In Francia, a Rennes, quasi fosse una compagine meno dotata di un Monza qualunque, il Milan esce dal campo con una qualificazione in tasca ma con l’ennesima riprova che TUTTE le componenti societarie sono giunte al capitolo conclusivo della loro storia.
Se è vero che nei due tempi regolamentari la formazione rossonera esce pesantemente sconfitta nel gioco più che nel punteggio. Il risultato dovrebbe spiegare tre reti subite, due calci di rigore concessi (almeno uno dei due, il primo, su gentile concessione dell’arbitro portoghese João Pedro Silva Pinheiro), il pallino del gioco costantemente lasciato all’avversario e poche ripartenza a sfiancare il suo morale (mi chiedo perché non si chiamano più contropiedi. Anche questa è “cancel culture”?). Il Milan dei Van Basten, dei Massaro e Albertini, degli Inzagol (per non confonderlo con… quell’altro) è a distanze siderali. Basterebbe un poco di meno. I tifosi milanisti si accontenterebbero di una formazione di minor valore rispetto a quelle del suo unico passato, un undici che lotta e vince, lotta e pareggia, lotta e perde.

Lotta
Lottare significa (definizione da vocabolario) “impegnare le proprie forze materiali o spirituali in una decisa azione di affermazione o di difesa di sé stessi, qualcosa o qualcuno che si ritiene importante". La squadra che entra in campo e che dovrebbe difendere i colori rossoneri e le ambizioni, aspirazioni, emozioni di un popolo presente in ogni angolo del mondo (una indagine recente aveva indicato in 4 milioni e duecento mila tifosi solo in Italia) delude e inanella prestazioni che indicano un disagio fisico, mentale o calcistico e tutto questo non può esser frutto di semplici casi isolati. Non è possibile ricondurre tutto all’indolenza di Rafael Leao (autore tra l’altro del secondo inaspettato pareggio nonché di una serie di occasioni da gol sprecate), alla scarsa qualità della difesa, Mike Maignan in testa (anche se fino allo scorso anno tutto il settore veniva considerato intoccabile), al centrocampo che non fa filtro (eppure in estate “qualcuno” predicava che serviva maggiore qualità in mezzo al campo), all’attacco che manca di un vero centravanti in grado di alternarsi a Olivier Giroud (e ricordo che a destra “il difensore” Alexis Saelemaekers è stato ceduto per esser sostituito da due attaccanti puri come Christian Pulisic e Samuel Chukwueze).

I problemi del Milan continuano in panca. Il Coach Parmense sta disputando una stagione costellata di errori. Se il suo obiettivo era quello di farsi rinnovare il contratto oso supporre che l’andamento del suo rendimento non lo giustificherebbe ma devo ammettere la mia ignoranza: al di fuori della politica del secolo scorso, Franklin Delano Roosevelt in primis, io non conosco né la lingua né tanto meno il modo di pensare degli americani di oggi. Se in panca ci sono problemi, l’altra metà del cielo (la Società e i suoi Dirigenti) non mi sembra messa meglio. Il Proprietario, nell’ultima settimana, si è reso protagonista di una gaffe mediatica che nemmeno Mike Bongiorno quando parlava della caduta sull’uccello della Signora Longari. Chiedere al “collega cinese” di contemplare un’eventuale partnership nella costruzione di un nuovo stadio non è sembrato essere uno sfoggio di savoir faire quanto una richiesta di aiuto nemmeno troppo velato.
Magari no.
Magari sì.
Certamente, sarebbe stato meglio non gettare benzina sul fuoco in questo periodo particolarmente buio dal punto di vista dei risultati sportivi. Non bisogna dimenticare che domenica arriva a San Siro l’Atalanta di Gasperini, la stessa che ha appena risuscitato il “brocco” De Katelaere e ci sta tallonando dalla quarta posizione in classifica.

Ogni partita di questa stagione calcistica rossonera è una sofferenza per le coronarie. Non è l’unica. Ricordo il Milan della gestione Giussy Farina. Quando arrivava la domenica mi chiedevo a quale santo mi sarei dovuto appellare per portare a casa un bel risultato. Su una cosa, però, ero quasi certo: che tutti, dai calciatori ai Dirigenti, stavano dando il massimo. Icardi (no, non quello dei cartonati, Andrea) non era un calciatore degno di essere ricordato nella Hall of Fame rossonera ma sputava sangue e usciva sempre con la maglietta zuppa di sudore. Se questi nomi possono risultare troppo antichi per la maggior parte dei lettori allora oso permettermi di citarne uno che ha sempre odiato perdere o pareggiare e fatto di tutto per vincere tutti gli incontri in cui veniva schierato in campo: Zlatan Ibrahimović. Oggi è in tribuna, consigliere speciale di RedBird. Chissà quanta bile ha ingoiato quando ha visto il risultato di Rennes.

Ultima annotazione: l’arbitraggio. Anche in Francia il Milan ha dimostrato di essere una Società di calcio vilipesa e insultata per il suo passato prima ancora che per il presente. Se gli errori in campo dei calciatori rossoneri ci sono e in quei casi vanno sanzionati. Tuttavia, sono stufo, stufo, stufo, stufo… di vedere la mia squadra di calcio subire decisioni arbitrali che non hanno niente a che vedere con l’errore umano o con lo scarso rispetto che viene riservato a una società dal pesante e ingombrante blasone. Mi vergogno del livello degli arbitraggi riservati ai rossoneri in Italia e in Europa e del penoso silenzio che in Società segue senza reagire questo ripetersi di errori su errori.
Anche la Società deve sputare sangue e inzuppare la maglia se vuole entrare nella Storia. Finora non ha meritato nemmeno di essere inserita nello sgabuzzino delle scope, perché il Milan is under the fire…