Alzi la mano chi ha mai sognato, o magari sogna ancora, di fare da grande il calciatore…ok, potete abbassare la mano, era per dire. Lo so che quasi ognuno di noi, anche se per poco tempo, ha coltivato l’ambizione di raggiungere il livello dei propri idoli calcistici: per qualcuno Pelè, per altri Gianni Rivera, altri ancora Diego Armando Maradona, fino ad arrivare a Totti, Del Piero, Messi e Cristiano Ronaldo. Insomma, qualunque amante di questo sport ha in camera il post di almeno uno di questi straordinari campioni, e nel cassetto il desiderio, un giorno, di diventare come loro. E se questo un giorno accadesse? Non fraintendetemi, non voglio dire che tutti noi potremmo diventare calciatori, sarebbe un’affermazione alquanto folle, ma in realtà volevo intendere proprio quello. Se avessimo a disposizione un dispositivo con le stesse funzioni di quello utilizzato da Leonardo Di Caprio nel film di Cristopher Nolan, “Inception”, capace di farci entrare all’interno dei nostri sogni, vivendoci, se possibile, anche per diverso tempo, potremmo diventare dei campioni, per un periodo di tempo limitato, sia chiaro, ma potremmo provare quella sensazione. E allora mi domando, ognuno di noi, come reagirebbe? “Io resterei per tutta la vita nella mia squadra del cuore, come Totti e Maldini”, direbbero i più sentimentali, “Io ostenterei in ogni modo le mie capacità, infischiandomene dell’amore per la maglia, guardate Ibra e Ronaldo”, penserebbero i più egocentrici, poi ci sarebbe una categoria, quella dei cosiddetti umili, che magari, piuttosto che alla ricchezza e al successo, punterebbe ad altro, magari ad una vita normale, con il desiderio di usare la propria fortuna per aiutare il prossimo. Già, facile a dirsi, sono tanti i calciatori che fanno beneficienza, ma chi avrebbe mai il coraggio di privarsi della possibilità di vivere una vita agiata e nel lusso, anche se in un sogno, con dei soldi che guadagna onestamente? Ve lo dico io, nessuno. E chiudo l’articolo. Alla prossima!

In realtà qualcuno c’è, a dir la verità anche più di qualcuno, ma mi voglio soffermare su di uno dei migliori calciatori attualmente in circolazione, capace di vincere tutto con il proprio club, nonché di finire in lizza per il premio più ambito a livello individuale: il Pallone d’Oro. Se avete letto il titolo saprete che il calciatore a cui faccio riferimento è l’attaccante del Liverpool e della nazionale senegalese, Sadio Manè. Per chi non lo conoscesse, suppongo in pochi, se non nessuno, oltre a quello che vi ho appena detto, aggiungo che Sadio Manè ha da poco compiuto 28 anni, dunque è all’apice della carriera, gioca nel ruolo di esterno sinistro nel tridente di Jurgen Klopp insieme a Mohammed Salah e Roberto Firmino, ed è valutato, secondo Transfermark, 120 milioni di euro, mentre ne percepisce circa 5 netti a stagione. Sembrerebbe la descrizione di molti altri professionisti di questo sport, che utilizzano una parte del loro stipendio milionario per delle opere di beneficienza, atte ovviamente anche a migliorarne l’immagine, non nascondiamoci.
Ma Sadio Manè è diverso: per intenderci, durante il pre-partita di una gara di Premier League è stato immortalato, per caso, con in mano un telefono visibilmente danneggiato dalla parte dello schermo. Alzi adesso la mano chi di voi ha attualmente un telefono scassato, anche se non eccessivamente. Probabilmente più persone di quelle che volevano fare i calciatori da bambini. Ma parliamo di un multimilionario, che ci metterebbe un attimo a sostituire il proprio cellulare con uno “sano”, e magari dell’ultimo modello disponibile, e probabilmente lo ha anche già fatto, perché la foto non è recentissima, ma non è questo il punto.
“Perché dovrei volere dieci Ferrari, venti orologi con diamanti e due aerei? Cosa faranno questi oggetti per me e per il mondo? Ho avuto fame, ho lavorato nei campi, sono sopravvissuto a tempi difficili e ho giocato a piedi nudi, senza avere il privilegio di andare a scuola. Oggi, con quello che guadagno, posso aiutare le persone”.

Queste dichiarazioni ci aiutano a comprendere quale sia lo spirito di quest’uomo, e il motivo del suo impegno sociale. Potrebbe sembrare il frutto di una campagna di miglioramento dell’immagine, ma non lo è assolutamente: Sadio non ambisce alla notorietà o all’approvazione politica, tutto ciò che fa lo fa, come spiega, per aiutare il mondo, in una logica secondo cui chi guadagna molto più di qualcun altro prova ad equiparare il gap attraverso una sorta di appaiamento fiscale. Molti vorranno le prove di questa giustizia disinteressata: d’accordo, sono qui apposta. Nel 2018, in un’intervista al Telegraph, racconta del suo impegno per finanziare la costruzione di una scuola in Senegal, chiedendo però al cronista di non diffondere la notizia, che trapelerà comunque qualche tempo dopo, insieme a quella dei sovvenzionamenti per un ospedale, e quelli di 70 euro mensili per le famiglie bisognose del suo paese.

“Ero in moschea e ho incontrato un mio grande amico. L’ho invitato per un tè a casa mia dopo la preghiera e mi ha detto di no, perché doveva pulire i bagni della moschea per lavoro. Gli ho risposto che l’avremmo fatto insieme. In quel momento qualcuno ci ha ripreso e gli ho chiesto di non mettere il video su internet. Ha giurato che non l’avrebbe fatto, ma il giorno dopo era tutto online. Non è stato molto serio”.

Probabilmente anche voi vi sareste comportati nello stesso modo dell’amico di Manè, dopo esservi trovati intenti a pulire dei bagni in sua compagnia, ma di certo non avreste fatto lo stesso, nei panni del calciatore del Liverpool, pensando alla vostra attuale condizione, e non a quella passata. Manè invece si sente un uomo normale, non ha dimenticato da dove viene, ne è orgoglioso, ed è ancora profondamente legato a quella sua fase della vita, quasi come se il successo sportivo non abbia tracciato un solco, ma sia del tutto collegato alle sue origini.

“Di solito mi alzo presto ogni giorno, poi mi faccio subito una doccia e prego. Doccia e preghiere. La stessa routine, ogni giorno”.

Quest’ultima in realtà nemmeno sarebbe una citazione, ma è la routine propria di milioni di uomini al mondo, lavoratori umili, che si alzano ogni mattina per portare avanti la propria famiglia. Ed è anche questo, oltre all’impegno sociale, a colpire, di Sadio Manè, il suo essere una persona comune, il suo comportarsi, quasi inconsciamente, come se non fosse al corrente di essere un calciatore, un uomo ricco e famosissimo, come ognuno di noi, in maniera semplice e genuina. I riflettori sembrano quasi infastidirlo, come hanno dichiarato spesso i suoi compagni.

La sua carriera è stata costantemente in salita, caratterizzata da umiltà e dedizione: dopo aver cominciato in Francia, con la maglia del Metz, alla retrocessione del club si trasferisce nel Red Bull Salisburgo, squadra alla costante ricerca di talenti. Lo sbarco in Premier League avverrà dopo sole due stagioni, in cui a rimanere colpito dal suo talento sarà un certo Jurgen Klopp, che in quel periodo sta dando spettacolo in quel di Dortmund. Il connubio sarà rimandato di soli due anni, quelli trascorsi con la maglia del Southampton, in cui, a dir la verità, Manè sembra un ottimo calciatore, ma non un fuoriclasse, come mostrerà ad Anfield, scatenando anche feroci critiche per l’esborso ritenuto esagerato. Sadio dimostra subito di che pasta è fatto, rivelandosi super decisivo per i Reds, passando talvolta in secondo piano rispetto a compagni maggiormente celebrati come Salah o Van Dijk, nonostante prestazioni straordinarie, come quella in finale di Champions nel 2018, in cui segnerà l’unico gol dei suoi, o negli ottavi di finale dell’anno successivo, dove sarà una sua doppietta a trascinare Klopp ai quarti. Nel 2019, inoltre, riesce a portarsi a casa il premio come “Miglior calciatore africano dell'anno”, grazie proprio alle straordinarie prestazioni offerte fra club e nazionale senegalese.

Ognuno di noi, nel suo piccolo, dovrebbe prendere esempio da questo ragazzo, per la spontaneità e il disinteresse con cui si approccia ad ogni suo aspetto della vita, senza farsi trascinare dal mondo dei soldi e del successo, senza mai montarsi la testa: Sadio Manè è un eroe, l’eroe che il calcio merita, ma di cui non sa di aver bisogno.