“Who’s next” è il titolo del quinto album registrato in studio dagli Who, probabilmente il capolavoro assoluto della band londinese, e, personalmente, uno dei miei album preferiti in assoluto. Una pietra miliare della storia non soltanto del rock, quanto della musica in generale, rimasto impresso nell’immaginario grazie a pezzi del calibro di Baba O’Riley, The Song Is Over, o Won’t Get Fooled Again. Il titolo, una provocazione, che gioca con il nome del gruppo, con il duplice significato di “Nuovo disco degli Who”, nonché di “Avanti il prossimo”. In questo articolo proverò a fornire una risposta alla domanda posta dagli Who, nello specifico provando ad immaginare chi sarà il prossimo ad aggiudicarsi la vittoria del pallone d’oro, che, mi sento di affermare, mai come quest’anno sembra essere una questione quanto mai aperta, ed estensibile a più di un calciatore.

Partiamo con coloro che, nella mia personale griglia, partono davanti a tutti. Il primo nome, molto probabilmente per molti una citazione a sorpresa è quello di Robert Lewandowski. No, non sto confondendo questa stagione con la scorsa, anzi. Il polacco, nella presente annata ha timbrato il cartellino per 48 volte, meno rispetto alle 55 marcature della scorsa, ma a fronte di sole 40 presenze, causate da un infortunio, che gli ha impedito di dare seguito alle 5 reti messe a segno in Champions, lasciando che il suo Bayern soccombesse al Paris Saint Germain. In campionato Robert supera, di una rete, il record di 40 firmato da un altro simbolo del Bayern Monaco, Gerd Muller, che resisteva da ben 39 stagioni. A ciò vanno aggiunte le 3 marcature in altrettante presenze, nella deludente spedizione europea della sua nazionale. Numericamente non ci sarebbero dubbi, le riserve sorgono proprio riguardo al fatto che, seppur strabiliante, la sua stagione sia decisamente inferiore a quella dello scorso anno, che lo ha designato, in maniera incontestabile, come il re, non assegnandogli, tuttavia, l’ambito pallone d’oro. “Un furto”, così lo hanno definito in molti, e mi sento di consentire. Dunque ritengo che, sia per i numeri impressionanti di questa stagione, sia in virtù dei trionfi della scorsa (che, a mio avviso, proprio per l’assenza del premio meriterebbe, seppur in misura minore, una considerazione), Lewandovski debba essere il favorito numero uno.

La mia seconda “testa di serie” si chiama N’Golo Kantè. L’Europeo ha gettato del fumo negli occhi a molti, che, data la deludente, per usare un eufemismo, prestazione della Francia, hanno finito per sminuire la stagione di quasi tutti i componenti della rosa transalpina. Tuttavia, ne esiste uno che mi sembra quasi impossibile da contestare. Oltre ad essere stato, insieme a Pogba, il migliore dei suoi, si è rivelato, sempre secondo la mia modesta opinione, l’uomo più decisivo nell’ultima edizione della Champions League. Raramente ho visto un centrocampista, nello specifico un mediano, cambiare in questo modo le sorti di una squadra. A posteriori si capiscono molte cose sulla, a tratti inspiegabile, vittoria della Premier League 2016, targata Leicester di Claudio Ranieri, e passata, soltanto un anno più tardi, in quel di Londra, verso il Chelsea allenato da un altro italiano, Antonio Conte, il quale aveva intuito il potenziale devastante di questo ragazzo di origini maliane, lo stesso che, nel 2018, sarà invece protagonista silenzioso della rincorsa della Francia al tetto del mondo, comprimario d’eccezione di Paul Pogba, Antoine Griezmann e Kylian Mbappè. Dunque, per valore assoluto e vista la straordinaria stagione messa in vetrina, assegnare il pallone d’oro a N’Golo Kantè, pur essendo un mediano, sarebbe cosa buona e giusta.

L’altro pedone in prima fila, nella mia scacchiera, risponde invece al nome di Kevin De Bruyne. Anche in questo caso non parliamo di una stagione sporadica, bensì dell’ennesima ad alti livelli del belga che, con 10 reti e 18 assist in 40 apparizioni, ha contribuito al raggiungimento della prima storica finale di Champions League per il Manchester City e la prima fuori dal Barcellona per Pep Guardiola. Sfortunato, in finale, dove è costretto ad uscire a seguito di una frattura del setto nasale, così come durante Euro 2020, in cui mette in seria difficoltà proprio gli azzurri di Roberto Mancini, nonostante un problema fisico. Lo meriterebbe anche lui.

Fra i soliti noti, impossibile non nominare i due palloni d’oro per eccellenza: Lionel Messi e Cristiano Ronaldo. Il primo, detentore, seppur risalente ad ormai quasi due anni fa, parte nettamente davanti al rivale di sempre, con l’obiettivo di allungare a +2 per mettere, almeno sotto questo punto di vista, una pietra sopra il loro infinito dualismo. Oltre ai 38 gol e 14 assist in 47 apparizioni con la maglia blaugrana, con in dote il titolo di capocannoniere e miglior calciatore della Liga, normale amministrazione mi verrebbe da dire, pesano la Copa del Rey, la Supercoppa spagnola e, soprattutto, la vittoria della Copa America, con la propria nazionale, che ormai sembrava diventata indissolubilmente un tabù. Decisamente meno felice la stagione del fuoriclasse portoghese che, a livello di club, mantiene uno score estremamente simile a quello dell’argentino, grazie alle 36 reti e 4 assist in 44 gare con la Juventus, che conduce a vincere Coppa Italia e Supercoppa Italiana. Deludente, invece, la spedizione europea, dove comunque Cristiano fa il massimo, laureandosi capocannoniere della competizione, ma l’uscita prematura agli ottavi, seppur contro un ottimo Belgio, e nonostante fosse oggettivamente complicato bissare il successo di cinque anni fa, grida vendetta.

Da citare necessariamente anche altri due fuoriclasse assoluti del panorama internazionale, ovvero Kylian Mbappè e Neymar. I due uomini simbolo del Paris Saint Germain, oltre che delle rispettive nazionali, chiudono un anno assolutamente sottotono in termini di trofei, con solo una Coppa di Francia ed una Supercoppa francese, alla stregua dei due citati precedentemente. Oltre alla clamorosa débâcle in campionato, accettabile se si pensa che i parigini hanno trionfato per sette volte negli ultimi nove anni, brucia l’uscita dalla Champions League, nella quale c’era voglia di tornare in finale, dopo la sconfitta patita due stagioni fa contro il Bayern Monaco, e in cui proprio i due fenomeno avrebbero potuto e dovuto fare qualcosa in più.

Fra le novità, o comunque i calciatori che, almeno fino ad ora, non erano stati considerati come papabili per questo trofeo, partiamo con Bruno Fernandes. Il portoghese dà seguito alla straordinaria stagione scorsa, condendo le sue 58 presenze con indosso la casacca del Manchester United con 28 reti (la maggior parte dal dischetto, è giusto ricordarlo) e 17 assist. Il vero ed indiscusso trascinatore dei Red Devils, verso il secondo posto in Premier League e la finale di Europa League. Fa strano pensare come, soltanto quattro anni fa, il fantasista vestisse la maglia della Sampdoria, in seguito a quelle di Novara e Udinese, ed aumenta, per i club nostrani, il rimpianto per non aver intuito appieno il suo talento, sbocciato in patria allo Sporting Lisbona e definitivamente consacrato in questa stagione.

Consacrazione che sembra ormai giunta anche per Erling Haaland. 41 marcature in altrettante presenze, titolo di capocannoniere della Bundesliga che sfugge solo per merito del prima citato Robert Lewandovski, e anche 12 assist, che per un centravanti non sono poi così pochi. Il salto in un team di livello mondiale sembra solo questione di tempo, ma già da questa stagione ha, a mio avviso, tutte le carte in regola per candidarsi alla vittoria del più importante trofeo individuale, dopo aver conseguito il premio di miglior giovane europeo nel corso della stagione precedente.

Notevoli anche le annate di altri due attaccanti come Romelu Lukaku e Luis Suarez, sugli scudi, rispettivamente nell’Inter e nell’Atletico Madrid, che, guidati da due condottieri come Antonio Conte e Diego Simeone, hanno interrotto l’egemonia della Juventus in Italia e di Real e Barça in Spagna. Senza dimenticare Karim Benzema, sempre costante con il suo Real Madrid, e in grande spolvero anche in nazionale, ma che ha portato a casa poco a livello di trofei.

Impossibile non citare i due principali trascinatori della nazionale inglese che ha sfiorato la vittoria europea. Harry Kane, capitano e leader, ha segnato, tanto, con la maglia dei “tre leoni”, quanto con il Tottenham, anche se forse, nei momenti decisivi è mancato di concretezza. Raheem Sterling, invece, ha raggiunto ben due finali europee, perdendole entrambe, e anch’egli, non ha mostrato la mentalità giusta per essere definito il migliore di tutti, almeno per quello che concerne l’attuale stagione.

Infine ci sono proprio di loro, i campioni d’Europa in carica, ovvero i calciatori della nazionale italiana. Ci hanno fatto godere, esultare, gioire, in questa estate, dopo due anni particolari, e, soprattutto, dopo tutto ciò che la nazionale aveva passato, a partire dalla fine del 2017. Se siamo campioni d’Europa, un gran merito va a Roberto Mancini, ma altrettanto a questi ragazzi, dei quali, diversi, si candidano quantomeno alla presenza nella classifica stilata da France Football. Il più accreditato, magari anche a competere per la vittoria finale, sembra Jorginho. Campione d’Europa, non solo con gli azzurri, ma anche con i Blues, e da assoluto protagonista: il cervello del centrocampo di Thomas Tuchel, insieme all’irreprensibile N’Golo Kantè, il regista dell’Italia di Mancini, l’uomo in più, sempre sul pezzo. E pensare che qualcuno, il sottoscritto, fra gli altri, giudicava il suo trasferimento dal Napoli al Chelsea come eccessivamente remunerativo, invece oggi parliamo di un calciatore che, magari non sarà stato il migliore di tutti, ma merita un’ampissima considerazione. Il miglior calciatore dell’Europeo è stato, invece, Gigio Donnarumma. Il portierone, solo 22 anni, si è mostrato quasi perfetto durante la manifestazione itinerante, tuttavia, per lui vedo le cose leggermente più complesse: non sono riusciti in questa impresa titani come, nell’ordine, Gianluigi Buffon, Iker Casillas e Manuel Neuer, fra l’altro campioni del mondo, però Gigio ha tutto il tempo davanti per provare a raggiungere questo traguardo. Nel 2006 il pallone d’oro lo vinse, invece, Fabio Cannavaro, capitano della nazionale italiana. Oggi, il capitano è Giorgio Chiellini, assoluto protagonista, insieme, va detto, a Leonardo Bonucci, del trionfo europeo. La stagione in chiaroscuro con la Juventus, a mio avviso, andrà a ad influire negativamente sulla posizione dei due difensori, e ritengo che, fosse avvenuto in una stagione scudettata, e magari con un miglior cammino in Champions League, le loro chance sarebbero state notevolmente maggiori. Infine una piccola citazione per Federico Chiesa, e anche Leonardo Spinazzola, forse davvero i trascinatori, di questa nazionale, grazie alla loro grinta e, soprattutto, alle proprie brucianti accelerazioni.

Vedremo se le mie considerazioni saranno ferrate, oppure completamente fuori strada, quel che è certo, è che nulla appare scontato, dopo due stagioni davvero surreali.