Circa due settimane fa, ancora scottato dal dietrofront di Lukaku che ha fatto persino rimpiangere gli addii di Ronaldo e Icardi (e ho detto tutto), tra i nomi prescelti a cui affidare la metaforica casacca numero 9, ormai catturata dal rampante Thuram, avevo inserito il nome di Scamacca al terzo posto di un’ipotetica lista di possibili sostituti del belga (https://vivoperlei.calciomercato.com/articolo/lukaku-che-delusione-cinque-nomi-per-sostituirlo). In cima, non lo nego, vuoi per futuribilità, vuoi perché lo stile mi ricorda quel norvegese che la nostra difesa ha annullato durante la finale di Champions League, avevo posto Hojlund. Sopra tutti. Come si fa, però, a pareggiare un’offerta mostruosa come quella del Manchester United? Parliamoci chiaro, ormai i colpi da novanta non sono affare nostro, e per nostro parlo per tutta la massima serie italiana per estensione, ma non necessariamente ciò rappresenta un male: è qui che si vede il talento, l’ingegno, l’idea. E il corso marottinzaghiano sta prendendo una traiettoria niente male, che ha virato verso un altro profilo nel giro della Nazionale, proseguendo nell’azzurrizzazione tanto cara alla società e al CT Mancini. Il centravanti del West Ham si è scontrato con l’NBA del calcio: la Premier. E l’impatto ha fatto maluccio. Forse non è ancora pronto per quel palcoscenico così pieno di stelle, forse, come in molti sostenevano l’anno passato, avrebbe dovuto vivere un’altra stagione di conferma a Sassuolo, prima di fare il grande passo. Esattamente come Frattesi, che potrebbe ritrovare a breve come compagno a Milano. Ed io sposo appieno questa tesi: la cosa incomprensibile di questo periodo storico (e non parlo solo di calcio) è il volere a tutti i costi bruciare le tappe. Non voglio scadere nel trito e ritrito, eppure la realtà dei fatti è sotto gli occhi di chiunque: siamo stati invasi da fenomeni quali il binge-watching, rendendo l’attesa per una serie televisiva un’eccezione e non la regola che garantiva bellezza, confronto, piacevolezza nel seguire una storia; le canzoni si sono accorciate, devono essere adatte per Tik Tok e dunque è inconcepibile perdere tempo ad ascoltare brani complessi (se i Pink Floyd avessero iniziato nel 2023, non avrebbero suonato neanche gratis in piazza); il cinema sta perdendo colpi, la trap fa da padrone, cantanti che azzeccano una hit si ritrovano nei palazzetti o a San Siro e poi… ci sono calciatori che hanno la smania di arrivare immediatamente nell’Olimpo del calcio. L’ambizione è giusta, bisogna essere affamati, ma non a tutti i costi. Sembra una contraddizione con quanto espresso poc’anzi su Hojlund, ma in realtà lì si sarebbe trattato di un investimento: a quelle cifre, ad oggi, la follia l’hanno fatta i Red Devils. Poi, se sarà il nuovo Ibrahimovic ben venga, ma in questo momento 75 milioni di euro sono una spesa enorme per un prospetto del genere che io avrei preso ma spendendo non più della metà di quanto hanno sborsato i britannici. Così come non ho compreso lo scorso anno questo trasferimento: perché Scamacca ha scelto di misurarsi con una realtà non di primo piano del campionato inglese, invece di concedersi un altro anno di maturità in Italia? Per carità, sappiamo bene che a livello economico non c’è partita ed è sempre quello il punto (come per la musica, il cinema e tutto il resto). Però, poi, se floppi ecco che arriva la mazzata. E la nostalgia del Bel Paese si fa immediatamente sentire. Io lo prenderei, ma urge una riflessione più ampia: perché scappare ogni volta? Perché ritenere la Serie A un trampolino? Va bene che l’Inghilterra ha fatto il vuoto, ma a parer mio, subito dopo la Premier c’è il nostro campionato. Non siamo il quinto o sesto torneo per importanza, ma contendiamo alla Liga la piazza d’onore. Tra un campionato rischioso come quello estero e un altro anno in un ambiente che ti mette a tuo agio e che ti ha già permesso di mostrare le tue doti, perché scegliere sempre la fuga? Ad ogni modo, il figliol prodigo è ben atteso: i 16 gol in neroverde nel 2021/22 sono il biglietto di rientro per prendersi una grande squadra che punta, senza se e senza ma, a conquistare il tricolore. Come al solito, però, ogni mossa dell’Inter è sempre contornata da ironie e sberleffi. Sembra quasi un modo per esorcizzare le paure di un organico che, ad occhio e croce, si prospetta come il più forte e completo della Serie A. E questo è un bene da una parte, ma un’arma a doppio taglio dall’altra, visto e considerato che poi bisogna vincere per mantenere le attese. Lecito, dunque, lo scetticismo nei confronti di un calciatore che, a conti fatti, non ha esperienza in squadre top, sia in Italia che all’estero, ma i numeri che ha dimostrato in provincia di Reggio Emilia e anche l’anno precedente a Genova lasciano intravedere un attaccante ideale per fungere da partner principale di Lautaro Martinez. In molti lo hanno paragonato a Vieri: francamente, eviterei paragoni sacrileghi, ma di certo ha nello standard fisico e nelle abilità aeree qualcosa che ricorda il fenomenale centravanti con la maglia numero 32. Sarà anche per questo che Simone Inzaghi ha tanta voglia di acquistarlo: con il budget a disposizione, è lui l’uomo scelto dal tecnico piacentino. Nell’ultima stagione abbiamo imparato a fidarci delle sue intuizioni (Calha in cabina di regia è un suo spunto, non dimentichiamolo mai): il tempo sta cominciando a stringere, che si arrivi ad un punto di incontro con i londinesi per dare quell’attaccante di peso che serve come il pane per non arrivare impreparati il 19 agosto.

A proposito di tempi stretti, ancor più urgente sta divenendo la questione portiere. Ormai sembra abbastanza chiaro l’andazzo: l’accordo con il Bayern c’è, con Sommer pure. È solo questione di incastri: i bavaresi, focalizzati sull’affare Kane, non hanno la priorità portiere. Ciò significa che, finché non chiudono il centravanti, non andranno sull’alternativa a Neuer e questo provocherà ulteriori ritardi. Possiamo stare tranquilli? Finché lo svizzero non arriva all’ombra del Duomo no, ma le sensazioni sono buone. Il punto è che manca un secondo portiere. Ed è proprio dal precampionato che sta fornendo indicazioni interessanti il buon Stankovic. Servirebbe tanto, ma tanto coraggio: perché non promuovere lui a vice-Sommer, con Di Gennaro come terzo? Lo so, sarebbe un rischio gigantesco (e ancora siamo scottati da Radu), ma a volte bisogna crederci. Se hai un portiere in casa, che magari cresce sotto l’ala di un esperto, e tra uno o due anni te lo ritrovi senza neanche aver speso un euro, non sarebbe un gran colpo? Vogliamo finalmente far fiorire il nostro settore giovanile?

Settore giovanile che aveva una grande promessa: Sebastiano Esposito. Oggi ha segnato contro il PSG in amichevole, dimostrando ancora una volta di esserci. Nel primo anno di Conte, si era messo in mostra segnando anche un gol in campionato, parendo un predestinato. Gli ultimi tre anni, invece, sono stati sottotono, tra prestiti vari in Serie B ma anche in Svizzera e Belgio: in tutti i casi, risultati poco confortanti. Eppure, qualcosa c’è. E anche qui servirebbe una buona dose di iniziativa senza paura: al posto di Correa, per me assolutamente da non considerare come quarto attaccante, se non si dovesse trovare qualcuno di appetibile e contemporaneamente non esoso, non sarebbe il caso di provare a mantenerlo nel gruppo offensivo?

Nel frattempo, a centrocampo sta succedendo di tutto: a breve arriverà Samardzic, talento dell’Udinese che va a completare la batteria dei centrocampisti a disposizione di Inzaghi. Un colpaccio, che rende il reparto neroazzurro il più forte dell’intero campionato. In realtà, già senza di lui avremmo potuto parlare di zona nevralgica più completa, ma con il suo innesto arriviamo ad avere una flotta di interni da far invidia a chiunque, almeno nei nostri confini (e anche in molte parti d’Europa). E bando ai soliti detrattori: questo ragazzo è forte, non scherziamo.

C’è un’ultima questione legata ai centrocampisti che mi sta facendo perdere il sonno: Stefano Sensi. Il giocatore ha sempre avuto qualità eccelse, e lo abbiamo anche apprezzato, soprattutto nel primo periodo contiano, quando (forse qualcuno ha rimosso) era il leader tecnico dell’intero gruppo. Purtroppo, i problemi fisici ne hanno limitato il rendimento e adesso la carta di identità recita 28 anni. Per carità, ha ancora almeno 5 anni ad alti livelli disponibili, però sembra essere il sacrificabile per ridurre l’organico. Personalmente, però, è uno di quei talenti che mi tormenta, perché è fortissimo ma fragile. Pensiamoci bene, magari un altro prestito, ma non perdiamolo definitivamente: uno così non si trova facilmente. E oggi ne abbiamo avuto un’ennesima dimostrazione.

 

Indaco32