Mentre tra dieci giorni scatteranno gli ottavi di finale della FA Cup inglese, in Italia ci apprestiamo ad assistere alle semifinali meno scontate degli ultimi anni grazie ad Atalanta e Fiorentina.
Una piacevole novità, che perde però gran parte del suo impatto positivo se paragonata a ciò che avviene oltremanica. Una statistica risulta emblematica: tra le partecipanti agli ottavi di Coppa Italia 2018/2019 si contano tredici club di Serie A (su 16 totali); la medesima fase eliminatoria della FA Cup vede invece la partecipazione di sole 7 compagini di Premier League, tra l'altro di medio/basso lignaggio vista la contemporanea assenza di Arsenal, Tottenham e Liverpool.

Alla luce della partita clou tra Chelsea e Manchester United, la favorita alla vittoria finale resta indiscutibilmente il City di Guardiola. Che nel prossimo turno sfiderà il Newport County, avversario di League Two e sulla carta tra i più abbordabili dei sedici rimasti in gara. Dando un'occhiata al cammino fin qui intrapreso dai gallesi (no, non è un club inglese: Newport è la terza città del Galles ed è situata a breve distanza da Bristol) e facendo tesoro di ciò che la storia della FA Cup insegna e tramanda, ritenere il passaggio del turno dei Citizen una pura formalità sarebbe un errore. Il Newport - i cui calciatori sono chiamati gli "Esiliati" a seguito del trasferimento forzato in un altro stadio a causa della bancarotta di trent'anni fa - ha finora collezionato scalpi alquanto eccellenti: eliminato il Leicester nel Terzo turno, la medesima sorte è toccata al Middlesbrough, club di Championship tra i papabili per la promozione in massima serie.

Eventi del genere sono talmente diffusi in Inghilterra da essere associati ad un'espressione ad hoc: "The Giant Killers", il più classico dei "Davide contro Golia". Di Assassini di Giganti, nella centenaria storia della meravigliosa FA Cup, ce ne sono stati a bizzeffe. I più recenti e, per certi versi, clamorosi corrispondono alle imprese del Luton Town nei primi Duemila - l'allora club di Conference (grosso modo i nostri Dilettanti, sebbene in Inghilterra sia in auge lo status di semi-professionismo) sconfisse a domicilio il Norwich (Premier League) - e soprattutto del piccolo Wrexham, compagine gallese (evidentemente un vizio nazionale...) capace di rimontare nel '93 un Gigante come l'Arsenal. Gesta straordinarie a cui non siamo abituati in Italia, dove cavalcate come quella dell'Alessandria - giunta in semifinale di Coppa Italia nella stagione 2015/2016 - difficilmente verranno replicate.

Ripercorrendo la memorabile serata di Newport, chiunque non fosse riuscito ad emozionarsi per un'impresa degna dei migliori libri di epica calcistica, avrà di certo speso una lacrima per due episodi extra-campo. Il primo riguarda il portiere Joe Day. Nelle ultime ore avrete sicuramente sentito parlare della sua toccante storia: al triplice fischio finale il ragazzo nativo di Brighton, non curante dei festeggiamenti, è corso immediatamente negli spogliatoi per poi raggiungere l'ospedale dove la moglie di lì a qualche ora avrebbe dato alla luce due gemellini. Due categorie e 57 posizioni di differenza non hanno evidentemente spaventato il Newport County, capace di surclassare nel gioco e nel risultato un club sulla carta favorito come il Boro. Ma lo abbiamo già accennato: in Inghilterra, specificatamente in FA Cup, della carta non sanno che farsene.

Il 2-0 finale porta la firma di Robbie Willmott, autore del vantaggio gallese e dell'assist per il compagno ed amico irlandese Pàdraig Amond. Proprio Robbie Willmott è il protagonista della seconda, struggente storia. Si sa, la carriera di un calciatore non è mai facile, essendo l'ascesa verso il professionismo una strada impervia e tortuosa.
Ma ciò che questo ventottenne ha dovuto affrontare ha dell'incredibile. A 25 anni beffarde sliding doors lo hanno condotto da un possibile trasferimento in Premier League all'assunzione come commesso presso Tesco, una delle catene di supermercati più diffuse in UK. Un colpo durissimo, uno di quelli che solo la vita può dare, ma che non hanno minimamente intaccato le ambizioni e speranze di un ragazzo alla ricerca del sogno di una vita.

I guadagni di un part-time nei piccoli dilettanti del Bishop Stortford non erano sufficienti a garantirsi un'esistenza dignitosa e così Robbie, spinto dal padre manager proprio di quel supermercato, ha deciso di cambiare strada e di rimboccarsi le maniche. Non la sveglia giornaliera alle 5.15 né il fatto di dover svolgere una professione come un'altra tra i comuni mortali né tantomeno il doversi allenare soltanto due volte a settimana hanno minato l'obiettivo di Robbie: riprendere un giorno quella carriera da calciatore professionista precocemente interrotta. E quel giorno è giunto proprio grazie al Newport, il club che tempo fa gli aveva dato il benservito con la risoluzione del contratto e che ora, alla soglia dei trent'anni, lo ha riaccolto a braccia aperte dandogli l'ennesima chance. Siamo convinti che questa volta non la sprecherà.

Solo in Inghilterra, e segnatamente in FA Cup, possono accadere eventi tanto meravigliosi. E il fatto che siano concentrati tutti nella stessa partita dona loro ancor più fascino e straordinarietà. Riconosco che la trasposizione integrale del format anglosassone nel nostro paese sarebbe operazione complessa; d'altronde non è forse vero che ogni paese debba aver cura ed essere geloso delle proprie tradizioni? Ma forse alcuni accorgimenti - ad esempio l'apertura della competizione ad un maggior numero di partecipanti (in Coppa Italia gareggiano una settantina di club, in FA Cup più di 700!), o la possibilità data alla sfavorita di giocare in casa contro avversari di serie superiori (Oltremanica c'è comunque il sorteggio) - andrebbero perlomeno presi in considerazione.

Conferire rinnovato lustro e prestigio ad una competizione ormai anacronistica e settaria come la coppa nazionale avrebbe conseguenze positive su tutto il movimento calcistico nostrano.