La mia vita calcistica era divisa e contemporaneamente unita alla mia al di fuori.
Ero un ragazzino tranquillo ma che di colpo tirava fuori la sua 'genialata' per far ridere anche le persone che non avevano mai sorriso in vita loro, ma che quando indossava la divisa e gli scarpini diveniva di colpo serio e concentrato in sola direzione, vincere. Se come raccontato precedentemente il mio rapporto con l'allenatore era strepitoso e per il quale non smetterò mai di ringraziarlo per quei due campionati vinti con la squadra maggiore, c'era un rapporto invece spigoloso con il presidente. Ricordo che entrai nella mia squadra a soli 5 anni, e non ancora avendo un ruolo mio ricordo che spesso venivo spostato in tutti i ruoli nei primi 3 anni della mia carriera; da difensore a portiere, da centrocampista ad attaccante. Le decisioni prese a quel tempo spettavano almeno nella mia squadra non all'allenatore ma al Presidente, che era padre e padrone di quella squadra.
Ricordo che un giorno quel nanerottolo di 8 anni esplose tuonando aprendo la porta della presidenza "Io voglio giocare terzino!", ricordo lo sguardo attonito di mio padre e proprio di quel presidente che però nell'alto della sua età mi rispose "Si, si poi vediamo...". Mio padre mi sgridò "Devi accettare il ruolo che decidono loro, poi quando sarai più grande vedrai che troverai il tuo ruolo in campo".
Così ogni volta che entravo in campo mi vedevo spostato a destra e manca, mentre il figlio del presidente aveva già un suo ruolo quello di centrocampista-fantasista che il padre spesso millantava a tutti facendo passare suo figlio per un fenomeno, che poi in realtà non era. Io restavo in silenzio, ricordo che spesso che il mio primo allenatore diceva spesso "Ma questo ragazzino non ride mai?", ero cupo non accettavo che un presidente dovesse scegliere il mio ruolo al posto dell'allenatore, così un giorno preso da parte mi disse "Dove vuoi giocare?" e risposi "Terzino sinistro!", e così dopo avermi stretto la mano mi dire "Affare fatto, tu giocherai Terzino sinistro...".
Ricordo che quella scelta portò allenatore e presidente a vere e furibonde liti che per poco non sfociarono a veri e proprie scazzottate. Venimmo a sapere poi più avanti che quel ruolo non mi veniva assegnato perchè il Presidente aveva il figlio di un suo grandissimo amico che voleva giocare in quel ruolo. Così un bel giorno mentre stavamo svolgendo un allenamento l'allenatore mi disse "Devi giocare in porta!", io lo gurdai incredulo guardando quella mano che indicava che avrei dovuto mettermi tra i pali, e avvicinandomi chiesi "Scusa mister perchè devo andare in porta?", lui rispose "Ordini del Presidente". Arrabbiato e con le lacrime agli occhi andai verso la porta, e dietro sentivo proprio il presidente "Oh, tu sei giusto per la porta!", non risposi e nemmeno mi voltai, ero talmente nervoso che incitai i miei compagni a tirare in porta, scoprii però che il giocare in porta a lungo andare mi cominciava a piacere, tanto che decisi per ben 4 anni di restare tra i pali e nei quali mi tolsi tante soddisfazioni e addirittura di, in un torneo, parare ben 5 rigori e di vincere il trofeo, la cosa che però non mi andò giù fù il vedere premiato il portiere di casa che non solo era stato il peggiore per reti subite ma 'raccomandato' con la certezza di vincere il trofeo di 'Miglior Portiere', quello mi fece togliere i guanti dalle mani uscendo dal campo e con la certezza che non li avrei mai più indossati.

A 11 anni con la stagione alle porte entrai in presidenza: "Se non mi fa giocare Terzino Sinistro cambio squadra!", il presidente anche quella volta era pronto a farsi una risata, ma stavolta dalla porta entrò anche l'allenatore che ribadì la stessa cosa, quindi o gli si dava carta bianca per formazione e decisioni oppure anche lui se ne sarebbe andato. Il presidente chiese del tempo per pensarci, così dopo due giorni accompagnato da mio padre e dal presidente di un altra squadra mi ripresentai in società e dopo aver chiesto chi era questo signore che ci accompagnava capì che quel che avevo detto era certezza e non certo una sfuriata che poi sarebbe passata "Ok, facciamo che da oggi tu sarai il Terzino Sinistro della nostra squadra, non voglio che tu vada via. E se poi mi diventi un campione? Che figura ci faccio?".
Da quel giorno con la serenità mia e dell'allenatore divenni un punto di riferimento per quella squadra, più giocavo più maturavo e più gli obiettivi prefissati dalla società crescevano. Ogni tanto si affacciavano società di rango più alto si avvicinavano a chiedere la mia cessione ma da una presidenza abbastanza forte i rifiuti fioccarono a go gò, ero di colpo incedibile. Gli anni passarono e spesso mi veniva chiesto da i vari allenatori d'indossare la fascia di capitano ma declinai spesso quel ruolo, io ero importante come tutti gli altri non di più non di meno e quella fascia a mio avviso andava sul braccio di chi si sentiva superiore a tutta la squadra e io non mi ci sentivo, tutti eravamo essenziali. Dopo i due stupendi campionati vinti con la squadra maggiore tornai all'ovile, ma quelle due stagioni avevano fatto drizzare le antenne ad una società che avevo nel cuore fin da bambino...Infatti a 18 anni la chiamata per il provino che non t'aspetti (L'ho raccontato nell'articolo Quel Sogno Spezzato Di Vestire Bianconero) e l'entrare nello stadio visto una vita soltanto alla tv nelle gare della mia squadra del cuore e l'emozione d'indossare quella maglia...Il sogno alla fine si spezzò dopo che quella chiamata non arrivò mai. Così rindossando la casacca della mia squadra a 19 anni all'ultimo anno di carriera mi venne fatta una grandissima sorpresa...

Era l'ultima stagione lo avevo deciso io di appendere gli scarpini al chiodo e concentrarmi sul mio ultimo anno di scuola che poi mi avrebbe portato in futuro ad entrare in Università, e così dopo che la stagione stava per terminare all'ultima di campionato entrando negli spogliatoi e dopo un lungo abbraccio con tutta la squadra e allenatore, all'uscita dallo spogliatoio fui accolto dal Presidente che dopo avermi ringraziato per i 14 anni di carriera tutta con la stessa maglia mi mette la fascia di capitano sul braccio sinistro e ripete "Sarai per sempre il nostro capitano!", poi entrando in campo vengo accolto da un applauso e cori in mio favore e addirittura alcuni striscioni tra i quali uno che ripercorreva le mie presenze, le mie reti e un "Grazie Di Tutto!".
Non mi sarei mai aspettato così tanto affetto, e durante la gara ad ogni mia conclusione applausi e cori, avevo gonfi di lacrime ma nessun ripensamento quella sarebbe stata la mia ultima gara.
A fine gara vinta per 1-0 i miei compagni di squadra mi presero e lanciandomi in aria mi festeggiarono, poi con sciarpa al collo a metà campo l'ultima foto di gruppo con tutta la squadra, dirigenti e in sfondo i tifosi proprio con quello striscione con ringraziamento, poi l'uscita tra le lacrime doccia, uscita per l'ultima volta dallo spogliatoio, la vista per l'ultima volta del campo, l'uscita per l'ultima volta da quel cancelletto che mi aveva visto entrare da nanerottolo e che mi vedeva uscire per l'ultima volta da Capitano.