Che nostalgia che mi sale riguardando alcune vecchie fotografie, bambini con i calzoncini corti, le ginocchia segnate dalle cadute, scarpe logore e palloni di pezza.

Non parlo del post guerra mondiale, ma basta vedere alcune foto dell'infanzia di alcuni dei campioni di oggi, un caso su tutti mi viene in mente un aneddoto che racconta Marcelo il campionissimo del Real Madrid e della nazionale brasiliana, di quando propose al commerciante di vendergli un pallone e che lo avrebbe pagato da famoso convinto di diventarlo.
Immagini di vita semplice di giovani ragazzi che vedevano il pallone come amico come un divertimento, in origine per molti era solo calcio. Molti campioni ricordano piacevolmente, con nostalgia, passione e riconoscenza quei inizi difficili. Dove sono i ragazzi che corrono dopo aver fatto i compiti per strada o nei campi in compagnia dell'amico del piano di sopra? Quelli che tornavano al tramonto sporchi e sudati come dopo una giornata in miniera ma contenti e pronti a raccontarti piccoli aneddoti giornalieri di mirabolanti imprese fatte, di risate e di occhi pieni di gioia.

Molti affermati campioni vengono da realtà difficili, da povertà assoluta e non avendo molto altro con cui divertirsi cominciano prendendo una palla a calci. Ma in principio si vede al calcio come un divertimento si prova ad emulare il campione preferito si mira ad superarlo, fantasticando nella maggior parte dei casi perché di campioni ne nascono pochi. Alcuni eccelleranno e continueranno il sogno fino magari a superare il loro mito, la maggioranza capirà di non essere in grado e continuerà una vita normale. Tutto bello tutto vero se però sempre più spesso non si scontrasse con la cruda realtà.

Colpa dei tempi correnti,che non aspettano, che non danno null'altro che ambizioni e speranze spesso vane, perché si sa che di campioni ne nascono pochi. Credo sia inutile pretendere quello che non si può da tutti, facciamo giocare i ragazzi senza traguardi da raggiungere, chi sarà all'altezza giocherà nel Real Madrid, chi no si sarà divertito con l'amico.
Troppo spesso vedo padri e madri manager convinti che il loro figlio sarà il prossimo Pallone d'Oro, che perdono le staffe se il loro allenatore li sostituisce per far entrare un compagno per motivi tecnici o tattici, o per semplicemente far giocare altri ragazzi, con l'avversario di turno perchè a suo credere ha fatto chissà cosa che non vada.
Se un ragazzo oggi chiede al padre di portarlo ad una scuola calcio dovrebbe essere per socializzare, per fare sport per divertimento. Rendiamoci conto che i ragazzi sono in contatto con il mondo, ma realmente? Oltre i compagni di scuola? Praticamente soli. Più pallone e meno Internet specie in giovanissima età, fa male vedere bambini di 8-10 anni con smartphone in mano seduti magari la domenica con i genitori sulle panchine dei centri commerciali, se qualche domenica andassero in un parco e prendessero a calci un pallone magari con il papà o con un amico incontrato lì per lì lo smart rimarrebbe sulla panchina, un ginocchio sbucciato, un poco di macchie d'erba sui pantaloni sono benvenute, non fanno più male del dovuto, non sono così difficili da togliere.

Cerchiamo di prendere ad esempio quei campioni per come lo sono diventati, non per quello che stanno ottenendo oggi, la gloria la fama si ottengono con sudore fatica partendo dalla semplicità di un gioco, ripartiamo dal concetto di base è uno sport divertente, andrà a giocare in Nazionale, benissimo, applausi, ma non lo illudiamo, cerchiamo di scattare foto con sorrisi e abbracci, e non dei tristi selfie.