Mentre seguivo le azioni della partita Salernitana-Milan ho dato una occhiata anche a una chat rossonera. Con un occhio assistevo impotente alla contesa tra i campani che lottavano come leoni contro uno spento Milan e con l'altro cercavo di cogliere l'umore, il polso di un popolo che non ne può sicuramente più.

In modo particolare, nel coro quasi unanime di lamentele contro Pioli, Loftus-Cheek, Leao e Giroud, ho colto un unico commento andar controcorrente e che sembrava sostenere che peggio del (non) gioco della squadra allenata dal Parmense fosse la lettura delle feroci critiche di quei tifosi che, sottintendeva sostenere il suo sconosciuto autore, non potevano appartenere a milanisti DOC, tesi a incitare sempre i propri beniamini ancor più nei duri momenti di difficoltà.

Ecco, quelle parole, così in controtendenza con lo spettacolo indecoroso che stavano offrendo Maignan e compagni, mi hanno toccato nel profondo dell'animo e fatto riflettere. Ciò che avrei voluto rispondere a quel breve e, suppongo, molto sentito commento sono le stesse frasi che un altro tifoso ha usato, anticipandomi di qualche istante e il cui senso si può sintetizzare così: criticare non significa essere cattivi tifosi (o essere cartonati).
I rossoneri hanno subito l'ennesimo gol su calcio da fermo (ormai sono anni che capita e continuo a chiedermi, visto che gli interpreti sul campo sono cambiati, com'è possibile che ancora non sia stata messa una pezza). È un fatto. Tra il sessantesimo e il settantacinquesimo (al 63°, per la precisione. Ormai, questo lasso di tempo si può chiamare scomfort-zone) il Milan subisce una rete che spesso diventa decisiva per l’esito dell’incontro. È un altro fatto. Sono passati pochi mesi dall’inizio del campionato e a queste due costanti negative non è stato posto rimedio. Repetita juvant? È un fatto, ancora una volta.

Non capisco cosa possa fare di più un tifoso che spende soldi per mantenere, quasi a ogni incontro, questo spettacolo indecoroso. È vero che, l'Europa in questo insegna, le opinioni stanno diventando reato e debbono essere perseguite, ma arrivare anche a tacitare i mal di pancia allo stadio, in TV davanti a DAZN o su una seggiola al bancone del Bar dello sport, mi sembra se non eccessivo almeno alquanto prematuro.

Tuttavia, quanto accaduto allo stadio Arechi di Salerno tra gli atleti dell'ex bomber rossonero Inzaghi e la truppa gestita dal Coach tanto amato dagli "americani", non può che richiamare alla memoria le dichiarazioni proprio del parmense di qualche settimana fa: "Ho detto ai miei giocatori di non presentarsi se non credono di raggiungere Inter e Juve. L'indomani erano tutti presenti a Milanello”.

Forse, questa domanda occorreva porla ai calciatori della Salernitana: "Lo sapete che il Milan vuole vincere la seconda stella?". Inevitabilmente, credo che la loro risposta sarebbe stata una sonora pernacchia perché da come hanno giocato la partita, arrivando sempre primi sulla palla, vincendo i contrasti, pressando e giocando con orgoglio e vigore, sembravano esser loro la terza forza del campionato e non l'ultima del torneo.
Dopo la delusione dell'eliminazione dalla coppa che conta e la retrocessione in Europa League, l'Alto Prelato ha inviato a tutti i tifosi rossoneri un augurio di Buon Natale rigorosamente prima dell'incontro (forse sapeva qualcosa che noi umani…). Si è detto anche dispiaciuto per il mancato raggiungimento del minimo obbiettivo europeo e per la classifica in campionato. Ha esortato tutti in Società a credere nel raggiungimento del traguardo della coppetta di scorta che è sicuramente alla portata di un organico come quello milanista.

L'ennesima delusione in campo nazionale ha però riproposto un tema molto pratico e poco teorico: puntare a un obiettivo non significa raggiungerlo. Ai tifosi rossoneri che vedono ogni giorno di più, quest'anno, sfumare i propri sogni e aspettative non resta che attaccarsi con lo scotch al nuovo mantra propagandato dal World Economic Forum di Davos: "Non avrete nulla ma sarete felici".
Sulla prima parte del concetto direi che il Coach e la Società ce la stanno mettendo tutta per raggiungere il traguardo dei "zeru tituli" di mourinhana memoria. Sull'essere felici, invece, non ci resta che mangiare un bel pandoro a Natale (non quello Ferragni/Balocco) e stare a vedere cosa succederà alla prossima partita, senza Tomori, uscito per infortunio, l'ennesimo.

Sono trenta.
È un fatto.
L'ultimo?

Chi vivrà vedrà...