Basta.

Gonzalo Higuain non vestirà più la maglia della Seleccion, lasciata, tra l’altro, con un accenno di polemica.

Un attaccante tra i più devastanti del decennio e, numeri alla mano, tra i più continui.

Attaccante da doppia cifra fissa in ogni campionato disputato dal 2008 in poi (anche quest’anno, tra Serie A e Premier League, si trova a una sola lunghezza dalle 10 reti), letale in area di rigore e supremo nell’azzannare i palloni che gli vengono serviti.
Eppure, qualcosa ha sempre stonato nella sua carriera.
Quasi una maledizione.

Negli anni del Real Madrid, lui segnava a raffica (anche dopo l’arrivo di CR7), eppure è stato spesso bersaglio della critica da parte dell’esigente popolo del Bernabeu.
Il passaggio al Napoli fu salutato senza grossi rimpianti dai Blancos, che si “consolarono” giusto con qualche Champions vinta negli anni seguenti.
Lui, invece, arrivato in Campania conquista l’affetto del suo pubblico.
E’ il leader, è al centro di un progetto e con l’avvento del “Sarrismo” fa qualcosa di straordinario: vince il titolo di capocannoniere con 36 goal, uno sproposito per la patria del difensivismo.
Ma anche questo non basta per portare a casa il tricolore.

Contemporaneamente agli anni napoletani, con la maglia Albiceleste il rapporto si logora definitivamente: tre finali consecutive perse (il Mondiale brasiliano e le successive due edizioni consecutive della Coppa America). E chi è il colpevole? Lui. E’ lui che si è divorato il gol in finale contro la Germania. È lui che comincia a diventare l’eterno perdente.
Colui che doveva guidare l’attacco argentino tradisce le attese tre volte di fila.
E, nell’estate 2016, gli azzurri perdono il loro Re. Lascia il trono sul Vesuvio per andare all'ombra della Mole.
Vince lo scudetto con il numero 9 a tinte bianconere e il suo rendimento in termini realizzativi è altissimo come sempre.
Arriva un’altra finale, stavolta di Champions League: persa anche questa. Malamente, proprio contro quel Real Madrid che pochi anni prima lo ha lasciato andare senza pensarci troppo.
L’anno dopo arrivano altri titoli nazionali, ma ancora una volta la maledizione si ripercuote: la Vecchia Signora, che ha voglia d’Europa, sembra non riconoscergli più il valore di trascinatore. Sembra convinta che non potrà essere l’attaccante nato a Brest a portare quella desiderata Coppa a Torino.

Così, dopo soli due anni, va in prestito al Milan.
Accolto a furor di popolo; pochi mesi e, nonostante il suo comunque onesto contributo in termini di reti, si spezza il feeling forse più ricercato che creato.
Di corsa, allora, dal Maestro Maurizio: ma anche lui, stavolta, non sembra poter fare miracoli e la parabola discendente prosegue imperterrita nella stagione peggiore della sua carriera, culminata con l’annuncio dell’addio all’Argentina.

Lui, comunque, nel bene e nel male, in tutti questi anni ci ha sempre messo la professionalità, le reti, la costanza.
E comunque ha vinto. Non quanto, o non cosa, ci si aspettava, ma ha vinto.
Quindi, non è ammissibile trattare Higuain come un calciatore qualsiasi, perché non lo è.

E’ uno dei bomber più prolifici della storia del calcio.
Se un appassionato di numeri avesse tra le mani le sue statistiche rimarrebbe senz’altro colpito.
Lui è sempre stato un cannoniere, un finalizzatore che il suo mestiere, segnare, lo ha sempre fatto.

Quindi, verrebbe naturale domandarsi: ma come è possibile che un giocatore con queste medie realizzative e con questi numeri possa essere considerato sempre un secondo, uno che non è vincente, un gran giocatore ma senza quel qualcosa che lo possa portare tra le leggende di questo sport?
La risposta è banale ma è semplice: perché il calcio non è una scienza.
Il calcio vive di passione, di istinti, di cuore.
Che non sia un campione amato è tollerabile, ma metterne in discussione le sue doti no.

Ha ancora qualcosa da dare al grande calcio: che stavolta faccia una scelta non finalizzata ai trofei ma tesa a renderlo protagonista e amato.
Perché forse, a 32 anni quest’anno, ha più bisogno dell’affetto della gente che di qualsiasi altra Coppa.

Per noi amanti del calcio, Gonzalo, nonostante le sconfitte, è stato comunque un piacere vederti in campo internazionale con la maglia del tuo Paese.

Alcuni saranno contenti di non vederti più con quella maglia ma, credimi, per molti altri non è assolutamente così.