La battaglia del Little Bighorn ha avuto luogo il 25 giugno 1876 ed è stata combattuta tra un connubio di forze Lakota (Sioux), Cheyenne e Arapaho (rigorosamente con una sola erre) e il 7º Cavalleggeri dell'esercito degli Stati Uniti d'America nei pressi di un torrente che si trova nel territorio orientale del Montana: il Little Bighorn.
Da una parte ci sono stati, si stima, tra 900 e 2.500 uomini, dall’altra 647, seppur meglio armati e addestrati nonostante quel che si è sospettato all’epoca. La sonora sconfitta è stata determinata dalla differenza numerica, la migliore conoscenza del territorio e il temperamento, la volontà di vincere dei nativi nordamericani.
La figura del generale Custer (abbastanza controversa) si è macchiata di una infelice scelta di campo agendo sulla base del suo istinto e non su informazioni concrete. Non ha atteso l’arrivo del generale Terry che avrebbe rimpolpato le forze del suo esercito, ha creduto che gli abitanti del villaggio di nativi dove si è svolta la battaglia sarebbero fuggiti al suo arrivo, quei pellirosse che sono stati avvistati durante la marcia non hanno affatto dato l'allarme (perché si trattava di tribù in viaggio per unirsi alle altre nel villaggio e alcune di queste sono arrivate sul campo di battaglia solo dopo che la battaglia era già cominciata), non ha ascoltato i suoi scout che lo stavano ripetutamente avvertendo dell’eccezionale numero del nemico, ha stancato inutilmente uomini e cavalli ordinando marce forzate, ha diviso il reggimento senza fare un piano di battaglia preciso e sapere esattamente dove si trovasse il villaggio luogo dello scontro finale, ha dato a soldati e ufficiali ordini improvvisati, poco chiari e contraddittori.
La disfatta è stata la naturale conseguenza di questi fatti.

La sconfitta subita dal Milan a San Siro la notte del 10 gennaio in Coppa Italia per merito (lo sottolineo) dell’Atalanta di Gasperini (che, espulso, ha giocato addirittura a memoria) è la Little Bighorn della proprietà americana del Milan. Gli stessi errori di boria e arroganza commessi dal generale Custer sono stati quelli commessi da TUTTI i livelli societari: la proprietà, la dirigenza, la conduzione tecnica, la squadra. L’unico settore che non ha avuto colpe da addebitarsi è il pubblico che ha gremito lo stadio e si è incollato ai televisori e che anche se si divide al suo interno (tra i Pioli-out e i sostenitori invece del barcaiolo Flegias, in nome del semplicistico concetto che se lo si esonera “chi mettiamo al suo posto?”) lo fa solo per un eccessivo amore e grandissima fedeltà ai colori sociali.

La sconfitta sul campo è stata netta. La Dea ha sovrastato i rossoneri nel gioco. Occorre essere sinceri e obiettivi nella disanima dei fatti. Il cuore è un’altra cosa e i tifosi milanisti hanno già dimostrato di averne più di tutti gli altri. Il gioco espresso dalla formazione schierata dal Coach parmense (palla lunga a Leao) è stato sovrastato dall’avversario che correva e faceva correre la palla meglio di chi vestiva i colori rossoneri.

Il tema arbitrale, spinoso, non fa che aumentare il rammarico e la distribuzione delle colpe perché una Società debole, composta da dirigenti non all’altezza, può (sottolineo… può) venir cannibalizzata negli episodi chiave da una classe arbitrale di bassa qualità, anche in ogni occasione. A tutti piace salire sul carro dei vincitori e il fenomeno grazie al quale si perdonano (malvolentieri) gli errori che gli arbitri commettono, la “sudditanza psicologica”, non è altro che uno dei tanti modi con cui persone incapaci pensano di aver compiuto la giusta scelta comportandosi sempre da deboli con i forti e forti con i deboli.
Il Milan dell’Alto Prelato, con tre obiettivi stagionali su cinque falliti nel giro di pochi mesi (corsa scudetto, coppa campioni, coppa Italia) è chiaramente diventata una nobile decaduta anche dal punto di vista del rispetto arbitrale.

Rimangono due bersagli da centrare: piazzamento Champions e Europa League. Con lo spirito del generale Custer mi sembra difficile si possano raggiungere ma nel calcio le sorprese sono all’ordine del giorno. Anche rivedere il Coach salvo al suo posto di traghettatore verso il nulla. Soprattutto questo...