Quanti di voi hanno mai sentito parlare del celebre Aleksej Stachanov? Quest’uomo dal nome impronunciabile fu un minatore ucraino (nativo di Donbass) divenuto celebre per l’ideazione di un nuovo ed avveniristico metodo di lavoro: il 31 agosto 1935, infatti, compì una vera e propria impresa raccogliendo 102 tonnellate di carbone in meno di 6 ore, una quantità superiore di ben 14 volte alla media del tempo. Strumentalizzando tale record, la propaganda del regime sovietico cavalcò l’onda e divulgò al resto del paese (e del mondo) la figura di Stachanov come simbolo dell’eccellenza del sistema produttivo russo; da quel momento il termine Stacanovismo divenne il manifesto programmatico dell’antico URSS.

Oggigiorno l’aggettivo stacanovista riassume al proprio interno una doppia accezione, l’una positiva e l’altra negativa: da un lato, infatti, descrive una persona dedita alle proprie mansioni, il cosidetto “gran lavoratore”; dall’altro, invece, definisce individui troppo zelanti verso il lavoro, che finisce per totalizzare le loro stesse esistenze. E chi meglio di Francesco Acerbi potrebbe essere etichettato come stacanovista nel senso più positivo del termine? Molti di voi conosceranno la triste storia (fortunatamente a lieto fine) di questo straordinario ragazzo: colpito in due occasioni dallo stesso, terribile cancro – quello ai testicoli, il più tragico e problematico per noi uomini – il trentenne nativo di Vizzolo Predabissi è riuscito a sconfiggere questo flagello grazie al suo coraggio e alla sua voglia di vivere.

Francesco non si è mai arreso, neppure quando un ulteriore grattacapo si aggiunse in modo beffardo al primo, rischiando di fargli appendere gli scarpini al chiodo troppo presto. Nel 2013 Acerbi risultò infatti positivo ad un controllo antidoping, venendo così squalificato in quanto il farmaco assunto non era necessario per curare il primo cancro. Pareva sancire la parola fine alla sua carriera, invece tale episodio si rivelò ineluttabilmente salvifico: fu grazie a quei controlli che venne scoperta la recidività del tumore che, presentatosi più minaccioso e debilitante che mai, potè essere definitivamente sconfitto. Francesco si è dimostrato un osso fin troppo duro per una malattia che, debellata una volta per tutte, ha lasciato di sé soltanto un flebile ricordo e una cicatrice che quello stesso, inquietante ricordo alimenta.

Francesco oggi è tornato a giocare a calcio, “la cosa che più ama fare nella vita” – come lui stesso ha recentemente dichiarato – e lo fa con una continuità ed una costanza fuori dall’ordinario. Soprattutto tenendo conto del calvario, fatto di chemio e ricadute, che ha dovuto sopportare e superare. Guidando la difesa della Lazio nella sconfitta di lunedì scorso contro l’Inter, l’ex centrale del Sassuolo ha raggiunto la 134esima presenza consecutiva in tutte le competizioni in cui è stato chiamato in causa. Che fosse campionato, Coppa Italia o Europa League, Acerbi ha sempre risposto presente, anche quando il fisico non lo supportava a dovere. Dopo essere stato il cardine principale della retroguardia degli emiliani, il presente conferma che Francesco sta pian piano conquistando anche i tifosi biancocelesti a suon di prestazioni sempre più convincenti.

Ma qual è il segreto di Acerbi? Potrebbe essere una sorta di rivincita che il ragazzo si sta prendendo nei confronti della malattia; oppure è la consapevolezza della fugacità del tempo, acquisita proprio in quei terribili mesi di degenza, a spingerlo a dare sempre tutto non mollando mai; magari l’arcano sta nella sua correttezza e lealtà, che gli hanno fatto evitare squalifiche per espulsioni (zero, ZERO, nelle suddette 134 presenze) o per cumulo di ammonizioni (ne ha prese soltanto 10, pazzesco!); o forse Francesco dà sempre il cento per cento per far dimenticare alla gente ed a se stesso la deludente parentesi col Milan. Qualunque sia la causa, il fatto oggettivo è che Acerbi gioca sempre e comunque. Non per volere divino, né per qualità tecniche fuori dal normale o chissà cosa, bensì perché ha una continuità, una costanza ed una resilienza che nessun altro giocatore in Serie A al momento possiede.

Pure in Europa ce ne sono pochi della stessa pasta del laziale. Nei primi 5 campionati per importanza del Vecchio Continente, gli “stacanovisti del pallone” si contano sulle dita di una mano: Sergio Ramos (meno i 90 minuti contro il CSKA Mosca) e Piqué nella Liga; in Germania Joshua Kimmich del Bayern Monaco e la coppia Salif Sané e Daniel Caligiuri dello Schalke 04; Andrew Robertson, fortissimo terzino mancino e scozzese in forza al Liverpool (tenuto a riposo solo in Carabao Cup); in Francia troviamo Kamil Glik del Monaco e i semi-sconosciuti Jules Kounde del Bordeaux e Benjamin Andre del Rennes. Senza dimenticare la nostra Serie A, che è in assoluto il campionato con più stacanovisti di tutta Europa (al netto dei portieri, ovviamente): la sorpresa dell’Empoli Di Lorenzo, i forti centrali difensivi German Pezzella e N’Koulou, ma anche il giocatore più famoso del nostro campionato, CR7, a cui però mancano 2 presenze in Champions per fare l’en plein. Presenze che invece figurano nell’inoppugnabile curriculum di Kalidou Koulibaly, che condivide il trono di “Re degli Stacanovisti” insieme al protagonista di questo articolo.

134 presenze consecutive, dicevamo. Francesco Acerbi sembra non volersi fermare, e punta deciso al record del nostro campionato, che appartiene all’Highlander degli Highlander Javier Zanetti: con la maglia dell’Inter il glorioso capitano della Beneamata ha totalizzato l’incredibile risultato di 162 partite di fila senza mai saltare un solo minuto di gioco, neppure dopo il novantesimo. Acerbi sarebbe felice se riuscisse a raggiungere in testa il “Pupi” nerazzurro, ne siamo certi. Ma siamo altrettanto sicuri che la cosa che lo rende ancora più felice, su questa terra, è una sola: giocare a calcio. Lo scopo della sua vita.