Quando un venerdì nasce storto... lascialo andare!

Non era stata una giornata facile quella di Franco. E questo nonostante fosse un venerdì. A pensarci bene, non era la prima volta che nonostante fosse venerdì, e quindi, quasi per un tacito accordo, ognuno cercasse di proseguire la propria corsa per inerzia, senza aggiungere altro carbone nella caldaia, le cose non andassero lisce, come ogni venerdì.
Questa era la consuetudine, ma non era la prima volta (né sarebbe stata l'ultima) che pur essendo un venerdì, il venerdì se ne fregasse di essere un venerdi e desse filo da torcere ad oltranza, sempre con nuove magagne, come fosse… che so… un martedì.

Sempre confidando sul fatto che un venerdì, da che mondo è mondo, a meno che qualcuno non ci si mettesse d'impegno per fare in modo che le cose non andassero lisce, si è sempre comportato da venerdì, al mattino, Franco aveva addirittura osato immaginare di poter fare, nel tardo pomeriggio, una scappata per andare sulla nuova vicina pista di karting a fare qualche giro su un go-kart. Ne era consapevole, si trattava di un capriccio di una categoria particolare: di quelli che ad esaudirli bastava talmente poco, che il fatto che non fossero mai stati esauditi li faceva rientrare a buon diritto tra quei fenomeni della psiche umana definibili come misteriosi e inspiegabili; di quelli che si trascinano per anni, prima di riuscire, ad un certo punto, quasi inaspettatamente, ad essere esauditi (neanche sempre, e comunque quasi mai di venerdì!).
In altri tempi, ormai lontani, il capriccio avrebbe addirittura previsto, nelle sue versioni più sfrenate, persino la partecipazione di suo figlio Luigi, ma, (appunto), trattavasi di capriccio, di desiderio troppo ambizioso. Adesso, che gran parte delle sue (di Luigi n.d.r.) giornate le passava davanti una tastiera e un monitor, anche solo farlo scendere dal letto poteva ritenersi un desiderio troppo ambizioso.
A rendere mefitica l’aria, riempendola di negatività, chi più e meglio di sua moglie? Poteva anche essere, che so io… la foresta pluviale dell’Amazzonia, o la Taiga Boreale, o le infinite distese della Steppa, lei era capace di pervadere ogni ambiente di mefitica negatività, capace di distruggere qualsiasi velleità.
In aggiunta a tutto ciò, ci si era messo anche questo venerdì pomeriggio, così recalcitrante, a rendere chiaro a Franco, ancora una volta, quanto fosse stato assurdo il suo mattiniero slancio ottimistico.
La reazione di Franco fu quella di sempre: tornare immediatamente, senza battere ciglio, a capricci meno pretenziosi. I kart, fu chiaro già a metà pomeriggio, sarebbero rimasti anche per quel giro solo un capriccio.

Cionondimeno, Franco, prima di tornare a casa decise di fare comunque qualcosa per cercare di recuperare quello che quel venerdì, bontà sua, forse aveva ancora di buono da dare. Erano quasi le otto, e, ‘buona la prima’, a Franco non venne niente di meglio in mente, se non di fare un salto veloce all’Ipercoop che ‘era di strada’ e comprare pietanze appetitose, sperando che qualcosa di sfizioso avrebbe contribuito a generare un clima festoso.
In una corsa contro il tempo (erano circa le otto e mezza) Franco aveva fatto una veloce scorribanda tra gli scaffali arraffando quel che gli si parava innanzi in modalità emergenza del venerdì sera, e cioè: roba in offerta con sconto almeno del 20%, che fosse anche roba “collaudata” di sicuro gradimento, o comunque roba nuova promettente, potenzialmente in grado di rallegrare il nostro umore da venerdì “storto”.
Arrivato a casa, e portate su le decine di sacchetti di spesa emergenziale, Franco stava per aprire la porta di ingresso quando fu preso, come sempre gli capitava quando arrivava a casa con la spesa, da sensazioni ancestrali, scolpite nella parte più recondita e inaccessibile del cervelletto del primate che si annida in ognuno di noi esseri umani “evoluti”. Le sensazioni dell’uomo di casa che torna, dopo una lunga, faticosa e pericolosa battuta di caccia, accolto da bimbi festanti per il ritorno del papà e dalla donna, che si scioglie in un pianto irrefrenabile nel veder tornare ancora una volta a casa il proprio uomo, ancora una volta sano e salvo.
A nulla erano servite decine di migliaia di anni di accoglienze fredde, per non dire ostili, dell’uomo di casa che ritorna dopo aver passato una giornata non più a fare appostamenti per uccidere l’orso, ma in attività ben più stressanti, come pararsi il culo dalla mattina alla sera da tentativi vari di mettertela nel didietro orditi da colleghi la cui spregiudicatezza, nel corso dei millenni, si era modificata nelle sue modalità di esplicarsi: più subdole, e non per questo meno pericolose.

Dicevamo, a nulla erano servite decine di migliaia di anni di ingressi in casa con la spesa fatta, salutati dalla più totale indifferenza, per scalfire nell’uomo che torna dopo aver fatto la spesa, la speranza di vedersi accolto al suo rientro come il suo (più fortunato) progenitore.
Smaltita quindi la delusione di vedersi accolti, entrando in casa, persino (così gli era parso) con una punta di fastidio, Franco aveva sommessamente preso a sistemare in frigo, cercando di passare quanto più possibile inosservato, quelli che, fino a pochi secondi prima, gli erano parsi trofei di caccia degni di essere celebrati con tutti gli onori.
Ma ormai non poteva certo finire così! Sarebbe stato fin troppo bello sperare, ora, che le cibarie acquistate venissero semplicemente, anonimamente, riposte in frigo senza dover ora, per ognuna, fornire spiegazioni convincenti. L’ingresso in scena di queste cibarie, che nel cervello di homo sapiens di Franco doveva servire per dimostrare alla famiglia che la battuta di caccia non era stata infruttuosa, era invece percepita dalla donna di casa come una minaccia allo status quo, un puerile tentativo di affermare troppo a buon mercato una qualche posizione di predominio da parte del maschio all’interno delle mura domestiche.
Se Franco sperava di affermare la propria importanza nella casa, il ruolo di capo famiglia, semplicemente facendo una puntata all’Ipercoop e prendendo qualche surgelato o qualcos’altro, rigorosamente scelto (tra l’altro) tra ciò che era in offerta, si sbagliava di grosso.
Il risultato di questo passaggio in rassegna da parte della moglie di Franco di ognuno dei prodotti comprati, ognuno con annessa farneticante critica, (come ad esempio l’acquisto di un prodotto in scadenza di lì a qualche settimana, ma che Franco aveva fin da subito dichiarato di voler consumare in serata; ebbene, a nulla era valso dire che mangiando in serata il prodotto, la scadenza ritenuta normalmente troppo ravvicinata, in questo caso poteva essere trascurata. “E’ una questione di principio: se un prodotto ha una data di scadenza così ravvicinata, vuol dire che comunque è da ritenersi più a rischio del normale!”
Altri prodotti, se ne ricordava benissimo lei, li avevano già provati in altre occasioni. Occasioni che, come sempre, Franco non ricordava affatto, mentre lei, invece, ricordava con una tale, esuberante, dovizia di particolari, da rendere ridicolo anche solo ipotizzare di contrappore ad un così sovrabbondante e smisurato spiegamento di memoria, un banale: “non ricordo”. Inutile dire che ognuno di questi prodotti si era a suo tempo rivelato deludente.
Alle dieci, dopo un lavoro incessante e… spossante, i prodotti erano stati uno ad uno passati in rassegna, recensiti e… stroncati. Per ognuno di essi, poi, era stato individuato il VERO, subdolo motivo che aveva spinto Franco ad acquistarlo. Solo una mente diabolica, solo una persona abietta avrebbe potuto concepirli, e Franco, che fino ad allora si era sempre creduto una persona, inoffensiva e innocua, a volerla dire tutta, praticamente quello che si suol dire un fessacchiotto, evidentemente agli occhi di sua moglie era tutt’altro tipo di persona.
Una bella riga era appena stata tracciata sopra circa vent’anni di buona condotta. Così, come fosse la cosa più normale del mondo, una mattina fai per entrare nella banca dove tutti ti conoscono e si alzano in piedi per salutarti e riconoscerti lo status di cliente speciale, la banca dove hai accumulato in vent’anni di piccoli versamenti, un patrimonio di credibilità di tutto rispetto, e ci trovi un cartello con la tua foto, con su scritto: "io non posso entrare".
Tutta la pazienza, tutta la sopportazione di insinuazioni, di sospetti, di accessi d’ira mai accompagnati poi, una volta rientrata la pazzia e tornata la ragione, da un “mi dispiace”, un “perdonami”, uno “scusami”. Franco decise che, forzando la sua natura, si sarebbe adeguato, che poco alla volta sarebbe diventato la persona indegna di fiducia che sua moglie dimostrava di vedere in lui.

Inoltre, per chiudere almeno con la rima, decise che da quel giorno in poi, qualsiasi venerdì gli si fosse innanzi parato, bello o brutto che fosse… così com’era lo avrebbe lasciato.