Dopo il tempestoso addio di core 'ngrato Maurizio Sarri e in seguito ad un mercato estivo deludente, quanti di voi avrebbero pronosticato un Napoli secondo in classifica ad ottobre? In pochi, a maggior ragione constatando l'oggettiva difficoltà di queste prime sei giornate, nelle quali i partenopei hanno affrontato avversari ostici come Lazio, Torino e Samp in trasferta, Milan e Fiorentina in casa. L'unica certezza di questo primo scorcio di campionato ha le genuine ed abbondanti fattezze di Carlo Ancelotti, che fin dal primo giorno di ritiro a Dimaro ha dovuto fare i conti con due ardue richieste: non far rimpingere Sarri e giustificare i sei milioni di stipendio da top allenatore. Il tecnico di Reggiolo, dall'alto della sua infinita esperienza, ha capito che la scelta più saggia da considerare sarebbe dovuta essere quella di non cancellare con un colpo di spugna quanto di buono creato dal suo predecessore, cercando di fondere gradatamente due filosofie così antitetiche: il pragmatismo di un tecnico vincente come Ancelotti e l'idealismo di un allenatore, quale è Sarri, convinto che la strada da percorrere sia quella del bel gioco. 

Le ultime scelte dimostrano che l'ex mister di Real e Bayern abbia ormai abbandonato l'idea di fusione dei due stili di gioco e che stia viceversa cominciando a ragionare "di testa propria", come visto nella sfida di ieri contro il Parma. Al netto di schemi e movimenti vari, le differenze sostanziali tra Ancelotti e Sarri sono due: 

  1. Il modulo: mentre Sarri non rinuncerebbe al suo 433 nemmeno sotto tortura, Ancelotti è più elastico e versatile. Dopo la débacle di Genova contro la Sampdoria, Carletto ha forzato la situazione cambiando modulo, un 442 che muta a seconda che si attacchi o si difenda. Questa tattica permette agli azzurri di difendere ancor meglio rispetto a prima, di sviluppare un pressing più armonioso e, di conseguenza, di rubare più facilmente il pallone, scatendando così la velocità e l'inventiva delle sue "bocche da fuoco" in attacco.
  2. Il turnover: di questo termine si è un po' abusato negli ultimi anni, ma Ancelotti è uno dei pochi che lo sa usare davvero. Contro il Parma ne ha cambiati 9 rispetto al match domenicale contro il Torino. Una rotazione scientifica i cui vantaggi sono evidenti: più spazio per tutti - quindi morale alto - e più minuti per tutti - perciò più freschezza e omogeneità per quanto riguarda la forma fisica di ogni calciatore in rosa. Sarri faceva giocare sempre gli stessi e le poche volte che attuava il turnover (vedi Lipsia in Europa) sbagliava completamente le scelte.

La partita contro il Parma, vinta per 3-0 dagli azzurri, è stata la consacrazione del credo ancelottiano; in altre parole, Carlo si è preso il Napoli, trasformandolo a sua immagine e somiglianza. Dopo aver dominato gli emiliani per 60 minuti, i partenopei - a risultato acquisito - hanno visibilmente decelerato, gestendo forze ed energie in vista del big match di domenica contro la Juventus. Una partita che, per una serie di ragioni, il Napoli può vincere. Prima fra tutte, lo stato di grazia delle due colonne portanti della squadra azzurra: Koulibaly - il giustiziere dello Stadium nella scorsa stagione - si è dimostrato ancora una volta una montagna invalicabile per gli avversari, mentre un Insigne così in forma da queste parti non lo avevano ancora ammirato (prima stagione in cui Il Magnifico segna 5 gol nei primi 6 incontri di campionato). A ciò va aggiunta la freschezza di altri uomini-chiave come Albiol, Callejon, Hamsik, Mertens, Hysaj: tutti tenuti preventivamente a riposo proprio per preservarne l'integrità fisica e per portarli al 100% contro i bianconeri.

Gli uomini di Allegri sembrerebbero, alla luce del filotto di 6 su 6, invincibili e in una forma smaliante; potrebbe anche essere, ma in me permangono alcuni dubbi. Ad esempio la ricerca spasmodica del gol da parte di Ronaldo, che potrebbe creare problemi sia a lui, sia al resto della squadra (se vedessi un mio compagno calciare sempre in porta non passandomela mai, un po' mi arrabbierei...); alcune assenze importanti, prima tra tutte quella di Douglas Costa; ma anche la scelta di giocare con due terzini di spinta contemporaneamente (Cancelo e Alex Sandro) potrebbe rivelarsi rischiosa contro una squadra votata all'attacco come il Napoli. Insomma, i tifosi della Juventus si sentono già in saccoccia altri 3 punti - forse i più importanti e già decisivi dell'intera stagione - ma il Napoli di Ancelotti è diverso rispetto a quello degli anni passati: è più maturo, più versatile tatticamente, più pragmatico, con un'anima maggiormente inclinata alla vittoria e meno al "giocare bene". Gli Azzurri sono più consapevoli della propria forza. Insomma si può affermare, senza timore di essere smentiti, che il Napoli, grazie all'avvento di Ancelotti, abbia iniziato un processo di vera e propria "juventinizzazione", che lo porterà negli anni a venire - ne sono certo - ad alzare molti più trofei di quanto gli stessi tifosi napoletani immaginino. Magari, perché no, proprio quella Champions obiettivo numero uno della Juventus...