Nebbia, non si vede altro che nebbia. Ma cos'è? Lì, laggiù c'è una luce! Una luce fioca risplende come un cero nella buia notte di Natale. Una piccola fiamma ma sufficiente a riscaldare e ad illuminare il mio cuore oscuro. Ma dove sono? Il mio corpo sembra aleggiare a mezz'aria, in bilico tra la terra dei vivi ed il cielo degli spettri. Niente ha colore, tutto è grigio e senza vita... ma tutto cosa? Non c'è niente lì intorno. L'unica luce è quella piccola e soffocata fiammella di speranza. Mi incammino verso di essa ma scopro che è molto difficile. Il mio corpo impacciato si muove a stento circondato da soffici nuvolette grige come la pietra ma al tempo stesso bianche come la morte. Pensieri vari assediano la mia mente e sembrano pungermi il cervello con tante piccole picche cercando in tutti i modi di attirare la mia attenzione io però, imperterrito, come in una sorta di trance continuo ad arrancare tra la barriera inesistente di vapore. Una voce risuona dall'alto: "Oh narrami o musa!" Una voce roca, potente come un rombo di tuono che squarcia quella fitta cortina di silenzio intorno a me. Io mi volto verso la provenienza del suono. "Narrami di quella volta in cui sconfiggendo i nemici entrai nell'Olimpo!" Io mi faccio coraggio e mi avvicino ancora di più. Una voce femminile comincia a cantare dolcemente in una lingua a me sconosciuta, alterna melodiche ed inquietanti note basse ad acuti penetranti ma senza mai stonare e senza mai lasciare il tracciato della melodia suadente. Quella serie di suoni nuovi mi attraggono come una calamita, il canto da lieve diventa sempre più forte fino a diventare quasi lirico. Mi avvicino ancora di più con un senso di ansia crescente dentro di me. "Chi sei?". La mia voce suona strana, distorta anche alle mie orecchie. D'un tratto un terrore atterrante mi afferra le viscere ed indietreggio di qualche passo. La cantastorie tace, tutto tace. L'eco di quella sola domanda, così semplice, così innocua sembra rimbalzare su pareti invisibili di nebbia. Nessuno fiata. Tutto tace. "La calma prima della tempesta". Penso io tra me e me sempre più terrorizzato. "Chi osa disturbare il grande Mo?" La voce roca e profonda torna a squarciare il silenzio. "Fatti avanti cucciolo d'uomo! Dimmi chi sei!" Io con diffidenza e tutti i sensi in allerta al minimo segno di pericolo mi dirigo verso la sempre più vicina lucina bianca. Tutto d'un tratto la nebbia si dirada e mi trovo davanti un ometto non più alto di me, con lunghi capelli ricci acconciati a mo di "cespuglio" ed una folta barba nera curata ed arricchita da qualche pelo argentato. Gli occhi scuri dell'uomo sono di un nero disarmante, sembrano l'entrata di una fossa senza fine. Mentre passano su di me con sguardo indagatore mi sento come nudo, senza nessuna protezione. È come se lui riuscisse in qualche modo a capire il mio stato d'animo, mi sembra che mi stia scandagliando la mente ed il cuore con una facilità tale da farmi rimanere paralizzato dalla paura. L'uomo che ha detto di chiamarsi Mo, siede su un grande seggio imbottito di cuscini senza schienale, molto simile a quelli usati dagli antichi romani. Indossa una tunica rossa con ricami dorati che vanno ad intersecarsi formando segni e simboli a me sconosciuti. Alla sua destra, seduta su un pavimento di soffici nuvole siede una donna, tutta coperta dalla testa ai piedi da un grande manto di lino rosso anch'esso impreziosito da una pioggia di perle bianche e lucenti. L'unica parte del corpo della donna visibile sono gli occhi: neri come la pece, ma saggi ed al tempo stesso giovani ed inesperti. Provo una strana sensazione a guardarla, una specie di brivido lungo la schiena. Stanno seduti accanto ad un piccolo braciere, simile a quello degli antichi fari. È quello ad emanare la fioca luce bianca. Entrambi hanno la pelle olivastra tipica delle popolazioni del nord Africa. Il mio cervello ritorna improvvisamente a funzionare quando ai piedi dell'uomo noto una palla. Una palla di stracci, ma pur sempre una palla. Ora che ci penso l'ho già visto questo qui... un suono stridulo e acuto interrompe il mio ragionamento ed io sono strappato da quel mondo senza colori con un brutale squillo di campana: La campanella della scuola.

"Catto! Catto!" Una voce risuona al di sopra del frastuono della campanella. Io apro gli occhi anche se con fatica. Ho la testa appoggiata sul banco, non ricordavo di essere mai andato a scuola... o forse sì? Lorenzo, il mio compagno-di-banco-a-distanza continua a ripetere il mio nome. "Che c'è?" Riesco a dire con la voce roca e la gola secca. "Oh! Sei lì da due minuti! Mi hai fatto prendere uno spavento!" Ha un tono abbastanza angosciato che in qualche modo mi conforta. Lo conosco da poco Lorenzo, ed ora ho già la prova che è nata una nuova amicizia. Io mi raddrizzo piano, assonnato. "Ma mi sono addormentato?" Gli chiedo come se addormentarsi in classe fosse la cosa più normale del mondo. Lui mi guarda: "Pensavo fossi svenuto". Io annuisco piano, poi gli chiedo che ore sono. Mi dice che sono le 12:25. Saremmo dovuti già essere fuori da scuola... com'è possibile? Che fossi realmente svenuto? Lui mi aiuta ad alzarmi dalla scomoda e scricchiolante sedia di legno, prendo lo zaino e ci avviamo verso l'uscita. Piano piano, pedalando un po' alla volta riesco ad arrivare a casa che sono di nuovo bello fresco e arzillo. Ancora non mi spiego quello che è successo, nella mia mente la visione del grande Mo continua a balenarmi vivida davanti agli occhi. Ora ho capito chi era quell'uomo. Conosco solo una persona con quei lineamenti: Mohamed Salah.

Lo sapevate che Momo Salah potrebbe essere stato italiano? Già, più precisamente sardo. È nato a Cagliari per poi tornare in Egitto con la famiglia. Un viaggio non comune al giorno d'oggi visto che la principale rotta è quella opposta. Si può dire che l'Italia ha rinunciato ad un piccolo ma grande Titano del calcio. Un giocatore, in grado di cambiare la storia della sua nazione, un giocatore a cui è stato dedicato il nome di una nuova specie di formiche... non so se questo può essere definito un onore però il gesto è molto bello. È con una palla di stracci che il piccolo tira i suoi primi calci, scalzo, in mezzo alla strada come un qualunque altro bambino povero. Un bambino che però non era come tutti gli altri, lui era speciale. Lo capirono subito gli allenatori del Cagliari che gli garantirono un posto nelle loro giovanili. Per Momo è un sogno, lui che si è innamorato follemente di quel bizzarro sport in cui contano più i piedi che le mani, ora può diventare un professionista. Il suo è un desiderio muto, che non ha voce se non le sue spettacolari giocate. Tutto quello che la gente vede di lui è un piccolo ragazzino straniero con un talento smisurato nel giocare a calcio. Per i suoi genitori però le esigenze sono altre. Non sanno come mantenere la famiglia e decidono di tornare nel paese d'origine: l'Egitto. La terra dei faraoni e delle piramidi. Un posto dai milleuno affascinanti misteri e da altrettanti pericoli. Il Nilo serpeggia placido nel suo letto solcato da barche grandi e piccole. Il piccolo Momo le guardava quelle barchette, in preda ad un irrefrenabile tristezza. L'avevano strappato dal suo mondo: il calcio, ed ora il suo sogno di diventare professionista si stava sempre di più affievolendo. Ma poi qualcosa si risveglia in lui, sente la voglia di tornare a giocare ed entra a far parte delle giovanili di una squadra professionistica con la quale esordisce a soli 18 anni nel massimo campionato egiziano. In due stagioni mette in mostra tutto il suo potenziale, con giocate mirabolanti e goal nel set. Per tutti ormai è chiaro che è nata una stella. Questo gli occhi di falco del Basilea non se lo fanno sfuggire ed infine riescono a portare il giovane fuoriclasse in Svizzera. Ancora una volta Momo è costretto a lasciare tutto ed a partire verso un futuro incerto ed un presente ancora di più viste le sue condizioni economiche. Con gli svizzeri però non riuscì a sbloccarsi arrivando ad un punto morto della sua carriera. Nessuno sembrava voler puntare più su di lui, da giovane fuoriclasse era diventato in poco meno di due anni un esubero ingombrante. Ancora prima di cominciare, la sua carriera da professionista stava già capitolando sotto i colpi dell'incertezza. Solo un club sembrava essere disposto a puntare su di lui è non era certo il Basilea.
Il Chelsea decise di acquistarlo a titolo definitivo puntando tutto su quel ragazzo dal talento cristallino ma dal carattere timido e riservato. Dopo appena una stagione i Blues lo cedono in prestito con diritto di riscatto alla Fiorentina. Con il Chelsea Momo mise insieme il magro bottino di 13 presenze e due misere reti.
Con i viola il suo rendimento non è migliore, infatti trova poco spazio e su 16 partite disputate mette a segno solo 6 goal. Così la stagione successiva viene acquisito dalla Roma che è in cerca di un altro attaccante per sostituire l'ormai prossimo alla pensione Francesco Totti.
Momo rimane nella Capitale per soli due anni, ma diviene presto un perno fondamentale dell'attacco giallorosso. Il suo numero realizzativo schizza verso l'alto ad una velocità pazzesca. Uno dei più grandi talenti incompresi della storia del calcio era finalmente esploso. In molti notarono la crescita esponenziale del ragazzo tra cui il Liverpool che voleva rialzarsi dopo le ultime stagioni negative. Salah lascia così Roma lasciando la città che tanto amava per giocare a Liverpool, in Inghilterra. La terra della pioggia, della nebbia che in quest'ultimo aspetto somiglia un poco alla nostra Pianura Padana.

Piccola parentesi riguardante il mio Milan nonché nota positiva della mia vita: ZLAAAAAATAAAAN IBRAAAAHIMOVIC ha segnato contro lo Shamrok. Sono sollevatissimo perché si presentava una sfida ostica ma sono contento, per adesso. Speriamo che i ragazzi non abbiano un calo... ma torniamo al nostro racconto.

Dov'ero rimasto? Oh giusto!
Salah passa quindi ai Reds che accolgono il fuoriclasse egiziano a braccia aperte e dopo aver sborsato l'ingente cifra di 50 milioni di euro per portarlo in Inghilterra non potevano fare altrimenti... Momo sceglie la casacca numero 11 che aveva indossato anche da giallorosso. Ormai è diventato il suo numero, è parte di lui. Togliere a Salah l'undici sarebbe come togliere la mozzarella alla pizza: una tristezza. Comunque dopo l'arrivo di Jurgen Klopp sulla panchina dei Reds il talento cristallino di Momo sboccia come una rosa in piena primavera pervadendo tutto Liverpool con il suo aroma inconfondibile. Un talento che ha superato il carattere timido e riservato del ragazzo e che lo ha portato a diventare un leader, sia per il Liverpool che per la propria nazionale. Proprio quella nazionale che ci ha strappato uno dei più grandi campioni della storia del calcio, che seppur di piccola statura, in campo fa apparire dei lilliputziani perfino giganti come Pogba o Van Djik. Un talento senza pari per una nazione che non ha mai avuto grandi calciatori, ma soprattutto un grande esempio di umanità e di duro lavoro. Perché è solo con il lavoro che si va avanti e questo Momo lo ha già capito da molto tempo.
In due anni partecipa a ben due finali di Champions vincendone una: quella del 2019. Una squadra che lo ha fatto crescere e lo ha fatto giocare finalmente agli altri livelli che gli spettano. Ora i Reds sono la compagine più forte e più in forma di tutta la Premier League ma anche il suo rendimento sta calando. Le inglesi iniziano a perdere colpi e Salah è ormai l'unica stella, l'unico faro ancora luminoso.

Ma come si è arrivati ad oggi? In che senso? Nel senso che il Liverpool pur avendo campioni del calibro di Salah come tutte le compagini inglesi del resto, sta perdendo colpi. Beh c'è una sola spiegazione a tutto questo: dopo anni di sole, in Britannia è tornata ad abbassarsi la nebbia, una nebbia che tutto circonda e a cui nulla sfugge... nulla tranne il grande Mo. Lui che è l'ultimo faro tra la nebbia britannica. Lui che è l'unica stella che ancora brilla nel firmamento inglese.
Questa è la storia dell'unico faro tra la nebbia britannica: Mohamed Salah.