Come ho spiegato nella mia descrizione qui su VivoPerLei, sono uno studente di medicina al mio primo anno, alla Sapienza di Roma. A primo acchito questa facoltà sembrerebbe aver ben poco a che vedere con questo mondo, ma, pensandoci con maggiore attenzione, la medicina risulta fondamentale per lo sport e per il calcio. Quante volte degli infortuni, sopraggiunti all’improvviso, hanno stravolto partite, coppe o interi campionati? Moltissime, tante quante quelle in cui i più grandi campioni della storia del calcio si sono infortunati, non potendo fornire il proprio apporto alla loro squadra.
Da Pelè a Maradona, passando per Roberto Baggio e Ronaldo, quasi tutti i “migliori” hanno dovuto fronteggiare, nel corso della loro memorabile carriera, un avversario ben più temibile di quello presente dall’altra parte del campo, ovvero quello degli infortuni.
Come avviene un infortunio, da cosa deriva, si può prevenire, e in che modo si possono evitare complicazioni che, ed è accaduto purtroppo in più occasioni, rischiano di mettere a repentaglio una carriera straordinaria? Oggi proverò, seppur senza alcun titolo di studio, ma grazie alle conoscenze acquisite fino ad ora, a rispondere ad alcuni di questi quesiti, mettendo sotto la lente d’ingrandimento l’articolazione del ginocchio e i suoi traumi, facendo riferimento ai casi più eclatanti che hanno coinvolto il mondo del calcio.

Anatomia del ginocchio
Innanzitutto partiamo con il descrivere l’articolazione del ginocchio. Questa articolazione è formata da due ossa: il femore, che costituisce lo scheletro della coscia, e la tibia, parte dello scheletro della gamba. Il femore si articola in avanti con la rotula, o patella, mentre l’articolazione con la tibia è un’articolazione cilindrica, con due superfici convesse rappresentate dai condili femorali, e due concave presenti sulla faccia superiore della tibia, che permettono movimenti di flesso-estensione, ma non di rotazione. Tuttavia, le superfici non combaciano perfettamente, e, per conferire maggiore aderenza, sono presenti dei dischi fibrosi, denominati menischi, che stabilizzano il ginocchio. Il menisco laterale, più piccolo, è il meno stabile, ha la forma di un anello, aderisce al legamento collaterale laterale, ed è legato al femore tramite dei legamenti meniscofemorali anteriore e posteriore. Il menisco interno, o mediale, a forma di semiluna, invece, aderisce alla capsula che circonda i due capi articolari, oltre che al legamento collaterale mediale, risultando, nel complesso, più stabile. La capsula articolare è rinforzata dai legamenti collaterali, che originano, rispettivamente, lateralmente dalla fibula, o perone, e medialmente dalla tibia, ma anche dai legamenti crociati. Questi nascono dalla linea che separa le due superfici condilari della tibia, inserendosi, anteriormente e posteriormente, e si incrociano, collocandosi rispettivamente ai condili mediale e laterale del femore. Posteriormente abbiamo due legamenti, chiamati poplitei, continuazione dei tendini di alcuni muscoli flessori del ginocchio, mentre anteriormente il legamento patellare, o rotuleo, e i due retinacoli mediale e laterale, collegano l’apice della rotula alla tibia, e rappresentano il prolungamento dei capi del muscolo quadricipite femorale, principale muscolo estensore di questa articolazione.

Lacerazione dei menischi
Lacerazioni dei menischi sono piuttosto frequenti in chi pratica attività sportiva, in quanto non solo uno scontro, ma anche un banale movimento scomposto, può causare tale fenomeno, con il menisco che resta “incastrato” fra i condili femorali e la tibia. Nonostante sia possibile una guarigione, e siano rari i casi di reali complicazioni, è pur vero che, essendo vascolarizzati soltanto alle estremità, e dunque non nelle regioni interne, raramente è possibile una loro rigenerazione, rendendo necessaria la resezione chirurgica. Fra le cause più comuni di rottura dei menischi, quindi, possiamo annoverare le lesioni traumatiche, determinate da violenti impatti, che superano la massima resistenza del tessuto cartilagineo che li compone, alle quali i calciatori sono i più soggetti fra gli atleti, oppure, più comuni in individui non allenati o in là con l’età, lesioni degenerative, dovute a movimenti esagerati, come rotazioni del ginocchio, oppure iperestensioni ed iperflessioni dell’articolazione. I sintomi più comuni riguardano forte dolore e rigonfiamento locale, associate al cosiddetto “scricchiolio” durante il movimento, inoltre si verifica l’incapacità di compiere determinati movimenti, soprattutto quelli inerenti alla posizione in cui si è generato il trauma. In caso di lacerazione del menisco isolata, i tempi di recupero non sono molto lunghi, attestandosi sui 30 giorni circa, da passare con il ginocchio immobilizzato, cui fa seguito un periodo di riabilitazione atto a recuperare la motilità e la forza muscolare e rinforzare l’articolazione. Spesso, invece, la lesione è accompagnata a quella di altre strutture articolari, su tutte i legamenti crociati, data la posizione centrale dei menischi all’interno della capsula articolare. Abbiamo specificato come infortuni di questo tipo siano estremamente diffusi fra gli sportivi, andiamo dunque ad analizzare i casi più noti inerenti questo tipo di problema. Partiamo dal 1994, in particolare dai Mondiali americani, dove l’Italia di Arrigo Sacchi, a seguito della sconfitta all’esordio contro l’Irlanda, batte 1-0 la Norvegia, in una partita colma di colpi di scena: dall’espulsione di Gianluca Pagliuca, alla sostituzione con polemica di Roberto Baggio, fino all’infortunio di Franco Baresi, leader della retroguardia azzurra, e al suo ultimo mondiale. La diagnosi è quella di una lesione del menisco, e dunque della fine della sua rassegna iridata. Ma, trascorsi solo 25 giorni dall’intervento, con pochissimi allenamenti nelle gambe, e anche a causa dell’assenza per squalifica di Billy Costacurta, il capitano scenderà in campo, in occasione della finale, contro il Brasile, sfoderando una prestazione memorabile, annullando quasi completamente il fuoriclasse carioca Romario. Il lieto fine, purtroppo, non si concretizzerà, con il rossonero che fallirà il rigore decisivo dal dischetto, condannando gli azzurri alla resa, ma rimane l’impresa, fisica e mentale di un fuoriclasse ed un campione nato. L’altro campione di quella nazionale, anch’egli, ahimè, fallace dagli undici metri, fu Roberto Baggio. Ritenuto da molti il più grande talento mai nato nel nostro paese, il toscano ha convissuto per tutta la carriera con problemi al ginocchio, che, tuttavia, non ne hanno compromesso la grandezza. Nel 2002, così, il “Divin Codino”, a 35 anni, cerca la convocazione per i campionati mondiali asiatici, disputando una stagione straordinaria a Brescia. Tuttavia, il 31 gennaio 2002, subisce la lesione del menisco laterale sinistro, associata alla rottura del legamento crociato. L’ennesimo infortunio per Baggio, che sembra rappresentare il canto del cigno. Invece, non solo la sua carriera andrà avanti, ma ripartirà dopo soli 76 giorni (ricordiamo, ovviamente, che la lesione meniscale associata a quella legamentosa richiede un tempo di recupero decisamente più lungo rispetto a quello necessario per un trauma isolato), entrando in campo al 25’ del secondo tempo, e trascinando il Brescia alla vittoria contro la Fiorentina, grazie ad una doppietta: a giugno gli azzurri partiranno per la Corea senza Baggio, il cui piccolo “miracolo” rimarrà comunque impresso nella storia del calcio.

Lesione dei legamenti: i legamenti crociati e collaterali
Come abbiamo visto, i legamenti crociati sono i mezzi di unione più importanti tra femore e tibia, situati internamente alla capsula articolare. Garantiscono, in tal maniera, la stabilità dell’articolazione, andando a limitare movimenti di traslazione anteriore e posteriore della tibia rispetto al femore. La rottura del legamento crociato anteriore è più comune, e si verifica quando il ginocchio è sottoposto a sollecitazioni meccaniche estreme, soprattutto durante l’attività sportiva, e spiega dunque situazioni in cui gli atleti avvertono il problema subito dopo un movimento. Le lesioni a carico del crociato posteriore, invece, sono causate, nella maggior parte dei casi, da impatti violenti, cadute, o scontri con avversari, risultando più rare delle precedenti. I sintomi sono, nell’immediato, un forte dolore locale, e uno “schiocco”, determinato proprio dal trauma; successivamente si va incontro a gonfiore, che diminuisce con il passare del tempo, rigidità e difficoltà nel muovere il ginocchio, oltre che una sensazione di instabilità, determinata dall’assenza di un componente fondamentale per la solidità dell’articolazione. Mancando quasi completamente di vascolarizzazione, per ripristinare la corretta funzionalità del ginocchio, bisognerà ricorrere ad una chirurgia ricostruttiva: in sintesi, verranno rimossi i residui del legamento, realizzato un tunnel osseo fra tibia e femore in cui verrà inserito e poi fissato il neo-legamento, che può derivare da un donatore, dal tendine rotuleo dello stesso paziente(maggiormente consigliato per la resistenza del legamento patellare), o essere sintetico. I tempi di recupero si attestano all’incirca sui 6 mesi, potendo ridursi in caso di atleti di alto livello e cure costanti, cui segue un periodo di riabilitazione atto a recuperare stabilità articolare e forza muscolare. La lesione dei legamenti collaterali, invece, raramente è isolata, e dunque, nella stragrande maggioranza dei casi, è associata alla rottura di uno, o di entrambi i crociati. Comunque, in generale, la gravità del trauma dipende dal grado della lesione (3 gradi, che vanno dalla rottura di qualche fibra alla completa lacerazione del tendine). I sintomi sono analoghi a quelli rilevati per i legamenti crociati, ma si si rilevano nella parte esterna o mediale del ginocchio e dipendono dalla gravità. Quasi sempre dunque, in caso di lesione isolata, la terapia conservativa risulta sufficiente, con un periodo di riposo di qualche settimana, mentre, per le lesioni di terzo grado, può essere sufficiente intervenire chirurgicamente, allungando i tempi di recupero. Sono stati moltissimi, e continuano ad esserlo, i calciatori perseguitati da questo tipo di infortuni, che spesso “colpiscono” più di una volta. Abbiamo già parlato in precedenza di Roberto Baggio, e di come i continui problemi al ginocchio ne abbiano fortemente caratterizzato la carriera: a soli 18 anni, nel 1985 la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio destro, nel 1986, poco dopo, i problemi al menisco, poi nel 1994, in maglia Juve, infine il recupero lampo raccontato nel 2002. Restando in Italia, impossibile non parlare di Pierluigi Casiraghi, il quale, a soli 31 anni fu costretto ad appendere gli scarpini al chiodo, a causa di un gravissimo infortunio patito circa due anni prima, quando vestiva la maglia del Chelsea. A seguito di uno scontro di gioco, il portiere del West Ham, Hislop (193 cm per 90 kg) gli frana addosso: del suo ginocchio non si salverà nulla, ne i legamenti crociati, né i collaterali, passando per i menischi, cui si aggiunge la lesione al nervo sciatico del legamento popliteo esterno. Dieci interventi saranno vani, per salvare una carriera finita troppo presto. “Si vede che doveva andare così”, afferma il calciatore, spezzato dalla sorte. Da non dimenticare il calvario duplice, sempre relativo al crociato di Carlo Ancelotti, oppure quello di Ronaldo i fenomeno, che, a detta di molti addetti ai lavori, a seguito della rottura del tendine rotuleo, non fu più lo stesso. Passando, invece, ai tempi più recenti, pensiamo ad Arkadiusz MIlik, Alessandro Florenzi, o a Leonardo Pavoletti, tutti tornati in campo, a differenza di Giuseppe Rossi: il primo infortunio al crociato risale al 2011, quando vestiva la maglia del Villareal, poi alla Fiorentina, quando sembrava essere uscito da un tunnel che invece non lo abbandonerà mai, ma che “Pepito” ha affrontato senza perdersi d’animo. Speriamo tutti possa essere differente l’epilogo per Nicolò Zaniolo, infortunatosi al legamento crociato del ginocchio sinistro, nel corso della partita fra Olanda e Italia valevole per la Nations League, a nemmeno un anno dalla lesione al legamento anteriore del ginocchio destro associata a quella del menisco, accusata contro la Juventus. Lo aspettiamo per l’Europeo.

Prevenzione, conseguenze e complicazioni post-traumatiche
Per prevenire traumi ed infortuni dell’articolazione del ginocchio è necessario porre molta attenzione ai muscoli che agiscono sull’articolazione. I muscoli adduttori, i flessori (es. bicipite femorale), e gli estensori (es. quadricipite femorale) della coscia. Esercizi di stretching, pre e post allenamento possono risultare fondamentali per mantenere l’articolazione fluida. Anche la forza muscolare è tuttavia molto importante, al fine di poter sostenere carichi di allenamento senza subire sovraccarichi, che risulterebbero molto pericolosi per l’articolazione: esercizi di potenziamento muscolare sono consigliati anche per i muscoli che agiscono indirettamente sul ginocchio, come quelli dell’anca o della gamba. Infine, molta attenzione va data alla postura che, quando mantenuta corretta, fornisce un grande aiuto all’atleta, mentre se errata può anche danneggiarne la tenuta fisica.
Complicazioni post traumatiche possono insorgere a seguito di infortuni, soprattutto se gravi. Negli atleti questo non dovrebbe essere un problema, vista la possibilità di sostenere programmi di recupero e fisioterapia ad hoc, con staff molto preparati e a loro completa disposizione. Tuttavia, le complicazioni interessano anche questa categoria. Detto delle ricadute, molto comuni quando l’articolazione è ancora precaria, e quindi può andare incontro ad un nuovo trauma, che, come abbiamo visto, possono minare in maniera irreversibile la condizione fisica e, conseguentemente, la carriera di un calciatore. Spesso, però, ad un infortunio può seguire un involuzione del calciatore che, nonostante un ritrovamento della salute fisica, deve superare le complicazioni psicologiche derivanti dal trauma subito. Penso a calciatori come Stefano Sensi che, oltre ai continui fastidi, deve fare i conti con la paura di ricadere nel tunnel, che gli impedisce di “metterci la gamba” e dare il massimo nei contrasti, condizionandone inevitabilmente in negativo le prestazioni.

Chiudo con un’utopia: quanto sarebbe bello se si potessero azzerare definitivamente questi infortuni? Chissà, magari, nel futuro, la ricerca medica e tecnologica riusciranno a ridurre al minimo la probabilità di incorrere in traumi di tale genere, ma, fino ad allora, tutti i calciatori dovranno, prima o poi, ritrovarsi "faccia a faccia" con un infortunio, e starà a loro vincere la propria personale partita, anche fuori dal campo.