Il proprietario americano del Milan, in una intervista rilasciata al Corriere della Sera, era stato chiaro: sono qui per restare a lungo e voglio vincere.
Mi chiedo, dopo la pessima prestazione offerta dalla squadra rossonera in quel di Monza, al Brianteo, se tale intenzione viene condivisa anche “dall’annoiato” Coach Parmense e dalle formazioni che schiera per raggiungere questo obiettivo. Mentre i padroni di casa ci mettono l’anima, si presentano in campo con l’undici migliore a disposizione, la compagine meneghina lascia in panchina ben cinque titolari (tutto l’attacco più altri due suddivisi equamente tra centrocampo e difesa). Il Milan va quasi subito in bambola e nel gioco si rivela essere troppo lento, compassato e prevedibile. Gli uomini di Palladino e Galliani, invece, ci mettono il giusto piglio, la grinta, la forza di volontà e la cattiveria necessaria, quanto basta per andare al riposo con un doppio vantaggio. Vanno in gol prima con Mota su passaggio di Colpani e poi con Pessina.

La prima frazione di gioco si chiude con un pesante passivo per i rossoneri ma il Monza fino ad allora non mostra di rubare nulla. Non è una scusante la prestazione infelice di Thiaw, che mette lo zampino in negativo su entrambe le segnature. Gli uomini di Palladino meritano il vantaggio e chiudono meritatamente in vantaggio la prima frazione di gioco. C’è tempo per rimediare se ne ha la forza, la convinzione e si correggono gli errori commessi durante i primi quarantacinque (cinquanta) minuti.

Al ritorno in campo, la formazione rossonera si presenta con un anomalo triplo cambio. Restano negli spogliatoi Yacine Adli, Samuel Chukwueze e Noah Okafor e vengono sostituiti da Tijjani Reijnders, Christian Pulisic e Rafael Leao. L’anomalia sta nella inconsueta rottura degli schemi tipici dell’allenatore rossonero, il quale effettua variazioni nella formazione in campo solo a partire dal 70°. Tale decisione sembra dettata da un ripensamento o dall’ammissione di colpa, dal riconoscere di aver sbagliato a valutare lo stato di forma e soprattutto la coesione degli atleti schierati, dal riconoscere nel Monza un avversario più ostico di quanto preventivato.
Sembrerebbe.
Forse sì.
Forse no.
Mentre il Milan si chiede se vuole raggiungere e superare con tutte le proprie forze la Juventus che è lì, a portata di sorpasso, manco fosse in una fase amletica della sua partita, il serbo Luka Jovic si fa espellere per uno schiaffo rifilato al difensore Izzo, bravo nel provocare un attaccante che per una sera torna a essere ingenuo e inconcludente.
In dieci uomini, con Olivier Giroud subentrato a Ismaël Bennacer, i rossoneri giocano meglio e tra il 64° e l’88° raggiungono un meritato e insperato pareggio.
A questo punto, una formazione padrona del gioco avrebbe condotto in porto un pareggio che sapeva di beffa, ma per come si erano messe le cose sarebbe stato un risultato in grado di lenire parte del risentimento dei tifosi per aver mancato l’aggancio al secondo posto della classifica di Serie A. Purtroppo, la serata non è stata una di quelle che il tifo milanista ricorderà per il più insperato dei pareggi (come ad esempio nella stagione 1978/79 quando Inter Milan terminò per 2 a 2 con una doppietta siglata da Walter De Vecchi all’80° e all’89°, con due tiri da fuori area). Prima Bondo al 90° (su passaggio di Daniel Maldini) e poi il canterano rossonero Lorenzo Colombo su assist di Pessina fissano il risultato sul 4 a 2, proprio come nella fatal Verona del 1973.

Il risultato finale è stato giusto per quello che le squadre hanno espresso in campo. Il Monza batte impietosamente Pioli per 4 a 2. Per veder realizzata la voglia di vincere del Proprietario rossonero occorrerà aspettare altre occasioni. Del resto, la pazienza all’americano non manca.
Quasi tutti i tifosi del Milan, invece, l’hanno già persa. Un tempo andava di moda nel calcio uno slogan che mi auguro verrà smentito a fine stagione: «e anche quest’anno vinceremo l’anno prossimo».