Fa male! Fa male perché non era così difficile come si pensava all’inizio. Girone particolarmente complicato ma, in alcune situazioni, il Milan le difficoltà se l’è create da solo. Figlie di errori sotto porta, elevato numero di infortuni (che non sono una casualità, né tantomeno una scusante), al fatto che su cinque partite giocate è uscito vittorioso solo in una (in aggiunta a due pareggi e due sconfitte), dei tre gol presi in casa in uno stadio che come sempre aveva messo l’abito buono per le notti europee sostenendo la squadra fino alla fine.

Invece, in tutte queste situazioni descritte, il Milan si ritrova a rimuginare su quello che poteva essere (non aver concretizzato al meglio le prime due gare del girone) e, dopo il rigore sbagliato da Giroud e quello realizzato dai tedeschi, la partita si è spostata completamente in una direzione differente, cambiando l’atteggiamento in campo di numerosi interpreti.
Pian piano il Milan si è squagliato seguendo il corso della stagione.
E fa male! Fa male perché con un po' più di attenzione, di atteggiamento giusto, oggi avremmo raccontato altro. Invece, stiamo parlando di una squadra che a fine novembre si ritrova all’interno di un labirinto, nel quale si è infilata da sola, (e quando parlo di squadra non mi riferisco solo a chi scende in campo, ma a tutto il Milan), nel quale uscirne fuori sta diventando complicato, difficile, e anche il più positivo dei tifosi sta perdendo la speranza che qualcosa possa cambiare nell’immediato.

Oltre ad aumentare il pessimismo, porta dubbi e sfiducia in una stagione che ha già preso una deriva non certamente esaltante e lontana dalle premesse di inizio anno.
Del Milan ho sempre detto che, al di là di quelli che sono gli obiettivi societari dichiarati pubblicamente o i veri valori in campo, ha il dovere di giocarsela sempre, di provare ad essere protagonista fino in fondo e non comparsa all’interno di una competizione. In Champions il girone tosto e complicato dava meno possibilità rispetto alle altre di passare il turno. L’evolversi della situazione, soprattutto per quello che stavano combinando le altre più del percorso dei rossoneri, aveva aperto uno spiraglio dove infilarsi e provare a cambiare l’esito dei pronostici iniziali. Avere in mano il pallino del gioco, avere in mano il proprio destino sarebbe stato un jolly che non andava sprecato. Ma per fare questo sarebbe servito altro, sarebbe stata utile trovare quella convinzione che, nelle difficoltà, ti spinge a fare meglio.

Ma quest’anno il Milan sembra che viva alla giornata, molto oscillante nei risultati e poco continuo nel suo percorso in campionato ed in Champions League.
Certo, non è ancora matematicamente eliminato, ma la fiducia va scemando e bisogna essere veramente ottimisti che ci sia un incastro di due combinazioni positive (la vittoria del Dortmund col Psg, la vittoria del Milan a Newcastle).
Il Borussia giocherà in casa, sa che per conservare il primato avrà bisogno almeno di un punto. Ma questo risultato decreterebbe l’eliminazione dei rossoneri al di là di una vittoria in terra inglese. E dire che fino ai minuti di recupero la situazione stava penalizzando anche il Psg e sarebbe stato clamoroso, avrebbe dato al Milan la possibilità di giocarsela in maniera differente.

Il Milan sapeva che era tutto nelle sue mani, sapeva che una sua vittoria (trascinata dalla forza del pubblico di San Siro) avrebbe sparigliato le carte e messo in gioco tutti senza certezza alcuna. Ora ci ritroviamo con il Dortmund già qualificato e con un punto che manca ai francesi per confermare quello che era stato il pensiero iniziale dopo i sorteggi.
Così sta andando il girone, ma è un vero peccato. Quest’anno il Milan (fino ad ora) ha mostrato poca continuità di risultati e di prestazioni e ciò sta condizionando il suo cammino in Italia ed in Europa. Per molti ha già buttato alle ortiche la sua stagione. In Champions serve un miracolo italiano per andare avanti, senza dimenticare che esiste anche la possibilità di retrocedere in Europa League o, nella peggiore delle ipotesi, rimane solo il campionato dove però deve già inseguire.
Le critiche aumentano ogni settimana, di partita in partita, così come il pessimismo. Sono pochi i momenti entusiasmanti che vengono offuscati da poca continuità e da un’involuzione nelle prestazioni.
Per non parlare dell’atteggiamento di alcuni durante la gara di ieri. Il Milan ha subito l’atletismo, l’agonismo e la freschezza del Borussia ed un veterano come Hummels ha fatto la differenza. Faro per tanti giovani, capace di recuperare tanti palloni che aprivano poi varchi per le veloci ripartenze che tanto male hanno fatto ai rossoneri.

Ripeto fa male! Ma più che la quasi certa eliminazione, fa male vedere il Milan così. Fa male sentire che l’ottimismo cede il passo allo scetticismo e di soluzioni all’orizzonte se ne vedono sempre ben poche.
Questo vivere alla giornata mette in risalto un qualcosa di poco solido, di poco decifrabile per quanto concerne la forza di questa squadra. Se è una stagione nata male, se è una squadra allenata male, se manca qualcosa, o se quel qualcosa c’è e non viene visto.
Sono tante le teorie e nessuna è risolutiva. Sta di fatto che nessuno prende decisioni per provare a cambiare il corso degli eventi.

In questo momento il dito è puntato maggiormente sulla guida tecnica. Per molti a fine ciclo. Ma anche la società non può ritenersi al riparo dalle critiche. È lei che deve prendere decisioni e posizione in merito, senza dimenticare che alcune di queste, prese ad inizio anno, sono sempre sotto la lente d’ingrandimento dei tifosi e padre tempo sta mettendo ancor più in evidenza.

E siamo a fine novembre. Siamo in quella stagione dove il Milan avrebbe dovuto dare un segnale differente, migliore. Avrebbe dovuto avere più certezze ed eventualmente uscire a testa alta dalle difficoltà e dalle sconfitte. Invece, il corpo racconta più delle parole e ci dice che un problema c’è, persiste ed è latente.
Le facce parlano, le gambe parlano, l’atteggiamento, ma soprattutto gli infortuni parlano.
L’ennesimo infortunio. Troppo! Troppo!
È una caporetto muscolare, nella quale io non voglio accusare nessuno ma che deve essere analizzata attentamente perché non si può chiamare sfortuna. La chiameremo sempre sfortuna? 'Maledetta sfortuna!'.

Qualcuno dovrebbe fare le giuste osservazioni partendo da dati tecnici, scientifici. Come avviene quando un evento si manifesta in modo perpetuo e ti ritrovi decimato nei momenti che contano.
In un calcio business secondo il modello aziendale attuale così vanno in fumo investimenti. Perché il problema non è perdere una partita, ma ritrovarti ad affrontare un qualcosa di invisibile che si manifesta costantemente e condiziona la stagione.

Qualcosa va fatto. Altrimenti staremo solo ad aggiornare una statistica di cui ne faremo a meno. L’infortunio di Thiaw ieri ha mandato un segnale negativo che ha condizionato la prestazione. Ma il problema non è chi si è fatto male. Ma la sensazione che oggi è toccato a lui e domani toccherà ad un altro. Senza fine! C’è un inizio che ha origini antiche ma non una fine. Ed è arrivato il momento di parlarne di meno ed agire maggiormente. Non ci saranno mai zero infortuni nel corso di una stagione ma il dato deve rientrare nella media.
Possiamo parlare di tutto, ma qua non ne usciamo. Come in quel labirinto ritorniamo nello stesso punto e diciamo qui ci siamo già passati. Qui abbiamo già toccato con mano le difficoltà.

Tutte queste cose per chi tifa Milan, per chi vuole bene al Milan, fanno veramente male!