Il sabato pomeriggio bisogna obbligatoriamente fare la «spesa grossa». E non c’è verso di cambiare questo assioma perché ad ogni: «Amore, l’abbiamo fatta la scorsa settimana» corrisponde una reazione uguale e contraria del calibro di «Lo so, ma mi sono dimenticata *lungo elenco di merceologie che sembra consistere in un ordine di un rappresentante di prodotti alimentari*». Finita qui? Ma non scherziamo, poi c’è la tappa obbligata in quello store di origine svedese che… sì, avete già capito. E se abito in una zona dove non c’è? Potrei essere salvo? Non ci pensare proprio! Si va al centro commerciale più vicino. E se anche quello è fuori mano? Allora si va a trovare un parente di quarta generazione o una coppia di amici conosciuti per sbaglio ad una qualche «Giornata del Libro/Cinema/Fumetto» perché «è da una vita che dobbiamo andarci!». Ogni volta te la scampi, ma poi… arriva il momento e ‘sti ca…rissimi!

Va beh, che vuoi che sia, è giusto così. Tanto poi arriva la sera, doccia, preparazione e, dopo una settimana di lavoro, di studio, di scazzi, di sfanculamenti risparmiati e non trattenuti, si esce. Pizza, fast food, cena elegante: qualsiasi cosa, l’importante è ricaricare le pile. Dopo si va al cinema, a teatro, a vedere un concerto del proprio cantante preferito o della sconosciuta band emergente che si diverte a stonare, ma sempre con passione sfrenata. Si sorseggia un cocktail, il tradizionale o quello inventato di sana pianta dal «mio amico che fa il barman in quel posto». La compagnia di amici, di quelli che ami come fossero fratelli, ma anche di chi non sopporti e ti fai andare bene perché «non possiamo andare d’accordo con tutti». Dopo il divertimento, la chiacchierata, i punti di vista… si fa l’amore con il proprio partner, quello della propria vita o quello di una sera. Non c’è spazio per altro che non sia l’odore della persona che ti piace, che desideri ardentemente, che ti conosce più di chiunque altro o, al contrario, che non sa neanche come ti chiami. E dopo? Beh, domenica mattina si va a messa o ci si sveglia tardi: fatto sta che ci si ritrova a pranzo la domenica in famiglia alle 12:30 in punto, non un minuto dopo. Bisogna mangiare bene, digerire e poi, alle 14:30, dirigersi con parenti e amici verso lo stadio. Prendere la sciarpa d’ordinanza, il cappellino, la maglietta scaramantica, il biglietto e… finalmente, alle ore 15, dopo sette giorni di attesa, la propria squadra del cuore affronta una partita di campionato. Stupendo!
Scusa, però, un momento: e se la tua squadra gioca in trasferta o tifi una squadra che non è della tua città? Beh, in quel caso, si accende la tv, pagando un abbonamento a prezzo di mercato, e ci si sintonizza davanti allo schermo mangiando una bella fetta di torta e magari insieme a tutta la famiglia.
Finisce la partita: vittoria, pareggio o sconfitta. Puoi godere o piangere, festeggiare o incazzarti, ma il gusto di vivere la sfida è proprio questo. Bello quando vinci ma anche quando perdi. «Chi vince non sa cosa si perde» (cit.). Già, quanto è vero.
Fatto sta che il pomeriggio è finito, si fa ciò che si ritiene opportuno, poi alle 18 arriva quella trasmissione storica sul primo canale della TV di Stato e… la sera.
Cena, posticipo serale, film o una puntata di una serie in streaming.
Si fa l’amore.
E poi si ricomincia nuovamente a lottare per un’altra settimana.

TORNIAMO COI PIEDI PER TERRA
Ciò che ho appena descritto è il weekend dei sogni della stragrande maggioranza degli appassionati di calcio (ovviamente in condizioni normali, non di certo da un anno a questa parte in cui stiamo vivendo l'incubo dell'emergenza sanitaria), il prototipo di fine-settimana che qualunque persona ami questo sport vorrebbe vivere (tranne la parte del franchising svedese, ma questa è un’altra storia…).
Purtroppo, non è così. È da tempo che il mondo del calcio è lontano anni-luce dalla situazione-tipo suddetta.
«Ah, da quando Baggio non gioca più… non è più domenica».
Canta così Cremonini, inconsapevole profeta. Già, senza il Divin Codino il calcio ha perso tanto della sua luce, ma non è solo questo che ha contribuito a far perdere il fascino del settimo giorno. La domenica per come era conosciuta si è evoluta sempre di più, soprattutto per gli amanti del calcio. Sicuramente vi sono stati degli innumerevoli benefici (la possibilità di guardare in diretta qualsiasi incontro è divenuta ormai a portata di mano, anzi, di click), ma è altrettanto vero che è stato smarrito quel sentimento che caratterizzava la domenica vissuta come giornata sacra da ogni calciofilo che si rispetti. Quali sono le motivazioni? Presto detto.

  • Inflazione

No, aspettate, non ho indossato i panni di un giornalista de “Il Sole 24 Ore”. Con il passare del tempo, gli impegni calcistici si sono moltiplicati. O meglio, non è tanto il numero di singole partite per club ad essere stato incrementato (che potenzialmente è cresciuto ma non in modo esagerato), quanto la copertura quotidiana dei singoli eventi sportivi. Non passa giornata in cui non vi sia almeno un incontro di un campionato nazionale, giovanile, locale o internazionale. Lo confesso, anche a me, da ragazzino, sfuggiva sovente l’espressione: «Ragazzi, ma quanto sarebbe bello se giocassero ogni giorno?». L’ingenuità dell’adolescenza prendeva parola. Sì, perché ammettiamolo: le partite sono il fulcro di questo sport, non ci stancheremmo mai di vederne in teoria, ma in pratica è realmente così? «Chi sa solo di calcio non sa niente di calcio». Quando rileggo questa frase straordinaria del più grande allenatore di sempre della storia dell’Inter (ops, spoiler…) la rielaboro e rifletto. Davvero si crede che avere la possibilità di assistere a più match possibili sia il massimo per un amante del pallone? Realmente ingozzarsi di partite ad ogni ora del giorno tutti i giorni della settimana può essere qualcosa di cui essere felici? No, non lo è. Il motivo è semplice e per comprenderlo appieno potrei fare un esempio proprio sul tema.
La più grande competizione calcistica universalmente riconosciuta è il Mondiale. Qualitativamente non lo è (ritengo la Champions League superiore per tasso tecnico) ma a livello emotivo non c’è nulla di paragonabile alla Coppa del Mondo.
La sua attrattività è tale anche per via della sua rarità: giocare una volta ogni quattro anni rende questo torneo ancor più unico, proprio per via della scarsa frequenza. L’attesa del piacere è essa stessa il piacere (cit. Shakespeare, connazionale degli inventori del calcio. Coincidenze? Io non credo. Musica misteriosa…). Questo è l’esempio estremo, ma pensiamo anche alle pause per la Nazionale o a quella estiva tra un campionato e l’altro. Ci mancano le gare, ne sentiamo la mancanza proprio perché non le abbiamo con costanza. Quando invece ci abbuffiamo… quasi non ci accorgiamo che ci sono state tantissime sfide.
Insomma, direi che è abbastanza chiaro: se non è più domenica, è anche colpa dell’eccesso di match che vengono proposti con eccessiva frequenza.

  • Spezzatino 

Non mi capaciterò mai del motivo per cui dal calcio britannico non importiamo mai le cose migliori. La ripartizione equa dei diritti televisivi, tanto per cominciare. Ci rendiamo conto che la Championship inglese ha un tasso tecnico così alto che i club di appartenenza potrebbero tranquillamente tenere testa a molte squadre della nostra massima serie? Questo non è solo merito delle capacità manageriali dei dirigenti, ma anche delle condizioni in cui operano. Se i proventi dei diritti vengono ripartiti con criteri più adeguati, anche le piccole possono rinforzarsi e questo è un bene per tutti, grandi comprese. Basta con partite scontate, al bando i risultati già acquisiti. La curiosità di vedere sempre calciatori di valore in qualsiasi incontro, la bellezza e l’intrattenimento offerto da tutto il palinsesto. Un ragionamento che meriterebbe una trattazione a parte. Non solo questo, però. La coppa nazionale senza teste di serie. Tutti potenzialmente contro tutti, una competizione che possa far sognare anche il paese piccolino lontano dalle grandi metropoli, che per un giorno si ritrova i campioni più acclamati nel proprio piccolo stadio. A proposito, vogliamo parlare della questione impianti o è meglio non infilare il dito nella piaga? Invece di prendere spunto da queste grandi opportunità, pensiamo al Boxing Day, completamente estraneo alla nostra tradizione, e allo “spezzatino”. Si gioca venerdì sera, sabato e domenica in tutte le finestre possibili, addirittura il Monday night (dai, su!). Ci rendiamo conto che per un semplice appassionato non è assolutamente naturale poter seguire tutte le partite possibili? Si parla spesso di introiti pubblicitari e del fatto che più match si hanno a disposizione più si incassa. Ma siamo realmente sicuri di ciò? Il mercato dei consumatori di calcio si sta disaffezionando, si allontana anche per quello che è diventato questo sport. Si è persa la sacralità della domenica. E a questo non può rimediare nessun fatturato.

  • Soluzioni

Il 3 gennaio 2021 è una giornata a suo modo storica per il nostro calcio. Dopo quasi nove anni, precisamente dal 13 maggio 2012, tutte le partite del singolo turno si sono disputate di domenica. Badate bene, non in una singola giornata (era già accaduto altre volte) ma nel giorno convenzionalmente consacrato al pallone. Una meraviglia.
E lo dico nonostante ci siano state delle partite fuori dall’orario delle 15, ma diciamo la verità: quanto è stato bello? Avere un’intera giornata da vivere con tutte le squadre in campo, molte in contemporanea.
Adesso, io sono un sognatore, ma è banale dire che non si può tornare indietro. Giocare tutti alle 15 è impensabile e tutto sommato non è auspicabile. Infatti, il calcio che io ho sempre vissuto ha sempre previsto anticipi e posticipi, ma sensati. Se ci sono le coppe europee, due match vanno anticipati al sabato. E questa è anche una bella idea dal punto di vista sociale. Quanti locali offrono il servizio di visione della partita insieme ad un bel piatto da gustare, una buona bibita e un po' di compagnia? Quindi, ben vengano gli anticipi. E il posticipo domenicale? Nulla di meglio. Dopo che tutti hanno giocato, attendere il big match, l’incontro di cartello a chiusura di due giorni di calcio intenso, è qualcosa di straordinario. Poi, siccome il calcio è un business, tolleriamo anche l’incontro delle 12:30. Il mondo commerciale ha le sue ragioni. Dopo, però, basta. Venerdì, sabato alle 15, domenica alle 18, lunedì pomeriggio, lunedì sera. No, diamine, no! Già avere due anticipi, il lunch match e il posticipo è davvero tanto. Lasciamo spazio alla Serie B e ai campionati giovanili il sabato pomeriggio. Dedichiamoci ad altro. Il calcio è bello perché deve essere vissuto, gustato, atteso. Altrimenti diventa qualcosa di statico, e io questo non lo apprezzo. Per natura, non amo la staticità. E sono abbastanza convinto che per molti sia così.

Ho scritto queste righe in seguito a questa straordinaria giornata e anche in concomitanza di un video sulla piattaforma di video sharing più famosa del mondo finito nella lista dei “Consigliati per te”. Non potevo crederci. Era il servizio della trasmissione “Controcampo” del derby del 2002 tra Milan e Inter, deciso da un gol di coscia di Vieri. Non so come spiegare quello che ho provato. Per carità, adesso abbiamo le immagini live, tutto rapido. Immediato. Lì, però, in quel servizio che andava in onda poco dopo il fischio finale, con il tempo necessario per montare, c’era qualcosa che davvero non so esprimere. Lo stadio colorato, pieno di fervore e di desiderio. Lo so, è un discorso nostalgico, ma veramente c’era qualcosa di magico in quelle immagini assolutamente non in alta definizione. Ecco, nei miei sogni ci sarebbe un ritorno a quella domenica, a quelle trasmissioni, a quell’atmosfera. E badate bene, non sto dicendo che bisogna tornare in modo drastico a quel periodo, ma semplicemente far rivivere delle emozioni che questo calcio potrebbe dare se fosse vissuto e organizzato in modo leggermente differente.
Ultima battuta: il 13 maggio 2012 lasciava la Juventus Alessandro Del Piero, storico capitano. Sono trascorsi quasi nove anni. Dopo Maldini e Pinturicchio, anche Zanetti e Totti hanno lasciato le rispettive maglie. L’epoca delle bandiere è finita, forse definitivamente. Ma la domenica no.
Restituitecela.

Indaco32