Quello del terzino rappresenta, da sempre, un ruolo bistrattato: sin da quando si giocava con gli amici in strada, quelli meno bravi venivano relegati lì, sulle corsie laterali difensive, dove potevano fare meno danni possibile, e, se ci mettevano un po’ di grinta, fornire comunque un buon contributo alla squadra. Per anni nel calcio questo ruolo è stato ritenuto marginale, rispetto agli altri, rispetto al centravanti, sul quale gravava la responsabilità di capitalizzare tutto ciò che la squadra riusciva a costruire nel corso della partita, rispetto al portiere, senza il quale ogni tiro avversario si sarebbe tramutato in gol, del “dieci”, colui che era l’essenza del gioco, con la sua qualità sopraffina, oppure al difensore centrale, responsabile di coordinare la difesa. Con il tempo, e con la nascita di calciatori di straordinario talento che hanno rivestito questo ruolo, il terzino ha cominciato ad acquisire sempre maggiore importanza, divenendo un valore aggiunto per la squadra che poteva sfoggiare, sull’esterno di difesa, un calciatore di qualità superiore alla media. Così, già a partire dall’ante-guerra, hanno cominciato ad affermarsi sui campi di calcio terzini del calibro di Virgilio Maroso, con la maglia del “Grande Torino e, qualche decennio più tardi, Nilton e Djalma Santos. Dagli anni ’60, prendono le radici calciatori come Giacinto Facchetti e Carlos Alberto. Rispettivamente terzino sinistro e destro, la loro peculiarità stava nell’essere un valore aggiunto per i loro club. Il loro bottino parla di circa 50 reti ciascuno, un numero decisamente notevole per quelli che rimanevano, fondamentalmente, dei difensori, addetti dunque principalmente al compito di non far prendere gol alla propria squadra, piuttosto, che a mandarla in rete. Di Carlos Alberto, poi, gli italiani di una certa età ricorderanno con tanta ammirazione quanto dispiacere, il gol che inchiodò, sul punteggio di 4-1, la finale del Mondiale in Messico, targato 1970, e sulla fascia opposta c’era proprio l’interista. Da qui in poi numerosi sono stati i terzini abili a distinguersi per le loro abilità, e dunque sempre più desiderati dai migliori club: fra gli italiani il campione del mondo Antonio Cabrini, oltre a Paolo Maldini, abilissimo in entrambe le fasi e capace anche di destreggiarsi al centro della difesa, mentre fra gli altri i tedeschi Andreas Brehme e Paul Breitner, o gli eredi della generazione brasiliana Cafù, Dani Alves, Roberto Carlos e Marcelo. Tuttavia, nonostante l’estrema evoluzione, la vita del terzino rimane sempre di secondo piano, e se Yashin è riuscito a vincere un pallone d’oro da portiere, e Gianluigi Buffon e Manuel Neuer ci sono arrivati ad un passo, mentre Franz Beckenbauer e Paolo Cannavaro hanno realizzato questa impresa nel ruolo di difensori centrali, nessuno dei fuoriclasse assoluti che ho citato sono mai stati premiati come calciatori migliori dell’anno. Un pregiudizio? Può darsi, ma le cose stanno cambiando, e il calcio moderno punta sempre più a dare una svolta alla “vita del terzino”, che promette di trasformarsi in qualcosa di molto di più di un semplice gregario o “valore aggiunto”. 

Detto dell’importanza di calciatori come Marcelo o Dani Alves relativamente agli ultimi anni, Real Madrid e Barcellona non sono le uniche due squadre trascinate sul tetto d’Europa dai loro laterali. Il Bayern Monaco, nel 2012-13 si porta a casa la Coppa dalle grandi orecchie, e sulle fasce di difesa si muovono due calciatori di un talento inestimabile: Philip Lahm, fra i migliori di sempre in questo ruolo, era capace di giocare su ambo le fasce, ma Pep Guardiola, una volta arrivato in Baviera ha intuito la sua capacità di rivestire anche un ruolo centrale in mezzo al campo, data la sua capacità tecnica ed intelligenza tattica; dall’altro lato David Alaba, allora giovanissimo, e che avrebbe ricoperto ogni singolo ruolo possibile nel prato verde, soprattutto in nazionale, ad eccezione di quello del centravanti e del portiere. Quasi un decennio più tardi la musica è la stessa: il ricambio generazionale non ha portato via Alaba, ora titolare al centro della difesa, e ha invece messo in mostra Alphonso Davies e Joshua Kimmich. Del primo si è parlato, sembra più un ala offensiva che altro, a testimonianza di come sia sempre più importante quanto male puoi fare all’avversario, che quanto danno può essere lui a recarti. Kimmich, invece, sembra un calciatore perfetto, ricorda in maniera allucinante il sopra citato Lahm, tuttavia si mostra meno abile difensivamente, e dotato di una maggiore qualità tecnica, che gli permette dunque, come il predecessore, di passare in maniera ugualmente soddisfacente dalla fascia al centro del campo, dove in effetti nasce come calciatore. Anche lui è una “creatura di Pep Guardiola”. Già, perché quando si parla di rivoluzioni, difficilmente non si fa seguire il nome del tecnico attualmente sulla panchina del Manchester City. Seppur per un intervallo di tempo limitato, di una sola stagione, il catalano è stato capace di far consacrare quello che nel corso dell’ultima stagione è stato eletto miglior difensore dell’anno, ma secondo molti è stato anche il miglior centrocampista, Kimmich, appunto. La stessa “trasformazione” che sta provando ad attuare ad un altro terzino, Joao Cancelo. Il portoghese, dopo una buona stagione alla Juve, dove però, tutto ciò che di buono aveva mostrato in fase offensiva, con assist e colpi da grande interprete del ruolo, lo ha rispecchiato in negativo sulla fase di ripiegamento, nella quale, in più di qualche occasione, ha mostrato lacune evidenti. Purtroppo in Italia non amiamo aspettare i talenti, e così Joao approda alla corte di Guardiola, in cambio di Danilo, con Pep che ha in mente grandi cose per lui. E così è, perché, dopo una stagione di apprendistato, vissuta fra alti e bassi a Manchester, adesso Cancelo si è preso la fascia del City, scalzando un veterano come Kyle Walker, ma non solo quella. Infatti, nel corso di quest’anno, l’allenatore lo ha schierato, come già detto era accaduto con Kimmich, in più posizioni, dalla fascia destra e sinistra, alla mediana, passando addirittura per la posizione di mezz'ala offensiva: parliamo di un giocatore totale che, partendo dalla fascia, riesce ad essere decisivo in ogni zona del campo, e, seppur con qualche pecca difensiva, in fase di costruzione del gioco e rifinitura: il prototipo del terzino moderno. Discorso simile per un compagno di squadra del portoghese, ovvero Oleksandr Zinchenko. Probabilmente non lo conosceranno in molti, ma stiamo parlando di un centrocampista ucraino, scuola Shaktar, acquistato, nel 2016, dai Citizens. Difficile dire se Guardiola ne avesse già intuito la possibile evoluzione, ciò che è certo è che, a partire da un paio di stagioni il ragazzo, dotato di una qualità decisamente non indifferente, ma non all’altezza dei fantasisti titolari, ha iniziato ad essere impiegato sulla fascia sinistra (è un mancino), con risultati decisamente incoraggianti, soprattutto nell’ultima stagione, complici le condizioni fisiche non ottimali di Benjamin Mendy, che dovrebbe essere il titolare designato. Vorrei poi soffermarmi su Angelino, altro prodotto del RB Lipsia, con il quale si è dimostrato un esterno munito di qualità superiori alla media, oltre che con il vizio del gol, che lo ha portato a mettere a referto ben 9 reti, di cui 3 nell’attuale Champions, durante le prime 45 apparizioni in Germania. La sua particolarità è quella di aver avuto un passato al City, su sua stessa ammissione non felicissimo. Ha usato parole al miele per il suo attuale tecnico, Julian Nagelsmann, abile nel metterlo nelle migliori condizioni per mostrare il suo talento, ma al veleno per il suo ex allenatore, proprio quel Pep Guardiola, colpevole di non aver creduto in lui, il che dimostra che anche i migliori sbagliano.                                                   

Non soltanto, però, l’ex tecnico del Barcellona si è dimostrato capace di invenzioni rivoluzionarie. In Premier League, un altro precursore di intuizioni geniali è Jurgen Klopp. Il suo Liverpool, oltre che sulla solidità di Virgil Van Dijk, sul carisma del capitano Henderson, sulla classe di Roberto Firmino, sulle parate di Alisson e la velocità di Salah e Manè, si fonda su due nomi: Andrew Robertson e Trent Alexander-Arnold. Il primo, scozzese, viene prelevato dai Reds dopo qualche buona stagione, fra Championship e Premier, con la maglia dell’Hull City, e, a seguito dell’infortunio di Alberto Moreno gli scippa, definitivamente, il posto. Terzino perlopiù offensivo, non sfigura di certo in fase difensiva, si distingue soprattutto per la precisione e la capacità di fornire assist da sballo ai compagni. 12, nella scorsa stagione, trionfale, in Premier League, record, se si considerano gli 11 del corrispettivo destro, ovvero Alexander-Arnold. Se Robertson figura tra i migliori terzini attualmente in Europa, e rappresenta sicuramente un’intuizione di Klopp, è l’inglese il suo vero colpo di genio. Trent, che, fatta eccezione per la maglia della nazionale, ha indossato unicamente la maglia rossa, sin dall’età di 6 anni, nasce come mezzala, dotato di ottimo piede, ma anche di una notevole intelligenza tattica, oltre che fase di interdizione. Un centrocampista completo, che diventa il miglior terzino destro al mondo, quando il tecnico tedesco lo sposta lateralmente, cogliendone anche le straordinarie capacità fisiche. Non lo fa, come ho detto all’inizio dell’articolo, per permettergli di fare meno danni possibile, anzi, per poterne sfruttare l’enorme potenziale al massimo, e, a giudicare dai risultati ottenuti fino ad ora, si può affermare che ci stia riuscendo. 

Curioso studiare invece l’evoluzione parallela di tre calciatori: parlo di Jesus Corona, Jesus Navas e Juan Cuadrado. Cos’hanno in comune? Nascono tutti e tre come esterni offensivi di grandissima qualità, ma, verso la fine della carriera, perdendo quell’esplosività propria della gioventù, vengono arretrati in difesa: mai scelta fu più azzeccata, con i tre calciatori capaci, nel ruolo di terzino, di costruire le fortune delle loro squadre, il primo al Porto, e lo abbiamo (ahimè) ammirato nel doppio confronto con la Juventus, il secondo al Sevilla, dove ha fatto ritorno a seguito dell’esperienza al Manchester City, vincendo un’Europa League (anche in questo caso ai danni di un’italiana), il terzo lo conosciamo meglio di tutti, ormai divenuto titolare inamovibile nonché punto cardine della Juventus. 

Altra nota interessante la “trasformazione” di Saul Niguez. Centrocampista completo, fondamentale per l’Atletico di Simeone, la scorsa stagione, proprio durante la partita valida per i gironi di Champions League contro i bianconeri, venne provato da terzino per emergenza, non sfigurando. In questa stagione l’esperimento sta andando avanti, anche visto il passaggio al 5-3-2 da parte del Cholo, che sperimenta un approccio più offensivo per il suo Atletico, e Saul si sta dimostrando un calciatore eclettico, capace di rivestire anche questa posizione in campo, senza abbassare il livello delle proprie prestazioni.

Infine potrei citare terzini meno tecnici, che non si distinguono per la capacità di costruire, quanto per quella di “arare” la propria fascia di competenza, peraltro mettendo a segno un quantitativo di reti non indifferente per la loro posizione, e parlo di tre dei migliori giocatori in Serie A: Theo Hernandez, Achraf Hakimi e Robin Gosens. Forse meno moderni, interpretano il classico ruolo del terzino di spinta, devastanti fisicamente e lo fanno in maniera assolutamente imperiosa.

Questi, a mio, avviso, sono gli esempi maggiori di quanto il ruolo del terzino stia cambiando, acquisendo sempre maggiore importanza nell’economia di questo sport, partecipando ad entrambe le fasi, e spostando decisamente gli equilibri delle proprie squadre.