Il razzismo è da sempre uno dei fenomeni più deplorevoli di cui l’uomo possa essere capace, basato su ideali completamente infondati, oltre che dal punto di vista etico, da quello scientifico. La superiorità di una “razza” rispetto ad un’altra, lo stesso utilizzo di questo termine, è un qualcosa da condannare, perché non può e non deve essere contemplato in maniera assoluta. Tuttavia, nonostante le numerose lotte sociali, che hanno messo in luce la vergogna che accompagna questa ideologia, riuscendo quindi a rendere giustizia a tutti coloro i quali siano mai stati costretti, durante la loro vita, a subire l’onta dei pregiudizi, ancora oggi, nel XXI secolo, nel 2020, per essere precisi, assistiamo ad episodi a sfondo razzista. Il calcio, e lo sport in generale, sono stati, più di una volta, vetrina di eventi spiacevoli, accompagnati da manifestazioni e provvedimenti atti a debellare quello che è un virus, se possibile, e scusate il paragone per nulla accorato in questo periodo storico, decisamente più arduo da battere, poiché risiede all’interno della mente, lì dove nessun farmaco può agire.

Il razzismo nel calcio

Il nostro sport preferito lo diventa sicuramente un po’ meno, quando a fare rumore non sono le prestazioni dei tifosi sul campo, ma ciò che accade sugli spalti. Troppe volte abbiamo assistito a calciatori fischiati, bersagliati dai tifosi avversari, a volte addirittura dai tifosi amici, con striscioni, versi e, purtroppo anche oggetti, soltanto per il proprio colore della pelle. Potrei citare decine di occasioni, ma mi limiterò a ad alcuni dei più significativi. Diversi episodi si sono verificati nella stagione appena trascorsa, ahimè, denotando una situazione ancora per nulla accettabile nel nostro campionato e, in generale, nel nostro paese. Lo scorso 2 novembre, ad esempio, durante il secondo tempo della gara fra Hellas Verona e Brescia, Mario Balotelli viene preso di mira dai tifosi di casa, in uno stadio che allora, sembra un’eternità, era ancora pieno. L’attaccante, con il pallone ancora in gioco, peraltro fra i suoi piedi, si ferma, vicino alla linea di fondo rivolta verso la curva gialloblu, prende in mano la sfera, e la scaglia contro le gradinate, in segno di protesta. L’arbitro, dopo un iniziale tentativo di ammonire il calciatore, comprende la situazione e ferma la partita, che riprenderà solo dopo qualche minuto. Le polemiche sono state veementi, a sottolineare ancora una volta l’inammissibilità della situazione, ma anche da parte del Verona, che invece ha difeso la propria tifoseria, definendo esagerata la reazione dell’attaccante azzurro. Non solo però nella nostra Serie A, ma anche negli altri campionati la sinfonia è pressoché la stessa. Una reazione decisamente particolare, tuttavia estremamente rivoluzionaria, è quella di Dani Alves, che, verso la fine della gara di Liga del 2014, fra Barcellona e Alaves, mentre si appresta a battere un calcio d’angolo, riceve il lancio di una banana. terzino, per nulla scandalizzato, si china, raccoglie il frutto e lo mangia. Tralasciando commenti sull’igiene del gesto, questo si rivela una trovata decisamente geniale, di plateale indifferenza verso persone che, effettivamente, per il proprio comportamento, meritano questa considerazione. Il brasiliano diverrà, in questo modo, un vero e proprio testimonial globale di questa lotta, e, nonostante in seguito verranno fuori numerose indiscrezioni sulla non completa spontaneità dell’azione, secondo alcuni una trovata di marketing premeditata, resta un’azione assolutamente da premiare per il calcio che sferra al razzismo.

#Blacklivesmatter

Uno dei dibattiti più accesi di quest’anno, e diciamo pure che non ce ne sono stati pochi, è stato quello originato dall’omicidio, il 25 maggio, da parte di un agente di polizia, di George Floyd, un afroamericano, accusato di aver utilizzato delle banconote contraffatte per acquistare un pacchetto di sigarette, nella città di Minneapolis, in Minnesota. Da qui l’hashtag #Blacklivesmatter, che ha spopolato sui social, non soltanto negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo. Tale movimento, tuttavia, non nasce in questa occasione, bensì nel 2013, in seguito all’assoluzione di un altro agente, anch’egli responsabile della morte di un uomo di colore che era stato arrestato. Gli ideali di questo movimento sono la completa abolizione di ogni sorta di discriminazione, non soltanto riguardante il colore della pelle o l’etnia, ma anche l’ambito sessuale, di genere o religioso. Nonostante le diverse accuse mosse agli attivisti del BLM, come quelle di ipocrisia, di avversare l’istituzione della polizia, di non scendere in campo in maniera significativa riguardo ad alcuni campi di discriminazione e, addirittura, di razzismo. Dunque non tutto è rosa e fiori come sembra, e sicuramente, se da un lato, come ho già detto, ma non mi pesa ripetere, il razzismo è un qualcosa di reprovevole e quindi di cui bisognerà sempre discutere, per abolirlo definitivamente dalla nostra società, d’altro canto non si può negare come spesso sorgano polemiche sin troppo esagerate, o che spesso movimenti nati come anti-razzisti, divengano a loro volta razzisti, discriminando coloro che a loro volta li discriminano.

Paris Saint Germain-Basaksheir e le dichiarazioni di Jorge Jesus

Veniamo però all’episodio che mi ha fatto riflettere, accaduto poco tempo fa. E’ l’otto dicembre, e io sto assistendo con gioia ad una delle migliori prestazioni della Juventus degli ultimi anni, con il primo tempo fra i bianconeri ed i blaugrana, al Camp Nou, che termina per 0-2 in favore di Cristiano Ronaldo e compagni. Non la cosa più clamorosa della serata a quanto pare: già, perché intanto, su di un altro campo, quello del Parco dei Principi, nel quale si pensava ad una serata di normale amministrazione da parte del Paris-Saint-Germain, accadeva un qualcosa di eclatante. Al 13’ minuto, Pierre Webò, ex calciatore camerunense ed attualmente vice allenatore del Basaksehir, si rivolge, con delle proteste eccessive, verso il quarto uomo, che conviene così di espellerlo, riferendolo all’arbitro. Nulla di strano, se non fosse per l’appellativo che l’ufficiale, Sebastian Coltescu, adopera per evidenziarlo al direttore di gara, ovvero “negru” (che però nella sua lingua, ovvero il romeno significa “nero”, e dunque in teoria non sarebbe un termine vietato da utilizzare). Lo stadio vuoto non lascia scappare le parole di Coltescu, colte dall’attaccante dei turchi, Demba Ba, il quale gli domanda: "Why say negro? Why say negro?", ovvero "Perché hai detto negro?", e continua: "Perché quando parli di un bianco non dici quel ragazzo bianco e quando invece ti riferisci a me dici quel ragazzo nero?”. Mentre il quarto uomo tenta di giustificarsi, affermando di non avere una conoscenza ottimale dell’inglese, e di aver utilizzato un termine che, nella sua lingua, non è da condannare, le proteste impazzano, i calciatori del Basaksehir convengono di lasciare il campo, coadiuvati anche dai parigini, in primis Kylian Mbappè e Neymar. La partita non riprende, poiché i turchi si rifiutano di tornare a giocare senza l’allontanamento di Coltescu: una macchia non da poco per la UEFA, che da sempre promuove lo slogan “No to racism”. La partita verrà così rigiocata dopo meno di ventiquattro ore, con una nuova designazione arbitrale, e terminerà, come da pronostico, con un roboante 5-1 per gli uomini di Tuchel, che si assicureranno la vetta del proprio raggruppamento.
Tuttavia le polemiche non si placano, e lo stesso giorno, su precisa domanda, Jorge Jesus, attuale allenatore del Benfica, impegnato in Europa League, alla vigilia della gara contro lo Standard Liegi, va controcorrente: "Va molto di moda parlare di razzismo, ma io come libero cittadino ho il diritto di pensarla alla mia maniera. Per esprimere un giudizio completo dovrei sapere cosa è successo esattamente ieri a Parigi, ma diciamo che oggi qualsiasi cosa dici su un nero viene sempre presa come un segnale di razzismo”. Parole pesanti, all’apparenza da condannare, ma che, almeno per quanto mi riguarda, fanno riflettere. Dunque proviamo a rispondere a questa domanda: ha ragione Jorge Jesus? Non gli si può dare una ragione completa, soprattutto per l’estremo cinismo che utilizza, ma un qualcosa di corretto, nella sua affermazione, c’è. Perché se è vero che il razzismo c’è e va condannato, come ho già accennato in precedenza, è innegabile come talvolta si tenda ad esasperare determinate situazioni, per visibilità, o semplicemente per creare polemiche. Non sappiamo ancora quali fossero le intenzioni di Sebastian Coltescu, e se effettivamente egli avesse usato quel termine in maniera dispregiativa, convengo che vada assolutamente condannato, però bisognerebbe quantomeno andare a fondo, considerando le dichiarazioni dell’ufficiale, che ha più volte negato di essere razzista. Dunque ritengo che per combattere ogni forma di discriminazione si debba certamente sottolinearla, e parlarne, perché questa corrente di pensiero è ancora sin troppo radicata all’interno della società contemporanea, ma allo stesso tempo evitare di accentuare gli episodi, perché in tal modo non si fa altro che dar peso a questo fenomeno, mettendo in rilievo le differenze, o presunte tali fra le persone, piuttosto che annullarlo.

“Si parla di razzismo perché c'è molta non conoscenza dell'altro, bisogna abbattere i muri o aumentano le differenze. L'immigrazione è una ricchezza.”