Sua Maestà Zlatan non è mai stato banale. Sia in campo che fuori, ha attirato critiche ed elogi, ma sempre col piglio del leader.
Non le ha mai mandate a dire, anzi si è sempre preso la responsabilità delle sue azioni. Come quando nel suo libro aveva raccontato del difficile rapporto con Pep Guardiola, ai tempi di Barcellona. Non fu tenero nell'apostrofare il "vate" del tiki taka, reo di averlo messo nella condizione di andare via dalla Catalogna e, per fortuna, arrivare al Milan, dove fu subito amato. 
Dopo aver passato un lungo periodo in Svezia, a causa del coronavirus che di fatto ha bloccato i vari campionati, e aver fatto parlare di sé mediante i video che lo ritraevano protagonista di numerose sfide sui social, lo abbiamo visto correre e sudare durante gli allenamenti svolti con l'Hammarby. Si è allenato duramente per tenere una forma fisica accettabile ed essere pronto, nel caso ripartisse il campionato di Serie A.

Lo descrivevano poco voglioso di ritornare a Milano per terminare la stagione e pronto a giocare L'Allsvenskan (il massimo livello professionistico del campionato svedese) con la squadra di cui è socio. Poche parole sul Milan. Anzi erano gli altri che parlavano per lui. Va via, no vedrete che resterà! E lui da grandissimo comunicatore che è, continuava a lasciare tutti nel dubbio. Sibillino sul suo futuro ha dato la possibilità a chiunque di parlare di lui e interpretare, senza risconti, quelli che erano i suoi pensieri e le sue intenzioni future.

Un'intervista rilasciata dopo un'amichevole, ha confermato sia la sua fame di vittorie, nonostante l'età, sia che avrebbe tenuto fede al contratto che lo legava al Milan. Un Milan, diceva, dove tutti vorrebbero appartenere, ma che certamente non è più quella squadra che aveva fatto breccia, più delle altre, nel cuore di Zlatan.
Una squadra che comunque, convinto da Boban e Maldini, decise di riabbracciare dopo tanti anni e tante vittorie. Tifosi che lo hanno accolto come un Re e che non si sono mai posti il problema dell'età che avanzava anche per uno come lui. Come una pozione magica, nel poco tempo a disposizione, era riuscito ad incidere positivamente nella testa dei compagni che, vedendo il suo esempio e la sua dedizione, ne erano stati contagiati, mettendo in risalto una crescita tecnica evidente. Prendendo come esempio Rebic, colui che maggiormente ha tratto beneficio dall'arrivo di Ibra e, dagli spazi creati dallo svedese, da semplice pacco da rispedire in quel di Francoforte, è diventato titolare inamovibile e giocatore da riscattare il prima possibile.

Il campo quindi è sempre stato il primo linguaggio dello svedese. Giocatore a tutto campo non rientra certamente nella categoria degli "stanziali", con la sua tecnica sopraffina ha segnato e fatto segnare. Chiedere a Nocerino quanti assist ha ricevuto quando erano compagni di squadra nel Milan, ma oggi che la corsa non è quella di un tempo è ancora capace di attirare a sé gli avversari, e servire i compagni con geometriche sponde.

Anche il corpo ha sempre parlato per lui. Sia nella sua forma (atleta di arti marziali che gli hanno permesso di allungare le sue gambe ed il suo corpo con estrema facilità), ma anche i suo tatuaggi (dall'uomo vitruviano di Da Vinci, al Leone con le fauci spalancate) che raccontano ognuno un pezzo di lui. L'uomo vitruviano simbolo della perfezione, quella che lui pretende soprattuto da se stesso per essere al livello dei numeri uno e di conseguenza richiede agli altri; ed il leone, re della foresta, simbolo di forza e coraggio.

Ma negli anni ha fatto parlare anche i social. Frasi dirette come quelle per salutare i Galaxy ""Sono venuto, ho visto e ho fatto conquiste. Grazie L.a. galaxy per avermi fatto sentire di nuovo vivo". O ai sostenitori del Galaxy: "Volevate Zlatan, io vi ho dato Zlatan. Benvenuti, la storia continua... e ora tornate a guardare il baseball". Con tanto di immagine di lui a braccia aperte per salutare la città. Ma anche numerose frasi ermetiche che hanno sempre raggiunto l'obiettivo prefissato. E anche le ultime postate sui social sono un classico esempio dello Zlatlan pensiero. Un giocatore che vuole sempre sentirsi importante e al centro del progetto. Giocatore che non vuole vivere di rendita, ma necessita di incidere all'interno del team di appartenenza.

Da qualche giorno è finalmente ritornato in Italia per trascorrere la quarantena in quel di Milanello, e in assenza di compagni, allenarsi per mantenere la forma fisica conquistata. Se si giocasse oggi sarebbe probabilmente un giocatore pronto per scendere in campo, avantaggiato dalla preparazione svolta in Svezia.
E' bastato che scrivesse, in una sera di primavera "Bello guardare 'The Last Dance'. Vedi cosa significa giocare con un vincente. O ti piace o non ti piace. E se non ti piace, non giocare", per scatenare una ridda di voci e far arrivare un messaggio non proprio simpatico al club di appartenenza. Al Milan la scritta "work in progress" è un cartello visibile da anni e il silenzio societario sul suo futuro necessitava di mandare un segnale eloquente.

Il quasi arrivo di Rangnick sulla panchina rossonera lo ha messo nella condizione di guardarsi intorno, perchè certamente lui non ha voglia di smettere, aspettando che la società dica se ci sono o meno le condizioni per andare avanti insieme e quali sono gli obiettivi prefissati. Tenendo presente che, a detta di molti, le idee tattiche del tedesco non collimano con Ibra. Un gioco veloce che per molti non è adatto a Zlatan al quale, diversamente dal passato, difficilmente puoi chiedere di giocare e pressare con intensità i difensori avversari.
Sicuramente un'altra problematica esistente è data dalla sua leadership che va a sbattere con Rangnick, che ama lavorare con giovani e non con primedonne.
Ora, tenendo presente tutto questo, si deve aggiungere che un giocatore alla Ibra, nonostante l'età che avanza, e da come si è approcciato nella sua seconda vita al Milan, è pur sempre un valore aggiunto. Una chiacchierata tra lui e la società, ma soprattutto un primo appoccio con "Herr Kommandant" sarebbe plausibile e doveroso per tutti. Per il giocatore che ha già iniziato a mandare segnali chiari, alla società che ha bisogno di un giocatore carismatico e anche allo stesso Rangnick che, nonostante sia convinto delle sue idee, necessita di partire col piede giusto in una piazza come Milano, che non è certamente Gelsenkirchen, Hoffenheim o Lipsia. 
Anche perchè fino a quando non verrà messa la parola fine sulla vicenda, Ibracadabra parlerà, sul campo o sui social, e saranno parole difficile da contenere, ma non difficili da decifrare.

E come ogni volta saremo pronti ad ascoltarle.
Silenzio, parla Ibra!