato e vincente senza di lui, si è rivelato poco adatto alle sue caratteristiche. Ma soprattutto, è stato impiegato poco. Nelle 30 partite fin qui disputate dal Chelsea, l’attaccante belga ha collezionato solo 18 presenze, realizzando 7 gol e 2 assist. Nell’ultima gara contro il Liverpool non è stato convocato. Esclusione più legata a questioni disciplinari che tecniche. In risposta alle dichiarazioni rilasciate da Lukaku nella sua intervista in esclusiva a Sky.

Harakiri mediatico o pentimento?
Ed eccoci all’intervista: una chiacchierata su passato presente e futuro, dallo scudetto con l’Inter al ritorno al Chelsea. Terreno minato. Sul quale Lukaku si è gettato in scivolata. Accendendo una polveriera. Già alla prima domanda. Quando ad un innocuo “come stai?” risponde accusando l’attuale allenatore di aver scelto un modulo che non valorizza le sue caratteristiche. E poi, dopo un silenzio durato 4 mesi, si scusa con i suoi ex tifosi dicendo che all’Inter ha trascorso i migliori anni della sua carriera da professionista.
La domanda allora sorge spontanea: “Perché hai lasciato l’Inter?Il belga si aggrappa alle ragioni del cuore: il Chelsea è la squadra che tifava da bambino. O forse no. Infatti, il giornalista scava e viene fuori che se l’Inter avesse accolto la sua richiesta di rinnovo, lui non sarebbe tornato al Chelsea. Le orecchie dei tifosi Blues cominciano a sanguinare. Ma è solo l’inizio. Subito dopo parte, infatti, l’apologia dell’universo interista: parole al miele per lo staff di Conte, per quello di Inzaghi e per Inzaghi stesso (e il suo modulo), per la dirigenza, i tifosi e gli ex compagni di squadra. Uno su tutti, Lauti, il compagno ideale. A questo punto il giornalista la butta lì dicendo che forse in futuro i due si ritroveranno, magari al Chelsea. Lui risponde secco: “No, lui resta lì. Torno io”. L’ha detto davvero? Sembrerebbe di sì. Ma per chi se lo fosse perso, niente paura. Romero si ripete. Chiudendo l’intervista con il sogno nel cassetto: “Spero nel profondo del mio cuore di tornare all’Inter, e non alla fine della carriera ma ad un livello alto per sperare di vincere ancora di più”.

E adesso? I tifosi dell’Inter hanno chiarito la loro posizione con uno striscione: “Non conta chi con la pioggia scappa, conta chi nella tempesta resta”. E se le fonti ufficiali dell’Inter non si sono pronunciate, le reazioni lato Chelsea non si sono fatte attendere: prima le parole di rimprovero di Tuchel, poi l’esclusione dal match contro il Liverpool, di oggi infine l’indiscrezione che lo spogliatoio del Chelsea avrebbe già scaricato il gigante belga.
Non è chiaro cosa volesse ottenere Lukaku con le sue parole. È molto chiaro quello che ha effettivamente ottenuto: lo strappo con l’ambiente Inter non è stato ricucito e i rapporti con quello dei Blues sembrano compromessi (chissà se irrimediabilmente). Nell’era in cui gli sportivi curano la comunicazione quasi più dei loro muscoli, un vero e proprio suicidio mediatico. O forse solo l’amara presa di coscienza di chi sperava di fare bottino pieno: ritrovare altrove quello che aveva lasciato con l’aggiunta di qualche "soldino" in più in banca. Ma così non è stato.
E forse servirà da lezione. A qualche cosiddetta bandiera pronta a lasciare per raddoppiare. Forse la prossima volta si faranno le cose per bene, parlando a tempo debito e ponderando attentamente le conseguenze delle proprie scelte: quelle belle (soldi e sicurezza economica per sé e per le generazioni future) e quelle brutte (dalle critiche al rischio di finire nel dimenticatoio).
Ogni riferimento a Lorenzo Insigne è puramente casuale.

Chiara Saccone