Dopo le quattro sberle di Londra, il gancio di Zapata allo Stadium. Ko definitivo? Presto per dirlo. Ma su Torino è calata la notte. Che sarebbe stata meno buia se nel finale il sinistro di Dybala si fosse infilato sotto la traversa (invece di scheggiarla). Ma si sa, la fortuna aiuta gli audaci. E alla Juventus di oggi, oltre alla qualità, manca il coraggio.

Limiti tecnici. Sei sconfitte in 19 partite. Ottavo posto in campionato e -7 dalla zona Champions. Numeri impietosi che raccontano di una rosa deficitaria, in tutti i reparti.

La difesa fa acqua: 22 gol subiti. Tra i pali Szczęsny ha dato il peggio di sé ad inizio stagione, poi si è ripreso: incolpevole nell’imbarcata contro il Chelsea, spesso (come stasera) prende gol sull’unico tiro in porta degli avversari. Le assenze di Chiellini e Danilo pesano, eccome!  Alex Sandro sta vivendo forse la peggior stagione della sua storia in bianconero: poco propositivo in avanti e distratto dietro. Cuadrado, sull’altra fascia, non ha la brillantezza di un tempo. E neanche la coppia centrale Bonucci-De Ligt è esente da colpe: oggi il numero 19 ha sofferto i movimenti di Zapata e l’olandese lo ha tenuto in gioco in occasione del vantaggio bergamasco.  
Se dietro le cose vanno male, davanti non vanno meglio.
I bianconeri hanno il tredicesimo attacco della serie A (18 gol). Al di là del magro bottino, a preoccupare è lo scarso contributo degli attaccanti: 3 gol per Dybala (come Bonucci), 2 per Kean e 2 per Morata. La fase realizzativa non si regge unicamente sugli attaccanti, ma quando il loro contributo è inferiore al 50%, la spia rossa è d’obbligo. Che i gol di Ronaldo sarebbero mancati, era una certezza che i numeri stanno solo confermando. Dybala (quando non ai box per infortunio) gioca spesso lontano dalla porta, chiamato fuori area a cucire il gioco. Morata, vera punta centrale, è in fase involutiva: anche questa sera si è dato da fare, ma senza mai trovare la porta, e anzi propiziando il gol della Dea con un appoggio sanguinoso a centrocampo. Kean e Jorge non sono validi rincalzi. Alla Juve manca un attaccante di peso alla Vlahovic, per intenderci.

E arriviamo infine al centrocampo. Reparto migliorato grazie all’arrivo di Locatelli. Ma che annovera ancora signori che non vedono mai il campo (ma ancora lo stipendio), come Ramsey e Arthur, e talenti sopravvalutati come Rabiot. Poi ci sono anche buoni giocatori come Bentancur e Mckennie. Il primo però è l’ombra del giocatore cresciuto nella prima gestione Allegri. L’americano, anche oggi tra i migliori, è garanzia di dinamismo e inserimenti, ma è evidente che non basta. Anche sulle ali, luci e ombre: Chiesa è il futuro (anche se il momento non è dei migliori), Bernardeschi è una buona alternativa, Kulusevsky, invece, oggetto misterioso.

Limiti di personalità. Al di là delle assenze e dei limiti tecnici, a preoccupare è la scarsa personalità di questa squadra. Risultati altalenanti e prestazioni horror come quella contro il Chelsea minano le certezze di un gruppo. È normale. Però da una squadra del calibro della Juventus ci si aspetta che sia capace di attingere a risorse superiori alla media. Invece, alla prima difficoltà (un gol sbagliato, un gol preso, un errore di impostazione) la squadra si disunisce e va in affanno: subentra la paura, saltano gli schemi, la lucidità si appanna e la partita diventa un affannoso e confuso rincorrere la palla. Non è un caso che la squadra di Allegri abbia vinto finora solo nelle partite in cui è riuscita a mettere il muso davanti. Unico caso in cui ha ribaltato il risultato da situazione di svantaggio, la rocambolesca vittoria contro Lo Spezia. Va detto però che andare in vantaggio per primi non è comunque garanzia di successo per i bianconeri. Spesso si fanno raggiungere dall’avversario (vedi Udinese e Milan). Superficialità? Di certo, ma anche poco coraggio. Perché, ottenuto il vantaggio, i bianconeri smettono di aggredire la partita, abbassano il baricentro e lasciano il palleggio agli avversari.

E il coraggio è mancato anche stasera. Quando la squadra, tutta, sarebbe dovuta andare a salutare i tifosi. Nonostante la sconfitta, nonostante i fischi. Invece solo in cinque sono andati sotto la curva a chiedere scusa: Szczęsny, Bonucci, De Ligt, Dybala e Cuadrado. I fischi non fanno piacere a nessuno. Ma ci sono momenti in cui è giusto metterci la faccia, insieme. Con coraggio. Quello che evidentemente manca a questo gruppo.

Chiara Saccone