CHI E’ ALAIN ELKANN?

Parliamoci chiaro: Alain Elkann, ormai ultrasettantenne, non è (e né lo è mai stato) uomo dotato di personalità tale da essere anche solo lontanamente accostato al suo immensamente più conosciuto ed amato suocero, padre di sua moglie Margherita Agnelli, e soprattutto nonno del suo nipote prediletto John. All’avvocato si perdonava (quasi) tutto, ad Alain Elkann può, come vedremo tra poco, addirittura succedere di vedersi attribuire responsabilità o colpe non sue, e di cui non conosce neanche l'esistenza.
Alain è uno dei tanti intellettuali che un po’ per meriti propri, un po’ per la fortuna di essere nati e cresciuti in un contesto “facilitante”, orbitano attorno a centri di potere che trovano sempre modo di collocarli in modo che né loro, né nessuno della loro progenie abbia mai da doversi preoccupare per la propria sussistenza.
Certo, se poi ti capita di sentir parlare un Lapo, che proprio in virtù dell’appartenenza a quella progenie, pur con un congiuntivo azzeccato sì e due no, occupa una posizione non certo secondaria all’interno del potentato di cui sopra, un po’ di indignazione sulle pari opportunità che teoricamente a tutti dovrebbero essere concesse ti viene.
D'altronde si lavora e si fatica per , ma anche per garantire ai propri figli le migliori opportunità possibili, e quindi non si dovrebbe farne un rimprovero nei confronti di chi queste opportunità riesce a offrirle migliori di altri.
E se l’alternativa alle dinastie, polo di attrazione di invidie non sempre giustificate, fossero gli espropri proletari, spero che nessuno me ne vorrebbe se parteggiassi sempre e comunque per le prime, e mai per gli espropri e l’eliminazione della proprietà privata.

Fatta questa doverosa personalissima premessa, stavolta devo registrare nei confronti di questo antiquato e un po’ sprovveduto personaggio (Alain Elkann n.d.r.) una vera e propria imboscata mediatica.
Infatti, se l’altra volta era stato lui stesso a ficcarsi nei guai, scrivendo e poi pubblicando un articolo che avrebbe fatto rigirare nella tomba persino il più convinto dei reazionari, stavolta il nostro eroe veste i panni dell’intervistatore, e quindi al massimo può annuire ed essere d’accordo, oppure dissentire, ma di certo non può esprimere opinioni che vadano a sovrapporsi a ciò che l’intervistato, e non lui, dice e pensa.

COSA ERA SUCCESSO AD AGOSTO? I LANZICHENECCHI…

Ma ripercorriamo brevemente cosa era successo ad agosto, quando, con un articolo pubblicato da La Repubblica, Alain Elkann si lamentava del comportamento di un gruppo di ragazzini maleducati con il quale aveva condiviso alcune ore del suo viaggio in treno fino a Foggia. Ragazzi che egli aveva definito lanzichenecchi: uno dei popoli mercenari più feroci e disumani che abbiano mai fatto la loro comparsa sulla faccia della terra. Un’offesa, insomma, non proprio da ridere.
A suo tempo, parteggiando per definizione per il più indifeso (cioè per Alain), ne avevo compreso e difeso le ragioni, e non mi erano per nulla piaciute invece le reazioni irridenti di altri giornalisti, che avevano voluto invece sottolineare quanto, pur essendo in parte comprensibile il fastidio di Alain, non lo erano i toni decisamente snob che egli aveva deciso di utilizzare, arrivando quindi ad essere ironico, ma con se stesso, e in modo assolutamente involontario e inconsapevole.

Leggere l'articolo che Alain aveva scritto, a proposito di questa sua sgradevole esperienza e non riderne per i toni e i modi caricaturali con cui se ne lamentava, era letteralmente impossibile. Travaglio, poi, che in queste circostanze, col suo fare sornione, sa come mettere in ridicolo quelli che non sono abituati al confronto dialettico da pari a pari, non si era certo fatto pregare nel coprire di sarcasmo il pezzo del povero (si fa per dire) collega.

LA MIA TESI “COMPLOTTISTA”: NUOVI POTENTATI AVANZANO

La mia tesi di qualche mese fa di cui mi convinco sempre più, a proposito della pubblicazione di quell’articolo sui nuovi lanzichenecchi, e soprattutto della eco eccessiva che essa aveva generato presso l’intellighenzia nostrana capitanata dal sornione Travaglio, che su quell’articolo aveva saputo ricamarci e ricavarci a profusione.
La mia ipotesi, dicevo, circa tutto questo strappar di vesti e reazioni sdegnate era (e rimane) in piedi, giustificata e spiegabile dalla presenza di una trama ordita per danneggiare l’immagine della famiglia, e in particolare di John, vero destinatario degli attacchi. Di aver voluto in realtà, colpendo Alain, mandare l’ennesimo avvertimento. L’ennesima testa di cavallo recapitata nottetempo dai nuovi padrini del calcio come della finanza, e lasciata in bella mostra tra le lenzuola di seta di John.
Un messaggio ben preciso, un’azione dimostrativa di cui il destinatario non è certo l’antipatico, ma innocuo Alain, bensì il pluri-onnipotente John, e di farlo dimostrando tutta la forza che questo nuovo centro di potere è in grado di sviluppare, e cioè di mandarlo a dire proprio dallo stesso giornale  che in teoria, essendo di proprietà di John, avrebbe dovuto nella persona del suo direttore Maurizio Molinari rigettare fermamente e sdegnosamente, anche solo l'idea di pubblicare un articolo del genere: capace di gettare il ridicolo sulla proprietà, tra l’altro per mezzo di un giornale che rappresenta, nonostante tutto, la parte più sana che l’informazione in Italia può ancora sommessamente vantare.

L’EQUIVOCO DELL’INTERVISTA E DELL’INTERVISTATORE

Parliamo adesso brevemente della nuova pietra dello scandalo del nuovo articolo su cui l’intellighenzia si è stavolta inopinatamente scagliata, senza rendersi conto che stavolta, a parlare non era Alain Elkann, bensì un Architetto fra i più noti e apprezzati, tra i contemporanei. Architetto a cui Elkann ha semplicemente fatto un'intervista. Nonostante ciò, il titolo di questo pezzo campeggia come se a pronunciare la frase da cui esso prende spunto sia stato effettivamente Alain, mentre in realtà, ad averla pronunciata è l’intervistato! Questo equivoco viene portato avanti non si riesce a capire se e quanto consapevolmente, da Repubblica, e naturalmente anche da chi l’ha voluto veder associato, in modo assolutamente mistificatorio, ad una frase detta dall’intervistato (e non dell’intervistatore).

LE BUGIE, A VOLTE, HANNO LE GAMBE LUNGHE

Ma addentriamoci e cerchiamo di capire come e perché questo equivoco abbia avuto vita così lunga, e che tutt’ora ancora molti non abbiano capito chi parla e a chi.
Come detto, stavolta chi parla, sollecitato dalle domande di Elkann è François-Joseph Graf, famoso architetto, designer di interni e decoratore, oltre che collezionista di arte e uomo di talenti eclettici, che ha appena aperto a Londra l’albergo At Sloane.
La frase incriminata, che, tra l’altro, lo diventa solo se estrapolata dal contesto, come ovviamente viene invece fatto, non è di Elkann, bensì di Graf. Egli, infatti, la pronuncia rispondendo alla domanda di Elkann circa gli alberghi parigini: “Qual è il suo albergo preferito di Parigi?”

«Prima della ristrutturazione, precisa Graf, era il Ritz, per la posizione e per la storia. Quasi tutti gli alberghi parigini sono stati restaurati, non sempre benissimo. L’albergo più alla moda, con un ambiente straordinario, è il Costes, molto di successo, con un’atmosfera diversa e davvero incredibile. Gli altri grandi alberghi palaziali dovrebbero dedicarsi meglio al proprio restauro, e sapersi adattare al XXI secolo. Non si può continuare ad avere il personale di servizio in giacche da sera con i clienti in pantaloncini e ciabatte. Questi grandi palazzi erano stati costruiti per delle famiglie, per una qualità della vita oggi completamente scomparsa. Oggi devono ricreare una nuova storia dei grandi alberghi».

Ebbene sì! Il subbuglio ad orologeria che è scattato da qualche giorno, stavolta concerne e colpevolizza Elkann praticamente senza nessun motivo! Né più, né meno di come avrebbe potuto esserlo qualsiasi risposta di buon senso fornita a qualsiasi legittima domanda su qualsiasi argomento dove sia possibile esprimere risposta.
E tutto ciò, lo ricordiamo ancora una volta, e mai ce ne stancheremo, con Elkann nei panni di colui che formula una più che legittima domanda circa gli alberghi preferiti da Graf. Domanda che ha assolutamente senso, trattandosi di un’intervista dove l’argomento dibattuto è proprio quello, e la risposta, che solleva sì delle considerazioni, visto che si parla di clienti che si aggirano nella hall in bermuda, è stata pronunciata da Graf.

FORSE STAVOLTA SARA’ ANCHE L’ULTIMA

Insomma, ancora una volta non si è persa occasione per mandare messaggi: le famose proposte che non si possono rifiutare. Non è infatti un caso, che proprio all'indomani di questa intervista / equivoco, Al Khelaifi si sia rivolto direttamente a John per rinnovare la propria disponibilità ad accoglierlo, come farebbe un padre nei confronti del figliol prodigo, definendo il progetto portato avanti con caparbietà da Juve, Real e Barcellona come una Stupidata da dimenticare. John è famosissimo per la sua attitudine a dimenticare in fretta ciò che NON è interesse di nessuno venga ricordato.

C'è da immaginare, quindi, che nel giro di poche settimane, senza che venga più citato, il “buon” Alain intraprenda una nuova e intensa stagione di scrittura di romanzi: una nuova primavera di produzione artistica a tutto campo, comprese le sue corbellerie da snob, e tutto, naturalmente senza che nessuno gli faccia più le pulci su questo e su tutto il resto. Con compensi ad libitum, magari in valuta estera mediorientale, comunque in grado di garantire a lui e alla sua progenie, come ogni buon padre di famiglia si preoccupa di fare, serenità per se e per tutta la famiglia, John e Lapo compresi.

E così sia!