Chi è un “vero” juventino difficilmente potrà dimenticarsi di Enzo Maresca. D’altronde, eh, eh, come si fa a non ricordarlo? E’ quasi impossibile, almeno per lo scrivente, di seconda pelle juventino e nato in Sicilia, dove l’uomo nasce isola nell’isola e rimane tale fino alla morte.

A distanza di anni, io, porto dentro quel dolce ricordo di quella sua corsa “folle” da funambolo a cuore aperto, con le due dita affusolate e ossute di entrambe le mani in testa a mimare le corna di un toro scattiatu in risposta goliardica all’ex attaccante granata, Marco Ferrante; quest’ultimo - grande centravanti del Torino - autore di quella esultanza gioiosa ed animalesca, ne aveva fatto un vero e proprio marchio di fabbrica. Stagione 2002: Enzo Maresca è ricordato, soprattutto, per un grandissimo gol segnato in uno storico derby della Mole. A quell’impresa memorabile - portatemi pazienza ancora per un po’ - ci torneremo più tardi; In pochi, invece, conoscono la sua epopea calcistica, soprattutto, prima di arrivare alla Juventus, poco più che ventenne. Molti non sanno che il buon Enzo Maresca, nonostante sia cresciuto calcisticamente nelle giovanili del Milan, a 18 anni appena compiuti - dopo una lunga trafila al Cagliari - prese una decisione di “testa” nonché, molto, rischiosa e anticonformista per un ragazzo della sua età. Sette anni più tardi, stagione 2007, l’allora ministro dell’Economia Tommaso Padoa-Schioppa scivolò sulla classica buccia di banana per sfottere e umiliare principalmente i giovani del sud - tutti quelli (i miei amici d’infanzia di cui ricordo di ciascuno i volti, i nomi e i cognomi) senza una prospettiva per il futuro, se non quella di emigrare al Nord, a causa di una politica atta a penalizzare da sempre il sud e le isole d’Italia - che si attardano a lasciare la casa dei genitori: ''La manovra contiene misure come l'aiuto di mille euro l'anno previsto per i ventenni-trentenni che prendono casa in affitto: mandiamo i bamboccioni fuori casa'''.

Infatti, altro che bamboccione, con grande coraggio Enzo decise di fare le valigie e di “emigrare” in Inghilterra; Destinazione Midlands occidentali per indossare la mitica casacca bianca - blu del West Bromwich Albion all’epoca militante in First Division, l’equivalente della nostra serie B. Si lasciò alle spalle - in un tempo relativamente piccolo determinato dal corso incontrollato degli eventi - la sua terra natia con quelle rocce tagliate a picco e i giardini di agrumi cinti da mura. Il giovane Enzo - alla maggiore età appena preso coscienza che del doman non v'è certezza e che per un ventenne il futuro è adesso - scelse la terra dei tre leopardi perché voleva crescere professionalmente e soprattutto calcisticamente, misurandosi umanamente e sportivamente in un'altra cultura - per tanti aspetti molto diversa da quella italiana - allo scopo di potersi affermare e, magari, un giorno diventare un grande calciatore nonché un centrocampista completo. Le qualità del ragazzo si notarono, ben, presto: tutto campista, ottima tecnica di base, grinta e grandi capacità tattiche; caratteristiche molto importanti che gli permetteranno, nel corso della sua lunga carriera, di interpretare entrambe le fasi di gioco. Non è tutt’oro quello che luccica nel mondo platinato del calcio, soprattutto, per chi ha deciso di mettersi in gioco, totalmente, in un nuovo mondo, concedendo anima e corpo al Dio del pallone; Abbracciando croce e delizia di un settore, quello del calcio, dove non è facile emergere da professionista.

Difatti, durante i primi mesi in Inghilterra, il giovane di Pontecagnano Faiano fece molta fatica ad ambientarsi in First Division; era molto giovane e come tutti i ragazzi alle prime armi - la generazione dei bamboccioni nati sollo il segno delle Agenzie Interinali e i contratti a tempo determinato o a progetto - ha dovuto fare, tanta, gavetta prima di sbocciare come una rosa nel deserto. Difatti, prima di poter scendere in campo con continuità, il ventenne salernitano ha fatto molta panchina fino a quando, quasi a metà stagione in corso, il manager del West Bromwich, Denis Smith, gli concesse la fiducia che meritava; lui - da ragazzo sveglio e intelligente qual era - seppe giocarsi benissimo le sue chance. Il ragazzo salernitano si dimostrò capace, grintoso e soprattutto ordinato da un punto di vista tattico. Dal giorno del suo esordio, non lascerà mai più il rettangolo verde e chiuderà la stagione con 22 presenze all'attivo condite da 2 reti messe a segno. La squadra inglese chiuse un campionato anonimo con risultati modesti; l’unica nota positiva di quella stagione sarà, proprio, quel giovane ragazzotto italiano; un frutto, ancora, acerbo nel miglior giardino dei ciliegi. Un frutto per maturare ha bisogno del suo tempo e con l’inizio della stagione successiva, Maresca fece intravedere tutto il suo grande potenziale deliziando il pubblico inglese pagante con le sue giocate di qualità made in italy; Tra le sue qualità principali: carisma, spirito di sacrificio e anche un ottima tecnica di base, merce rara per un ragazzo di quell’età.

Entrerà, definitivamente, nel cuore dei tifosi Baggies quando, durante un match di campionato contro l’Oxford, segnò esultando con una maglietta di Superman mostrata al suo pubblico: i tifosi impazzirono, letteralmente, per quel giovanissimo giocatore italiano che aveva una faccia da “schiaffi”, ma un piede decisamente prelibato. Maresca stava, finalmente, realizzando il suo sogno, del resto I sogni sono come le stelle, basta alzare gli occhi e sono sempre là a ricordarti che non si può vivere senza di essi. Soprattutto, non può vivere senza un maledetto sogno da realizzare un ragazzo del sud che aveva iniziato a giocare a calcio a quattro anni quando frequentava il campo dell’Oratorio dei Cappuccini nel quartiere salernitano del Carmine. Ben presto, a distanza di soltanto due anni dalla decisione di lasciare l’Italia, la grande fama di Maresca si diffuse oltre i confini dell’Inghilterra. L’interesse intorno al ragazzo crebbe a dismisura, tanto che diverse erano le società di calcio interessate ad acquistare il cartellino del centrocampista salernitano.

A spuntarla fu, nemmeno a dirlo, la Juventus di Luciano Moggi che con un assegno da dieci miliardi di lire - anche se c’è chi dice che le cifre furono diverse - lo strappò alla concorrenza e alla squadra Inglese riportandolo in Italia. Venne, però, subito girato in prestito al Bologna in cui disputerà una stagione mediocre -  a causa delle frizioni con il tecnico dei felsinei Francesco Guidolin - per poi fare ritorno alla Juventus di Marcello Lippi. Stagione 2001-2002; Enzo Maresca non giocherà, quasi, mai da titolare nelle grande Juventus del tecnico di Viareggio, ma egli resterà nella storia del club juventino grazie alle memorabili sfide del derby di Torino. Quell’anno, già all’andata, erano accadute cose fantascientifiche, con una Juve avanti di 3 reti - con un rigore clamorosamente sbagliato dal cileno, Marcelo Salas - che si fece, incredibilmente, raggiungere dal Toro che aveva in Ferrante il suo bomber e leader trascinatore; il centravanti del Torino era solito festeggiare i suoi gol portando gli indici sulla testa a imitare le corna di un toro.

In quella serata epica di Febbraio del 2002, dopo il gol del vantaggio siglato da Trezeguet, la Juve subisce una rabbiosa reazione dei granata che, pareggiano neanche a dirlo, proprio, con Marco Ferrante; dopo il gol infilato, il bomber si dirige a “corna spiegate” sotto la Maratona al “Delle Alpi”. Dopo l’incornata violentissima, sulle ali dell’entusiasmo, il Toro passa, addirittura, in vantaggio con Benoit Cauet; La grande Juventus di Marcello Lippi nell’Arena di Torino soccombe all’animale ferito, ma non tramortito nell’animo che reagisce furiosamente al suo possibile carnefice. Il tempo di gioco scorre velocemente, la battaglia sta volgendo finalmente al termine; questa volta l’animale avrà il sopravvento sull’uomo? Manco a dirlo, ci sono ancora due minuti di gioco - quella sconfitta sarebbe stata fatale per le sorti dello scudetto - e quella Juventus era in cima alla catena alimentare.

E fu allora, in quei due miseri minuti di gioco, che accadde l’impossibile e immaginabile: tentativo di cross - quasi disperato - dalla trequarti di Lilian Thuram. Clamoroso, gol della Juventus!  Enzo Maresca con un grandissimo colpo testa sul pallone vagante. E’ un gesto atletico di rara bellezza, un incredibile e innaturale torsione del collo. La palla si infila prepotentemente alle spalle di Bucci - che nulla può, se non accettare la sconfitta personale - sfiorando il palo per un 2 a 2 che fa esplodere il Delle Alpi con i tifosi juventini letteralmente impazziti. Ma lo show di quel derby storico, non finisce con quel goal amaro dal sapore della beffa per tutti i tifosi del toro. Quel giovane vecchio ragazzo di Maresca con tutta l’adrenalina in corpo - a festeggiare il suo primo gol in serie A e con l’infinita sfrontatezza data dalla giovane età - si esibisce in una delle più celebri delle esultanze che rimarrà per sempre nella storia dei derby di Torino. Enzo Maresca corre, come un forsennato, verso la panchina del Toro; davanti a lui c’è Mr. Camolese e di fianco tutti gli uomini della panchina increduli e mortificati dal goal della beffa appena siglato; Uno contro tutti! E il genio di Maresca cosa fa? Gli sbatte in faccia un bel paio di corna “ad indici spiegati” ad imitare nientedimeno che il suo creatore, Marco Ferrante;

E’ il crimine perfetto; E’ il colpo di grazia che il torero infligge all’animale ferendolo a morte. A fine partita - dopo quel gesto goliardico che sapeva tanto di presa di fondelli per gli avversari e tutto il pubblico di fede granata - Enzo Maresca tornò di corsa negli spogliatoi per evitare il peggio protetto da Paolo Montero e compagni, mettendo fine ad una notte che mai nessuno potrà mai dimenticare. Prima di girovagare per l’Italia e il mondo con discreti risultati tra Firenze e Siviglia, per Maresca saranno soltanto tre le stagioni disputate in bianconero con un bottino di cinquantotto presenze e sei reti in totale. Numeri che non dicono più di tanto, ma non c’è juventino che alla sola pronuncia di Maresca non gli ritorni in mente quella corsa superba in mezzo al campo verso la panca granata con le dita “cornute” sulla testa. Gesto che gli concederà il diritto di ottenere per sempre un posto nel Jmuseum e nel cuore dei tifosi bianconeri. Del resto, Enzo Maresca è stato l’unico uomo che riuscì nell’impresa di prendere il “toro” per le “corna” o più semplicemente, come sosteneva Ernest Hemingway: L’unico artista a cui è stato lasciato l’onore dell’esecuzione del povero animale, il toro.  

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