Quando la storia di un calciatore diviene famosa è normale trovarla scritta in biografie varie, ma quella che vi vado a raccontare oggi è divenuta storia senza che questi sia divenuto ne un giocatore rimasto negli almanacchi o che abbia avuto una carriera stellare tanto da essere ricordato o nominato negli anni, se non per quel che successe in una delle tante domeniche su i terreni di gioco, quelli del calcio scozzese, dove un giovanissimo portiere s'affacciava in modo definitivo nel calcio che contava: John Thomson.

Jhon Thomson, nasce a Kircaldy (Scozia), il 28 gennaio 1909. Fin da bambino si trasferisce con la sua famiglia,John il padre, Jean casalinga e Jim fratello minore, a Cardenden a pochi chilometri da Glasgow, in un villaggio di minatori. Appassionato di calcio fin dalla tenera età, gioca nella dei minatori, dove poco dopo segue le orme di suo padre, minatore, che all'età di quattordici anni lo porta a lavorare con se, dove si presta a portare caricare e spostare le carrucole. Nel frattempo nel dopo lavoro i vari operai si prestavano a partitelle di calcio, e il giovane Jhon si prestava a giocare in porta, ruolo che gli piaceva molto. La mamma di Jhon, Jean, non era d'accordo con la passione di suo figlio, perchè pensava che il calcio fosse uno sport brutale e metteva in pericolo la vita delle persone, ma la passione del ragazzo alla fine ebbe la meglio. Jhon non aveva un fisico importante, era alto 175 cm ed esile, però aveva nelle braccia e nelle gambe una forza fuori dal normale, che proprio il duro lavoro in miniera lo aveva portato ad avere. Le sue partitelle con i minatori, richiamarono un certo numero di persone a seguire le gesta del giovane, per le sue incredibili doti tra i pali, in alcune gare era insuperabile ed aveva nelle uscite il suo punto di forza. All'età di 16 anni, dopo essere stato visionato dal Bowill Rovers, squadra ai confini della Scozia e averci giocato alcune amichevoli, passa poco dopo al Wellesley Juniors, dove esplode nel breve tempo, tanto da portare l'intera Scozia a parlare di lui, questo portò addirittura il manager del Celtic Steve Callaghan, spedito dalla società, a trattare la cessione del ragazzo per la modica cifra di 10 sterline, con la mamma che tentava vanamente di far rifiutare al figlio di entrare nel calcio per la paura che continuava a pervadere la sua testa, ogni giorno che passava. Jhon Thomson si trasferisce a Glasgow ed entra tra le fila del Celtic nel 1927, e anche grazie alle non eccellenti prestazioni del primo portiere Peter Shevlin, l'allenatore Willie Maley, decide di farlo esordire nella gara di campionato contro il Dundee, a 18 anni, tanto da riuscire a strappare in modo definitivo il posto da titolare per l'intera stagione, che si concluse con la vittoria della Coppa di Scozia e il secondo posto finale dietro al Ranger Glasgow in campionato. Thomson conferma e stupisce la platea del Celtic Park, nel breve tempo diventa il piccolo fenomeno del popolo bianco verde. Nella stagione successiva, una grandissima prestazione contro i rivali nel derby dei Ranger Glasgow all'Ibrox Park lo porta ad idolo indiscusso e lodi della critica. La mamma però continuava a pregare suo figlio di lasciare il calcio e concentrarsi sulla vita da minatore, e che le sue sensazioni non portavano a nulla di buono, sembrava che sentiva che quello sport sarebbe stato più un calvario che un divertimento per suo figlio, ma Jhon non voleva sentire ragioni, lui voleva giocare al calcio. Thomson era un portiere che non aveva paura di nulla, arrivava a fare uscite al limite e molte volte rischiava tanto, perchè molte volte si faceva molto male. La sua uscita preferita era quella di tuffarsi faccia avanti ai piedi dell'avversario, per non dargli il tempo di ragionare e bloccare il pallone. Più giocava e più diventava forte, Thomson a 19 anni era il titolare indiscusso, mentre quel che era stato il portiere titolare fino la stagione scorsa sembrava essere caduto in un vortice negativo e sembrava destinato a non vedere più il campo, almeno con la maglia del Celtic. Thomson viene eretto con un soprannome che lo porta tra gli immortali del club 'Prince of Golkeepers' (Principe dei Portieri), tanto che si parlava di lui anche in ottica nazionale scozzese. John si galvanizzava sempre più, prendendosi gara dopo gara sempre più rischi sulle sue uscite, pur di sentire il suo pubblico esaltarsi. In una partita contro l'Airdrieonians nella stagione 1930-1931, all'età di 21 anni in uno scontro con l'attaccante avversario, colpito in piena faccia dal piede dell'attaccante avversario, riportò la rottura di due denti, mandibola, più alcune costole nella ricaduta. Nella lunga e dolorosissima ripresa, la madre continuò a spingere perchè il figlio lasciasse il calcio, ma nulla da fare, lui continuava a sognare di giocare al calcio e nulla gli avrebbe fatto cambiare idea, nemmeno infortuni gravi come quello che lo aveva appena colpito. Dopo quattro mesi di degenza, ritorna tra i pali del Celtic ed arriva la convocazione della nazionale, vinta per 2-0 sulla Francia. Ma la carriera di Thomson non aveva ancora trovato il suo apice, anche se ancora all'inizio, visto che entrò nel mito in una gara tra la nazionale scozzese e l'Inghilterra, dove si sarebbe trovato davanti il fortissimo attaccante inglese Dix Dean, il più forte cannoniere del campionato inglese, che però dovette arrendersi alle innumerevoli parate del ventunenne scozzese, che chiusero la porta ad ogni tentativo di rete della squadra di Sua Maestà, con la Scozia che riuscì a vincere per 2-0. In Scozia, Thompson arrivò ad avere elogi di un vero e proprio monumento del calcio, ed aveva solo ventuno anni. Al ritorno in patria con il Celtic conquistò la sua seconda Coppa di Scozia, battendo in finale il Motherwell. Nell'estate 1931-1932 la squadra venne invitata a partecipare ad un torneo negli Stati Uniti, dove Thompson venne addirittura etichettatto come il 'Portiere Più Forte Al Mondo'. In quell'estate molte sirene inglesi erano pronte a vedere il giovane fenomeno tra i pali dell'Arsenal. Fidanzato con Margaret figlia di un noto imprenditore, pronto a mettere radici in Scozia. Thompson però decise di restare al Celtic, e l'appuntamento con il destino era dietro l'angolo...

Durante un Old Firm - appellativo per ricordare la sfida storica tra Celtic-Ranger - in un Ibrox Park da ottantamila spettatori, la gara sembrava più ostica che mai, nessuno si risparmiava e la gara era molto rude, con entrate fuori dal limite in mezzo al campo. Thomson, come sempre prediligeva le uscite senza alcun timore. Tutto cambia nella ripresa, quando Thomson decide come al solito di fare una uscita avventata sull'attaccante nordirlandese Sam English involato verso la sua porta. Appena varcata la linea dell'area di rigore, Thompson si fiondò ai suoi piedi e nell'intento di prendere il pallone impattò violentemente con la testa sul ginocchio sinistro dell'avversario. La botta si udì talmente forte che lo stadio si chiuse in un silenzio tombale, soltanto l'urlo straziante e disperato di una donna, era Margharet seduta accanto al fratello di Jhon, Jim. I tifosi dei Rangers, iniziarono a festeggiare l'infortunio del portiere avversario, che esanime non si muoveva da terra, mentre il capitano dei blues, Dave Meiklejohn accortosi del grave infortunio, zitti i propri tifosi. La barella entrata di fretta e furia, caricò Thompson che sembrava essersi ripreso, mentre fissava il punto dello scontro. Appena fuori dal campo, i medici si accorsero che il colpo ricevuto era all'altezza della tempia sinistra e che gli aveva causato la rottura di un arteria e una rientranza del cranio di cinque centimetri. Trasportato al più vicino ospedale, alle 21:25 del 5 Settembre del 1931 spirò all'età di 22 anni, con l'intera commozione di tutta la Scozia. Due giorni dopo il giorno del suo funerale, il capitano del Rangers, Dave Meiklejohn, lesse l'omelia funebre, con trentamila persone che lo accompagnarono fino a Cardenden, villaggio dove era cresciuto. La popolazione scozzese continuò a bersagliare il capitano dei Rangers, additandolo come il colpevole della morte di Thomson, ma sia la famiglia del defunto che le autorità scozzesi non presero mai in considerazioni tali illazioni del popolo, tanto che Meiklejohn fù costretto a trasferisi in Inghilterra. 

Si conclude così la storia di un campione in erba, divenuto in breve tempo idolo di un club, Celtic, per poi essere nominato Eroe nazionale.Un portiere che per divertire la sua platea, i suoi tifosi, si lanciava su ogni pallone, e che proprio quel pallone che lui aveva tanto amato alla fine l'ha tradito. Jhon Thompson negli anni ha fatto conoscere la sua storia, seppur breve, ma che ha portato milioni di sportivi e amanti del calcio a conoscere la sua storia, che resterà per sempre nella storia calcistica del Celtic, della Scozia, ma anche del Mondo pallonaro intero.