In questo momento noi tifosi azzurri siamo vittime degli specchietti per le allodole. Vi siete mai chiesti da dove derivi questo particolarissimo detto? Chi vi scrive, fino a quando non l’ha scoperto, non ci ha dormito la notte: tale espressione trae origine da una pratica (illegale) diffusa tra i cacciatori, per la quale i poveri uccellini vengono ingannati e catturati mediante un sofisticato sistema di palette e specchi. Le recenti (e convincenti) prestazioni dell’Italia potrebbero avere lo stesso dannoso effetto, illudendoci ed inducendoci a pensare che la nostra amata Nazionale possa essere definitivamente guarita dal suo indecifrabile male. In realtà la situazione è ben più complicata: siamo ancora nel bel mezzo della tempesta, ingabbiati in un “Medioevo calcistico” senza apparenti vie d’uscita, intenti a specchiarci nel nostro fulgido passato trascurando presente e futuro.

“Historia magistra vitae” amavano pronunciare gli antichi. La storia ci insegna tanto, è maestra in tutti i campi della vita. E il calcio non ne rimane di certo escluso: nei momenti più difficili il nostro pallone si è quasi sempre affidato ad un asso nella manica giudicato infallibile, ovverosia l’oriundo. Fin dagli anni Trenta, infatti, chi era a capo della Federazione pensò bene di dare una boccata d’aria fresca a tutto il movimento aprendo le porte della Nazionale a questi “italiani mascherati”. La lista è lunga e ricca di indimenticati campioni: Orsi, Luis Monti, Guarisi, Demaria, Guaita, Omar Sivori, Ghiggia, Cesarini, Pesaola, Schiaffino (sole 4 presenze dal ’54 al ’58) e tanti altri. Dal 1963 al 2006 di oriundi in Nazionale nemmeno l’ombra; invertì questo trend il buon Camoranesi, recordman tra gli oriundi come presenze (55) con la maglia azzurra e uno dei pochi ad aver alzato al cielo la Coppa del Mondo.

Ma chi erano – e chi sono – precisamente questi oriundi? Il termine deriva dal latino “orior” (“nascere”) e indica chi è nato in un determinato luogo avendo genitori o antenati emigrati da un altro Paese. Questa espressione non va confusa col naturalizzato,che descrive invece una persona che ha acquisito la cittadinanza al raggiungimento di precisi criteri: ad esempio uno straniero prende quella italiana purché abbia risieduto nella penisola da almeno dieci anni o avendola altresì ottenuta sposando un italiano/a (tipo l’ex Juve Amauri). Dopo averti annoiato per bene, caro lettore, si arriva al nocciolo della questione, al “sugo di tutta la storia” come scrisse il Manzoni. In un periodo di crisi prolungata – o quantomeno di pericolosa stasi – in cui vessa la Nazionale, è compito del commissario tecnico percorrere tutte le strade possibili e praticabili affinché la situazione miglioriEd è, bene o male, ciò che sta facendo Roberto Mancini.

Il Mancio infatti, diramando le convocazioni per i prossimi impegni contro Portogallo e Stati Uniti, ha sorpreso un po’ tutti non tanto per la scelta di dare una chance al giovanissimo Tonali o al futuro regista della Juventus Stefano Sensi, bensì chiamando per la prima volta un semisconosciuto dalla Germania che tanto bene sta facendo nel paese teutonico: mi riferisco evidentemente a Vincenzo Grifo. Nelle ultime ore pullulano vecchie interviste e scoop giornalistici su questo carneade mezzo tedesco e mezzo italiano; invito perciò quanti di voi volessero sapere di più sulla sua biografia a leggere uno dei tantissimi articoli pubblicati recentemente sul web. Ciò che più interessa a chi vi scrive è sottolineare un elemento fondamentale: Mancini, a differenza del suo illustre (mica tanto…) predecessore, dà l’opportunità di vestire l’ambitissima e gloriosa maglia azzurra a tutti (ma proprio a tutti!) non lesinando un’occasione anche a chi, detta in tutta sincerità, non se la meriterebbe.

Detto ciò, il nostro c.t. si è dimostrato abile a rintracciare tutti quei giocatori che, sparsi in giro per l’Europa e per il mondo intero, presentino determinati criteri tali da poter rispondere presente ad un’eventuale chiamata della Nazionale di calcio italiana. Un esempio? La convocazione di Sebastian Giovinco per le sfide contro Ucraina e Polonia. La “formica atomica” in forza al Toronto, nonostante non abbia disputato nemmeno un minuto nelle suddette partite, rappresenta la prova provata delle intenzioni del c.t. di Jesi. Mentre l’ex attaccante di Parma e Juventus è italiano fino al midollo, nel mondo esiste un numero enorme di calciatori oriundi – e perciò tra i papabili per la Nazionale azzurra -, dotati delle giuste qualità e prerogative per poter starci in quella rosa. Recenti studi hanno ipotizzato l’impressionante cifra di 80 milioni di oriundi italiani sparsi un po’ dappertutto. Pazzesco! Vuoi che, in mezzo a questi, non ve ne siano di utili alla causa di una Nazionale ammalata come la nostra?

Al netto di quelli già facenti parte della squadra come il duo del Chelsea Jorginho-Emerson Palmieri, andiamo a vedere insieme altri oriundi potenzialmente convocabili. Per motivi legati alla lunghezza di questo pezzo, ne citerò solo alcuni: il più famoso risponde al nome di Luiz Felipe Ramos Marchi. Il difensore di proprietà di Lotito (prestito alla Salernitana e ritorno definitivo alla Lazio) ha generato una vera e propria “battaglia diplomatica” tra le federazioni di Italia e Brasile. Una battaglia destinata a divenire guerra qualora Luiz dovesse continuare a garantire ottime prestazioni difensive. Interessante anche l’italo-argentino Sebastiàn Driussi, pupillo dello stesso Roberto Mancini fin dai tempi dello Zenit San Pietroburgo. Considerando le sue qualità – è una seconda punta tecnica e veloce – l’ex River farebbe molto comodo al suo vecchio mentore. Una curiosità: nonostante abbia vinto – a suon di gol – tutto quello che c’era da vincere con le selezioni giovanili del suo paese d’origine, Driussi non è mai stato convocato per le sfide ufficiali dell’Albiceleste. Motivo per cui il Mancio dovrebbe darsi una mossa a chiamarlo, e non solo per fargli gli auguri a Natale…

Last but not the least, sta spiccando il volo in Ligue 1 l’argentino Emiliano Sala. Questo marcantonio di 187 centimetri per 80 chili, militante nel Nantes, sta meravigliando gli appassionati francesi a suon di gol e prestazioni eccellenti. Sala (evidenti le origini italiane) nasce a Colulù Las Colonias nel 1990 entrando fin da giovanissimo nei radar del Bordeaux, che lo convince a trasferirsi in Gironda quando non ha ancora raggiunto la maggiore età. I primi anni in terra straniera sono parecchio tribolati per il ragazzo che, faticando ad imporsi al Bordeaux, decide di intraprendere la più classica delle gavette partendo dalla terza serie: in due stagioni segna quasi 40 goal con le maglie di Orleans e Niort. Un particolare aneddoto narra che il suo procuratore – Nicolas Higuain, agente e fratello del Pipita – lo abbia proposto con insistenza a diversi club della Serie C italiana, ottendendo tuttavia un’umiliante serie di rifiuti per astruse ragioni. Sono certo che oggi quelle stesse società si staranno mangiando le mani vedendo il campione che è diventato Sala.

“Non sarà un po’ esagerato definirlo campione, Gaetano?”. Questa volta non sono d’accordo con te, mio caro lettore. Come spesso accade sono i numeri a venirmi incontro: quattro stagioni di fila in doppia-cifra con la fosforescente divisa del Nantes; già 10 reti in 11 apparizioni in questo primo scorcio di campionato; ma soprattutto un concentrato di qualità che è difficile trovare tutte assieme in un solo attaccante. Sì perché Emiliano, al netto di un’altezza che lo rende immarcabile nel gioco aereo, vanta un’agilità e un’accelerazione sorprendenti se rapportati ai centimetri che Madre Natura gli ha donato; vedere per credere il gol siglato al Nizza in cui Salagol – soprannome con evidente riferimento all’indolo di Sala, ossia Gabriel Omar Batistuta – ha letteralmente seminato con uno scatto bruciante un difensore avversario. In definitiva, alla luce delle reiterate difficoltà in zona-gol che affliggono gli attaccanti dell’Italia, Roberto Mancini dovrebbe prendere seriamente in considerazione l’eventuale convocazione di questo ragazzo italo-argentino. Che troverebbe nella chiamata azzurra l’occasione giusta per prendersi una rivincita nei confronti di quegli incapaci che anni fa lo scartarano ad un provino col Sorrento Calcio.