Oggi, 11 Agosto - a pochi giorni dall’inizio del campionato - possiamo certificare che il “mercato creativo” anticipato da Marotta sembra esserci stato. Giuseppe Marotta, detto Peppe da Varese, aveva promesso di completare la rosa entro luglio ed è stato un uomo di parola. Sono arrivati Onana (dall'Ajax a parametro zero), Mkhitaryan (dalla Roma a parametro zero), Lukaku (dal Chelsea con un prestito di 8 milioni), Asllani (dall’Empoli con un prestito di 4 milioni di euro con obbligo di riscatto fissato a 10 milioni) e Bellanova (dal Cagliari con un prestito a 3 milioni con diritto di riscatto fissato a 7). In totale, alla voce entrate, fanno 15 milioni (8 + 4 + 3).

Nella voce cessioni, altro piccolo capolavoro di Marotta, l’uomo della provvidenza e dei fatti. Pinamonti - ex attaccante dell’Empoli nella precedente stagione andato in doppia cifra con ben 13 marcature, di cui una decisa all’83’ contro il Napoli - è stato ceduto al Sassuolo per circa 20 milioni di euro. Tolgono il disturbo, alleggerendo sensibilmente il monte ingaggi, Alexis Sanchez e Arturo Vidal, entrambi con una risoluzione contrattuale del contratto. Sono andati via, in quanto svincolati, vecchie glorie nerazzurre come Andrea Ranocchia al Monza di Galliani, Ivan Perisic al Tottenham del suo mentore ed estimatore, Antonio Conte e, infine, Matias Vecino a rinforzare il centrocampo della Lazio di Mr. Sarri. L’unico addio che si può definire, poco più di, un mezzo rimpianto è certamente quello del croato Perisic. Detto questo, stiamo parlando, sempre, di un calciatore a fine carriera dall’alto delle sue 33 primavere. Un divorzio necessario anche perché sulla fascia sinistra, nel mercato di riparazione di Gennaio 2022, l’Inter aveva fatto un investimento molto importante, Robin Gosens; il centrocampista della nazionale tedesca è stato strappato all’Atalanta per una cifra vicino ai 15 milioni di euro. Quest’anno, il tedesco dovrà dimostrare tutto il suo valore e di valere quella cifra per non far rimpiangere il suo ex compagno di ruolo, Ivan il terribile. Tra le cessioni remunerative si segnala Andreaw Gravillon allo Stade Reims per una cifra vicino ai 3,5 milioni di euro e il portiere Michele Di Gregorio al Monza per 4,5 milioni di euro. In totale alla voce di bilancio uscite, fanno circa 28 milioni (20 + 3,5 + 4,5).

Il monte ingaggio dei nerazzurri è stato alleggerito attraverso i prestiti di Stefano Sensi al Monza e il giovane enfant prodige, Sebastiano Esposito all'Anderlecht. Nella stagione 2021/2022 l’Inter aveva il secondo monte ingaggio maggiore della Seria A - dopo quello della Juventus - con oltre 130 milioni di euro.  Secondo il sito di www.interdipendenza.net, dai dati elaborati da Salvatore Impusino il monte ingaggi stimato per la stagione 2022-2023 sarà di circa 126.480, minore rispetto a quello della stagione 2021-2022 che era di circa 137.319. Infine, lasciano definitivamente Milano, sponda nerazzurra, Aleksandar Kolarov (fine carriera) e Felipe Caicedo (fine prestito). Tanto di cappello per il buon Beppe perché tra i parametri zero, cessioni, risoluzioni contrattuali e prestiti, l’Inter ha ottenuto di più di quanto ci si potesse attendere anche perché continua a tenere banco la situazione societaria dell'Inter, in difficoltà economiche. La differenza tra entrate e uscite, ha portato un bel tesoretto a favore dell’Inter. Tesoretto che però non verrà utilizzato per acquistare altri calciatori (Dybala e Bremer sono due esempi lapalissiani dell’operato dell’Inter di Marotta) - come abbiamo accennato - a causa delle difficoltà economiche della società capitanata dai Suning. Se non dovesse essere ceduto nessuno, l’Inter manterrebbe l’ossatura dell’anno scorso con un Lukaku in più. Vallo a buttare! Allora quale giudizio dare al mercato di Peppe Marotta? Complessivamente il mercato di Marotta è stato molto parsimonioso, ma allo stesso tempo altrettanto intelligente. Pochi colpi di mercato, ma tutti rivolti a rinforzare la rosa rispetto a quella dell’anno scorso. Sulla carta l’Inter parte come seconda forza del campionato - dietro i campioni d’Italia del Milan di Pioli - forte del secondo posto in classifica, del migliore attacco e della seconda migliore difesa della stagione 2021-2022 con soltanto 32 marcature subite. 

Ai numeri eccellenti della passata stagione, culminata da un harakiri leggendario a Bologna degno soltanto di quello del 5 maggio 2002, si deve aggiunge il ritorno di Lukaku, sul quale in pochi avrebbero scommesso un euro. E adesso che si fa? Prima di passare all’azione è obbligatorio fare una doverosa premessa; Al giorno d’oggi, la creatività è intesa come la capacità di risolvere problemi (problem solving dicono gli anglosassoni) laddove sembrano non esserci soluzioni. In realtà è una parola antica, che deriva dal sanscrito (kar-tr) e più o meno significa “colui che fa dal nulla”. Nel caso dell’Inter, “il nulla” sarebbe l’assenza di un qualsivoglia supporto economico da parte dei Sunning che, a causa delle restrizioni imposte dal governo cinese, sono impossibilitati a investire all’estero in un settore considerato non strategico per il Paese. Marotta ha quindi lavorato entro margini ristrettissimi, acquisendo profili di vario tipo e creando un buon mix tra esperienza e gioventù, ma possiamo parlare di creatività in senso stretto? Ora viene la parte più difficile perché un atto, per dirsi assolutamente creativo, deve necessariamente provenire da un gesto metafisico capace di dare forma all’essere dal niente. Senza scomodare Parmenide, basterà citare il detto latino Ex nihilo nihil fit, che significa “nulla viene dal nulla”. L’astuzia marottiana è stata quella di far credere che un prodigio nel mercato fosse possibile e, al contempo, preannunciare che alcuni pezzi da 90 potevano partire da un momento all’altro. Questa non è creatività, ma autofinanziamento! Sono ormai due stagioni che si procede in questo modo e all’orizzonte non sembrano esserci investitori volenterosi in grado di risanare una situazione non grave, ma seria, molto seria. Se la presunta creatività comporterà l’uscita di elementi il cui valore trascende quello economico, si tratterà di un ulteriore depotenziamento rispetto all’anno dello scudetto. Per ora la coperta resta corta ed è chiaro a tutti che, se si vuole aggiungere, sarà prima necessario togliere, perché nulla viene dal nulla e tutto si trasforma e si rigenera, talvolta in meglio, talvolta in peggio.

Sabato 13 agosto l’Inter affronterà la prima gara ufficiale della stagione 22/23. Inzaghi ha puntato su una preparazione casalinga, con spostamenti circoscritti, nessuna estenuante tournée intercontinentale e carichi di lavoro commisurati al tour de force che contraddistinguerà i primi mesi del campionato. L’approccio sembrava quello giusto, eppure, le amichevoli hanno messo in evidenza criticità di un organico che, a due giorni dalla trasferta di Lecce, sembra aver perso solidità difensiva e compattezza, ma soprattutto un’identità di gioco precisa. È calcio estivo, certo, ma anche sabato prossimo - punti a parte - lo sarà. La squadra che scenderà in campo a Lecce non potrà essere molto diversa da quella che il 6 agosto ha perso per 2-4 contro il Villarreal: un’Inter spaccata in tre blocchi, reparti disuniti, incognite di mercato e un certo rammarico nel constatare che l’idea di un calcio più verticale è in via d’archiviazione al fine di trovare una collocazione tattica a Lukaku. Probabilmente, Il belga, riaccolto a braccia aperte dopo appena un anno dall’infelice stagione in Premier, si aspettava di trovare la stessa Inter dell’era Conte. In realtà, nella passata stagione, Inzaghi ha lavorato a soluzioni tattiche innovative - aggiungerei anche più divertenti - e meno orientate all’uso delle fasce e dei lanci lunghi come armi privilegiate per andare a rete. Ma passiamo all’ultima amichevole disputata dai nerazzurri. Per onore di cronaca, va ricordato che Inter-Villarreal si è giocata all’Adriatico di Pescara, un vero e proprio campo di patate, una brutta cartolina dall’Italia. Il terreno pesante ha limitato oltremodo il calcio d’Inzaghi, che si è trovato davanti una squadra più arcigna e preparata dal punto di vista tattico. Va anche detto che molti uomini (Skriniar e Bastoni su tutti) hanno iniziato la preparazione in ritardo rispetto al resto del gruppo, ma al di là di queste legittime “scusanti” non si può non affrontare quello che resta uno dei temi più caldi della stagione alle porte: Lukaku era proprio necessario a questa Inter? Il giocatore non si discute. È, e resta uno dei più forti nel suo ruolo: quello che una volta si chiamava “attaccante boa” e che oggi, molto più elegantemente, viene spesso definito “fulcro del gioco”. Il tema ruota attorno alla compatibilità di Romelu con un allenatore che predilige lo sviluppo della manovra partendo dalla difesa per poi ricercare linee di passaggio rapide, atte a colpire in velocità, senza ricercare troppo le sponde e un gioco posizionale da parte delle punte. Il belga, per dirla con le parole di Marotta, è stata una bella opportunità di mercato, eppure, permangono dei dubbi sulla sua utilità in un contesto che avrebbe certamente giovato a giocatori più dotati sul piano della corsa e dell’uso dello spazio in profondità.

In troppe occasioni, Big Rom ha giocato “a modo suo”, cioè spalle alla porta, a protezione della sfera, ma non è stato accompagnato da un movimento adeguato dei compagni, che avrebbero dovuto allargarsi per giocare di sponda, anziché accentrarsi e intasare le vie verticali soffocando la manovra. Analizzando le gare, dal match di Lugano a quello di Pescara, Lukaku ha rallentato il giropalla interista e imposto la sua fisicità come tema unico per l’attacco, insomma, il Re è tornato e ha restaurato le sue leggi. Eppure… Se la montagna non va da Maometto, Maometto va dalla montagna. Tradotto: o Inzaghi si adegua al gioco del belga o viceversa, ma entrambe le mosse mettono in luce un’aporia, un problema insolubile. Il rischio è quello di snaturare il giocatore per la squadra, o che la squadra perda la propria identità in funzione di un solo giocatore. Un altro tema che merita attenzione riguarda l’intero impianto difensivo, ancora incompleto e per certi versi involuto rispetto alla passata stagione. Skriniar e Dumfries restano al centro del mercato e al momento mancano le risorse per investire su un sostituto di Ranocchia… di Ranocchia eh! Con tutto rispetto, ma non stiamo parlando di Beckenbauer. La corsia mancina è orfana di Perisic, un giocatore in grado di saltare l’uomo e sfornare assist a profusione. Al suo posto c’è un Gosens ancora lontano dalla condizione sfoggiata a Bergamo e un Dimarco (sempre più Jolly d’Inzaghi) che mediamente dribbla 0.3 volte a partita, un’inezia per un quinto di spinta. Sulla corsia destra, resta inoltre da definire il futuro di Dumfries e, qualora partisse, si dovrà necessariamente investire per un sostituto all’altezza dei sui 5 goal e 7 assist stagionali. Infatti, con un Darmian in là negli anni e un Bellanova ancora troppo acerbo - specialmente in fase difensiva - la corsia rischia di subire un pesante ridimensionamento e diventare uno dei punti deboli della formazione. Un’altra incognita dell’Inter 22/23 (invero più mediatica che concreta) riguarda il presunto dualismo tra Handanovic e Onana. Soltanto presunto perché, se è vero che lo sloveno partirà titolare, nei piani del mister c’è l’inserimento graduale dell’ex Ajax, che è parso in ottime condizioni fisiche e sta approcciando la nuova esperienza con un’energia e una grinta trascinanti per il gruppo.

Certo, la brutta prestazione di Handanovic contro il Villareal ha sollevato malumori tra i tifosi nerazzurri, che fremono all’idea di vederlo relegato alla panchina, ma attenzione: al momento è il portiere più autorevole per comandare la difesa, mentre il camerunese - estroso ed eccentrico - dovrà conquistarsi poco alla volta il diritto di spodestare Samir tra i pali. Fermo restando che ci sarà ancora tanto da lavorare sul piano atletico e tattico, le sensazioni pre-stagionali mi portano a dubitare su diversi aspetti, ma ciò non toglie valore a una rosa che ha tutte le risorse per competere al titolo. Il mercato può ancora alterare la fisionomia di questo gruppo, ma può anche rappresentare opportunità. Ciò che conta, è definire il prima possibile un undici di partenza per evitare terremoti e scosse telluriche equilibranti a campionato già iniziato.

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