Le prime giornate di questa nuova stagione vanno in scena con gran parte dell’attenzione di stampa e tifosi ancora rivolta al mercato.
Arrivati agli ultimi dieci giorni di trattative (finalmente verrebbe da dire) sono due i giocatori che, a detta della stampa specializzata, sarebbero nel mirino della Juventus.
Il primo è Memphis Depay, attaccante che mai del tutto ha giustificato con le sue prestazioni la considerazione che negli anni ha ricevuto da club come Manchester United, Lione e Barcellona. Da almeno una decina di giorni la trattativa per il giocatore olandese sembra sul punto di compiere l’ultimo decisivo passo per rafforzare (si spera) il reparto offensivo a disposizione di Allegri. Ma questo ultimo passo in realtà tarda ad arrivare. Prima mancava l’accordo tra il giocatore e il Barcellona per la risoluzione del contratto in essere, poi alcuni piccoli dettagli tra la Juventus e lo stesso Depay, adesso non si sa bene cosa manchi ma sicuramente resta qualcosa da sistemare.
Al tifoso viene da domandarsi se davvero era il caso di lasciar andare Dybala a zero per poi sostituirlo con un attaccante certamente capace di qualche buona giocata ma che non ha mai dimostrato particolare continuità e attitudine mentale ai livelli più alti. Per prendere un giocatore che sposta poco tanto valeva tenere l’argentino.
L’altro nome ricorrente in questi ultimi momenti di mercato per la Juventus è quello di Paredes. Il regista del PSG, discreto giocatore e niente più, viene indicato da esperti e meno esperti, praticamente all'unanimità, come l’uomo in grado di sistemare in maniera definitiva i problemi del centrocampo bianconero, privo da anni di un regista di ruolo. Forse è meglio non ricordare come, durante la stagione con Pirlo in panchina, gli stessi personaggi indicassero in Locatelli l’uomo da acquistare a qualsiasi costo per colmare quella lacuna. Locatelli poi (e in effetti ad ogni costo) arrivò l’estate successiva ma a quanto pare, coloro che soltanto la stagione precedente ne avevano caldeggiato l’acquisto, hanno in seguito stabilito che il mediano italiano non possiede le caratteristiche per ricoprire quella posizione. Serve Paredes, dicono, vedremo nei prossimi giorni se Paredes effettivamente sarà. A giudizio, assolutamente contestabile, di chi scrive, in questo momento il reparto di centrocampo è l’ultimo dei problemi di Allegri. Comunque, tra acquisti in dirittura di arrivo (forse) e cessioni più o meno sfumate, la Juventus chiude la seconda giornata di questo nuovo campionato in trasferta a Genova contro la Sampdoria.
Dopo le vittorie di Inter, Roma e Napoli, i bianconeri sono chiamati a rispondere alle più accreditate rivali per la corsa verso lo scudetto. Con il solito anticipo sul calcio d’inizio, i canali di comunicazione della società svelano la formazione con cui Allegri ha scelto di iniziare l’incontro. Tra i pali tocca ancora a Perin. In difesa, indisponibile Bonucci per un fastidio muscolare, il tecnico bianconero sceglie di affidarsi a Bremer e Rugani come coppia centrale, mentre da terzini agiranno Danilo e Alex Sandro. In mezzo al campo spazio a McKennie, Locatelli e Rabiot, subito impiegato dopo il trasferimento sfumato al Manchester United. In avanti saranno Cuadrado e Kostic ad ispirare Dusan Vlahovic. Sulla sponda blucerchiata, Giampaolo schiera la sua squadra con un 4231. Audero; Bereszynski, Ferrari, Colley, Augello; Vieira, Rincon; Leris, Sabiri, Djuricic; Caputo; sono gli undici uomini scelti dal tecnico per iniziare la sfida.
Le due squadre, guidate dal direttore di gara Abisso, fanno il loro ingresso in campo mentre “Lettera da Amsterdam”, bellissimo inno della squadra padrona di casa, si diffonde nello stadio. La maglia nera esibita dalla Juventus rievoca nella memoria dei tifosi più anziani il ricordo lontano di una vittoria contro il Real Madrid, al Bernabeu, firmata da Sivori. Il bruttissimo ed inutile inno della Lega, sempre più vuoto e insignificante, chiude tra i fischi il protocollo introduttivo. L’arbitro Abisso può finalmente autorizzare l’inizio dell’incontro.

I primissimi minuti di gioco somigliano ad una fase di studio nella quale si coglie lo schieramento della Juventus, disposta sulle due consuete linee da quattro in difesa e a centrocampo. McKennie è l’uomo deputato a fornire assistenza a Vlahovic in avanti. I ritmi non appaiono altissimi e il gioco viene spesso interrotto da Abisso per punire anche interventi appena oltre il limite. E’ la Samp a rompere per prima gli indugi e a presentarsi pericolosamente davanti a Perin. Sabiri riceve palla sulla sinistra e, con un passaggio rasoterra, trova una traccia verticale verso l’area bianconera. Bremer in netto anticipo, completamente libero, manca un intervento che appariva comodo, lasciando a Leris, bravo ad inserirsi oltre le linee con i giusti tempi, la possibilità di presentarsi solo davanti a Perin. La deviazione del portiere bianconero sul tocco del giocatore sampdoriano è decisiva. Alza la palla quel tanto che basta per mandarla contro la traversa e quindi di nuovo in campo. Per la Sampdoria sfuma quella che resterà l’occasione migliore della partita.
Il pericolo corso, tuttavia, spaventa la Juventus. La squadra di Allegri sembra sbandare per diversi minuti e inizia ad arretrare nella propria metà campo. Va in scena un brutto primo tempo per i colori bianconeri. Gli ospiti hanno una sola grande occasione per passare in vantaggio, intorno al quarto d’ora di gioco, grazie ad un errore di Augello che in disimpegno maltratta un pallone tutt’altro che complicato permettendo a Cuadrado di involarsi verso la porta. Il colombiano entra in area, ignora Vlahovic e Kostic, piazzati meglio di lui, e calcia. Il tiro è forte ma centrale. Audero contiene in due tempi. Vlahovic muove un rimprovero al compagno che non sembra gradire. Sarà questa l’unica vera occasione da gol dell’intera prima frazione di gioco per la Juventus. Gli uomini di Allegri arriveranno di nuovo ad impegnare, si fa per dire, il portiere doriano soltanto con un tiro di Kostic deviato da Ferrari e con una conclusione troppo morbida e centrale di Rabiot, arrivata al culmine di un bello scambio sulla sinistra tra il centrocampista francese e lo stesso Kostic.
Per il resto, il gioco esibito dalla Juventus ricorda in maniera sinistra fin troppe prestazioni andate in scena nel recente passato. Il pallone viaggia lentamente, molto lentamente. La squadra impiega troppo tempo per uscire palla al piede dalla difesa, concedendo alla Sampdoria tutto il tempo per riorganizzare le linee. E’ sufficiente l’accenno di pressione portato dalle punte di Giampaolo per imporre un ulteriore rallentamento ad una manovra che continua ad aggrovigliarsi su se stessa. Nessuno tra gli uomini di Allegri pare in grado di assumersi la responsabilità di tentare una giocata veloce in verticale. 
Controllo e retropassaggio...
Controllo e retropassaggio....
La manovra ristagna così nelle zone difensive juventine
, “risolta” soltanto da alcuni lanci avventurosi per Vlahovic che non raggiungono mai lo scopo. Le due fasce, che pure in alcuni momenti hanno dato la sensazione di essere le zone da cui potrebbero nascere pericoli, vengono poco battute e sempre più spesso centrocampisti e attaccanti juventini si ritrovano a giocare il pallone con le spalle rivolte alla porta avversaria e in situazione di evidente “scomodità”. Diversi errori tecnici e di passaggio inquinano ulteriormente una manovra che lascia già parecchio a desiderare. Senza particolari emozioni si chiude un brutto primo tempo. Le solite chat che accompagnano l’intervallo del tifoso bianconero, decisamente preoccupato per l’andamento preso dalla partita, si scaldano subito. La sensazione diffusa è quella di aver sprecato i primi quarantacinque minuti. Non sono sfuggite le difficoltà mostrate da Bremer, autore di diversi interventi andati a vuoto. Vengono rimarcati i numerosi errori tecnici e nelle scelte di passaggio commessi da tutti i giocatori bianconeri. Non sfugge inoltre il senso di pesantezza trasmesso dalla corsa e dai movimenti degli uomini di Allegri. Che sia preparazione o stagione inoltrata, la squadra corre poco, non ha intensità e finisce per essere spesso sconfitta in fase di contrasto.

Esauriti i quindici minuti di intervallo e riposto su un tavolo il telefono opportunamente silenziato, il tifoso bianconero riprende posto sulla scomoda sedia nel momento in cui le squadre tornano in campo.
Al rientro dagli spogliatoi, Allegri presenta subito una novità. Esce Alex Sandro, autore di una prova modesta, entra De Sciglio. L’intenzione evidente del tecnico bianconero è quella di avere in fase di costruzione un ulteriore elemento capace, in qualche modo, di cercare la giocata in verticale. L’arbitro Abisso autorizza la ripresa della sfida. La Juventus sembra ripartire con più convinzione nel giocare una partita maggiormente propositiva. La Sampdoria inizia gradualmente ad arretrare il suo baricentro. Il pallone adesso viaggia in prevalenza sui piedi dei giocatori bianconeri. Il problema è che la manovra si snoda in maniera sempre troppo lenta. Un faticoso possesso di palla tra gli elementi della difesa che non produce alcun pericolo per gli uomini di Giampaolo. La mossa De Sciglio non pare dare i frutti sperati. Il terzino resta molto bloccato sulla linea difensiva per offrire supporto all’impostazione, anche lui si limita però a passaggi prevalentemente orizzontali. Forse non era nemmeno lecito attendersi qualcosa di diverso. Sono anni che la squadra in quella zona di campo necessità di un massiccio rinnovamento che però, stagione dopo stagione, tarda ad arrivare.
Il primo quarto d’ora scorre invano. Il ritmo, già mai particolarmente sostenuto, inizia a risentire anche delle sempre più frequenti perdite di tempo messe in atto dai giocatori di Giampaolo. Ogni azione si conclude con un uomo vestito di blucerchiato sofferente a terra. Una pagliacciata che non avrà mai fine, almeno finché non verrà introdotta una regola che tenga fuori almeno cinque minuti l’uomo che ha avuto necessità di essere soccorso in campo. Allegri decide che è arrivato il momento di Miretti. Gli lascia il posto McKennie. L’americano esce dal campo al termine di una prestazione non particolarmente brillante nella quale, almeno finché ha avuto energie, ha comunque offerto un valido contributo in termini di quantità. Il giovane Miretti appena entrato mette immediatamente in mostra la sua capacità di giocare veloce e in verticale. E’ lui a strappare palla a Rincon e lanciare in profondità Vlahovic. Il serbo, sul lato sinistro dell’area di rigore, rientra su Colley e serve un pallone invitante all’altezza del dischetto del rigore. Rabiot con il piatto sinistro deposita in rete. La Juventus è in vantaggio. In tribuna, Nedved e Agnelli esultano. L’esultanza del tifoso seduto sulla scomoda sedia è però immediatamente raffreddata dal replay che evidenzia la posizione irregolare di Vlahovic al momento del passaggio di Miretti. Non ci sarebbe nemmeno bisogno di attendere la verifica del Var. Il gol viene annullato.
La partita riprende mentre avanza la sensazione che difficilmente la Juventus riuscirà a trovare la via della rete e quindi a prendere i tre punti. In difesa la squadra non rischia niente, il problema è che in avanti non riesce mai a trovare la necessaria continuità di gioco per mettere in difficoltà l’attento schieramento difensivo predisposto da Giampaolo. Allegri tenta di forzare il destino di una partita ormai indirizzata verso un pareggio deludente per i bianconeri. Inserisce prima Kean al posto di Cuadrado, capace di sbagliare tutte le scelte di gioco quando in possesso del pallone, quindi manda in campo Rovella in sostituzione di Locatelli, andato spegnendosi, anche in maniera molto evidente, dopo un primo tempo tutto sommato discreto. Il giovane centrocampista, liberato tra le linee da Miretti, si presenta al suo personale derby con un destro dalla distanza che si perde sopra la traversa della porta di Audero. Sul capovolgimento di fronte, arriva per la Sampdoria l’unica occasione del secondo tempo. Un’incomprensione tra Miretti e Bremer offre a Verre la possibilità di lanciare Quagliarella, subentrato nei minuti finali a Caputo, verso la porta di Perin. Il tocco a scavalcare il portiere in uscita si perde sul fondo. Le numerose perdite di tempo portano Abisso a concedere sei minuti di recupero. Allegri prova ad invertire Kean, apparso a disagio sulla destra, e Kostic. Dal piede dell’attaccante cresciuto nel vivaio, nasce l’ultima opportunità della partita. Kean, dal lato corto dell’area, evita l’intervento di Leris e Bereszynski e calibra un cross preciso verso il secondo palo dove Kostic si presenta puntuale all’impatto con il pallone. La conclusione del serbo è però centrale. Audero esibisce un ottimo riflesso e salva la Sampdoria dalla sconfitta.
I minuti di recupero si esauriscono. Abisso fischia tre volte. La Juventus non va oltre lo 0-0 sul campo di una Sampdoria sicuramente ordinata e ben disposta da Giampaolo sul terreno di gioco ma che sembrava ampiamente alla portata dei bianconeri. I vari amici presenti sui gruppi di WhatsApp tornano a farsi sentire dopo la partita. L’insoddisfazione per quanto appena visto sul prato di Marassi è tanta. Si percepisce un clima di pesante scontentezza che affonda le radici nell’ultima negativa stagione e in un modo di stare in campo che non presenta il minimo segno di evoluzione. Resta viva la sensazione sgradevole di una squadra arida, priva di idee, incapace di proporre un qualsiasi tipo di giocata in verticale. Una squadra che sembra impostata per avere un solo elemento di qualità e fantasia cui è deputato l’onere di risolvere la partita con una giocata. Fino allo scorso anno l’ingrato compito spettava a Dybala. Quest'anno tocca a Di Maria. Quando viene a mancare questo tipo di giocatore, la squadra sembra non avere nessuna possibilità di accendere una manovra destinata a rimanere piatta per tutti i novanta minuti.
La Juventus continua a giocare di attesa e contenimento, a tentare di controllare la partita per evitare di concedere occasioni da gol agli avversari in attesa che il giocatore sopra la media faccia la differenza. Quando non accade il massimo che possiamo raccogliere è un pareggio.

La squadra di Allegri sembra avvolta in una spirale involutiva capace di trascinare a fondo tutti gli elementi della rosa, vecchi e nuovi. Prima che sul mercato, la soluzione passa attraverso nuove idee, maggiore coraggio nell’affrontare l’avversario, una migliore condizione fisica che permetta alla squadra di sprigionare in campo un’intensità che per gran parte della stagione viene a mancare. Non basta prendere Depay. Non basta prendere Paredes, che con tutto il rispetto non è Pirlo.

LE PAGELLE
PERIN 7
- Chiamato in causa dopo appena cinque minuti, salva la porta e il risultato con l'uscita bassa su Leris. Per il resto della partita la Sampdoria non arriverà più dalle sue parti ma l'intervento iniziale gli vale il premio di migliore in campo per i bianconeri.
DANILO 5,5 - Non bene all'interno di un reparto che non trasmette sensazioni di affidabilità. Dovrebbe essere lui ad alzare il livello dei compagni ma non riesce nella missione. Tanti errori in palleggio.
RUGANI 6 - Fa la sua parte in maniera precisa e ordinata. Bravo e coraggioso ad opporsi di testa ad una conclusione dal limite di Sabiri che rischiava di diventare pericolosa. Ricorre troppo spesso al lancio lungo che finisce nel vuoto. Ma in quel caso è difficile dargli la colpa.
BREMER 5 - Partita brutta. Inizia con lo svarione che libera Leris solo davanti a Perin, prosegue con altri interventi a vuoto e in generale lascia una sensazione di incertezza e apprensione in chi lo guarda.
ALEX SANDRO 5 - Dopo la buona prova contro il Sassuolo, ricade nella solita prestazione piatta, infarcita da una serie infinita di retropassaggi. Ammonito, lascia il campo alla fine del primo tempo. (DE SCIGLIO 5,5 - Entra per dare una mano a far uscire il pallone dalla difesa, riuscendoci a fasi alterne. In avanti non si propone mai).
LOCATELLI 5 - Inizia anche abbastanza bene ma la sua prova è in progressivo calo fino a sparire del tutto dal campo nella seconda parte. Mostra, come gran parte dei compagni, una condizione fisica approssimativa. Lascia il campo nel finale. (ROVELLA 6 - Entra con personalità nei momenti decisivi della partita. Si propone tra le linee, spesso però colpevolmente ignorato dai compagni. Prova anche un'interessante iniziativa offensiva. Sembra un elemento che potrebbe dire la sua nel corso della stagione).
RABIOT 5,5 - Sceso all'improvviso dall'aereo per Manchester, Allegri lo schiera dal primo minuto. Anche lui sembra pagare lo scotto di una condizione fisica che pare non ottimale. Bravo nell'inserimento in occasione del gol annullato, per il resto non si nota il suo peso nella partita.
McKENNIE 5,5 - Dei tre centrocampisti è quello incaricato di giocare più a ridosso dell'area avversaria. Non trova mai lo spunto risolutivo. Cala alla distanza facendosi ricordare solo per il contributo di quantità offerto come sempre alla squadra. (MIRETTI 6,5 - Entra a mezz'ora dal termine e mette in mostra le sue capacità di giocare in verticale e in velocità. Sembra l'unico ad avere nei piedi e nella testa lo spunto per dare una scossa alla manovra).
CUADRADO 5 - Come spesso gli capita, sbaglia tutte le scelte, vanificando per egoismo la migliore occasione avuta dalla Juventus. Il resto della sua partita è una serie di appoggi fuori misura e di scelte di passaggio errate. (KEAN 6 Entra bene nella partita, da una sua iniziativa nasce l'occasione nel finale per Kostic).
KOSTIC 6 -  Sulla fascia sinistra mette in mostra alcuni buoni spunti e alcuni cross che finiscono sprecati nel vuoto dell'area avversaria. Troppo spesso ignorato da una squadra ormai da anni abituata ad imbottigliarsi per le vie centrali.
VLAHOVIC 5,5 - Sempre isolato, viene cercato in prevalenza con palloni lunghi e imprecisi. Ha però il torto di lavorare male le poche palle giocabili avute a disposizione e soprattutto di finire in fuorigioco nell'azione del gol annullato a Rabiot.

ALLEGRI S.V. - Inutile cercare di dare una valutazione ad un tecnico che vede il calcio come un gioco fatto di episodi e nel quale vince chi ha l’uomo in grado di risolvere la partita con una giocata (a quel punto però dovrebbe anche spiegare a cosa serve lui in panchina). Nella brutta partita di Genova, a lui non sono piaciute due corse all’indietro di Miretti e Kean. Accoglie il pareggio fuori casa contro una squadra che lotterà per non retrocedere come un bicchiere mezzo pieno, rappresentato, nel suo mondo, dal non aver preso gol. Poco importa non averne fatti, poco importa aver schierato un centrocampo esclusivamente muscolare (pregio rivelatosi in campo del tutto teorico, viste le difficoltà fisiche della squadra) e un solo attaccante. Rispetto allo scorso anno non si registra il minimo miglioramento. Vedere una partita della Juventus sta diventando ormai motivo di sofferenza. Mancano tre anni alla scadenza del suo folle contratto. Prima o poi passeranno.

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