Questa è la storia di due fratelli. Due fratelli che si odiavano a morteArtaserse Ciro.
Il primo era a capo di uno dei più grandi imperi che la storia conosca, quello persiano; Ciro invece era il fratellino scalognato che cercava in tutti i modi di prendersi il trono. Con le buone o, come accadde nel 401 a.C., con le cattive. Alla testa di uno degli eserciti più numerosi di quel tempo, Ciro si mise in marcia dalla Grecia verso il cuore dell'Impero. Nel cuore dell'Asia più remota. Non era un esercito qualunque quello: era composto da diecimila mercenari greci, tra i migliori che il mercato potesse offrire. La battaglia decisiva vide la morte di Ciro e la vittoria di Artaserse, che mantenne così il suo potere. Che ne fu di quell'esercito dei Diecimila? Dovette iniziare una ritirata che durò anni, attraverso deserti e montagne dove l'inverno sembrava non finire mai, in mezzo a tribù selvagge, ferocemente attaccate al proprio territorio. Molti secoli dopo la verità venne a galla.

Venne scoperto, infatti, il coinvolgimento di Sparta (quella del film "Trecento" con Re Leonida), che furbescamente giocò su due fronti: concesse a Ciro i Diecimila soldati e allo stesso tempo tenne segretissima tutta la faccenda, per non insospettire il fratello, Re Artaserse. Così facendo, Sparta si tutelava: nel caso l'impresa fosse riuscita Ciro le sarebbe stato debitore della vittoria, se le cose fossero invece andate male gli spartani avrebbero potuto facilmente dimostrare al Re Artaserse la loro estraneità mantenendo buoni i rapporti con l'Impero Persiano. In estrema sintesi, quell'esercito di diecimila valorosi mercanari doveva vincere o morire. Accadde però una terza circostanza: l'esercito si salvò - nonostante Persiani e agenti segreti di Sparta fecero di tutto per farli scomparire per sempre - riuscendo alla fine a raggiungere la Grecia, casa propria, dopo due anni di peripezie. Perché vi ho raccontato questa storia? Perché la travagliata vicenda dei Diecimila, conclusasi comunque con un lieto fine, mi ha ricordato da vicino un evento attuale: Rino Gattuso, per potersi mantenere in sella al Milan, deve vincere domenica contro il Sassuolo. Deve vincere o morire. 

Il paziente-Milan è malato. La diagnosi? Pareggite acuta. I rossoneri intoppano nel terzo pareggio consecutivo dopo Cagliari ed Atalanta; due squadre che, proprio come l'Empoli visto ieri sera, erano ampiamente alla portata dei ragazzi di Gattuso. In tanti si sono scagliati contro Rino, adducendo le ragioni più disparate e portando a loro vantaggio i freddi numeri. I quali solitamente non mentono mai: i 6 punti in 5 partite sono il peggior inizio di campionato dal 2012/2013; 7 degli otto gol subiti fino ad ora sono stati presi nei secondi tempi; il Milan, infine, prende gol da 16 match consecutivi. Come vedete, gli argomenti in possesso dei detrattori di Gattuso non mancano.

Chi vi scrive però vorrebbe andare oltre queste asettiche statistiche, spiegandovi i motivi per cui la dirigenza rossonera non debba giungere all'estremo gesto, all'esonero di Rino

  1. Il Milan gioca bene. L'equazione bel gioco = risultati non è sempre corretta. Anzi, non lo è quasi mai. Però proponendo un ottimo calcio, le probabilità di vincere aumentano esponenzialmente. Anche contro l'Empoli i rossoneri hanno collezionato un numero incredibile di occasioni; se non fosse stato per la serata di grazia dello sconosciuto portiere Terracciano, Suso e compagni ieri avrebbero guadagnato tre punti d'oro. Ma si sa...nel calcio se vinci sei bello, se perdi sei uno scorfano! 
  2. Le scelte del mercato. Che vanno di pari passo con le questioni societarie. Elliott e i nuovi dirigenti - tra l'altro tutti presenti ieri al "Castellani": parevano dei "gufi", povero Rino... - subentrando in pieno mercato, ne hanno inficiato il normale sviluppo. La prova: a causa dell'assenza di Higuain e delle non perfette condizioni di Cutrone, ieri ha dovuto giocare prima punta Fabio Borini. Un ruolo che ha già ricoperto, ma con scarsi risultati (si è visto...). Perché cedere André Silva in prestito al Siviglia? Perché non gli è stata data una chance, magari come terza punta? Darlo via così è stato un errore dettato dalla confusione di un mercato approssimativo e "disturbato" dalle vicende extracampo. Che colpa ne ha Gattuso se il mercato è stato fatto male?
  3. Il Milan è tutto per Gattuso. In caso di esonero, che ne sarebbe di Gattuso? Già me lo immagino...con la barba ispida e i capelli lunghi chiedere alla Caritas un pasto caldo. Dove allenerebbe Rino se venisse cacciato? Voi lo vedreste seduto su d'un altra panchina? La risposta è no, o quantomeno è un'eventualità remota, a maggior ragione dopo i fallimenti a Palermo, Pisa, Sion e in Grecia. Ecco perché il tecnico calabrese, quella panchina desiderata dopo una vita di sacrifici, non se la lascerà sfuggire tanto facilmente. 

Gattuso è un lottatore, non si arrende mai. La sua delicata situazione mi ricorda quella di Damocle. Quest'uomo visse nella corte di Dionisio detto "Il Vecchio", tiranno di Siracusa (stiamo parlando di molto tempo fa). Invidioso del potere del re, venne invitato ad un banchetto. Dionisio conosceva benissimo il suo stato d'animo: fece perciò predisporre una spada sguainata che penzolava dal soffitto esattamente sopra la sedia assegnata a Damocle. Che dovette cenare tutta la sera con un'arma affilata e a penzoloni che incombeva sopra di lui.  La spada rappresentava i continui pericoli con cui un re deve necessariamente convivere. L'uomo si arrese e da qul giorno non volle più il regno. Una sorta di "da grandi poteri derivano grandi responsabilità" ante litteram. Anche su Gattuso pende da mesi la celebre "Spada di Damocle". Ma, a differenza del vigliacco Damocle, "Ringhio" non ha paura di una spada e di certo non rinuncerà mai ai suoi sogni. A meno che quei sogni non vengano spazzati via per sempre da Scaroni...