La pausa per le Nazionali ha spostato maggiormente l’attenzione sull’eliminazione (o figuraccia) degli azzurri che, perdendo contro la Macedonia, hanno dovuto alzare bandiera bianca e salutare i mondiali di Qatar 2022.
In quel periodo, aspettando la ripresa del campionato, uno dei temi più ricorrenti è stato il classico gioco dei pronostici. Un gioco che appassiona coloro che si cimentano, che azzardano previsioni di ogni tipo.
Tutti, dai tifosi agli addetti ai lavori, avevamo un’idea di fondo, tutti eravamo concordi che sarebbe stato un turno favorevole al Milan, che avrebbe avuto una grande occasione per allungare in classifica. Una signora e una Dea sarebbero state le degne alleate per tentare una fuga, soprattutto grazie al fatto che giocavano in casa, contro Inter e Atalanta, e avevano ambizioni di classifica.

Sono le donne del nostro racconto! Una capace negli anni di dominare in Italia, ma con magre figure europee; l’altra entrata di diritto nel panorama calcistico (italiano ed europeo) grazie al gioco proposto e alla saggezza societaria nel dare sostenibilità e risultati soddisfacenti.
Ma, nonostante queste premesse, hanno subito una battuta d’arresto che pesa non solo nel loro cammino, ma anche in quello dei rossoneri.
La Juventus incontrava una squadra che veniva da prestazioni non eccelse, da una condizione fisica non adeguata. Tanto è vero che quando teneva ritmi alti metteva in difficoltà i neroazzurri. Un rigore e molti errori hanno portato l’Inter a sbancare lo “Stadium”, mettendosi così in una posizione di forza per il proseguo della stagione.
E dire che la Signora quest’anno non aveva brillato per prestazioni degne di nota, stavolta pur giocando bene esce dal campo sconfitta e con la certezza che gli scontri diretti sono stati un vero e proprio tallone d’Achille.

Situazione inversa per il Napoli impegnato a Bergamo. L’assenza di un giocatore come Osimhen poteva pesare nell’arco dell’incontro, ma il Napoli è stato capace di controllare bene il gioco dell’Atalanta e punirla al momento giusto. Il gol del 1-2 dei bergamaschi poteva riaprire l’incontro ma contro il cinismo dei partenopei c’era ben poco da fare.
Come dice la dura legge del gol: fai un gran bel gioco però…
Alla luce di questi risultati il Milan, ieri sera, sapeva dal principio che in caso di vittoria avrebbe conservato il vantaggio, ma non ci sarebbe stato il tanto auspicato allungo in classifica. Ma avrebbe potuto continuare a gestire il sogno (secondo interprete del racconto) che da un paio di settimane aleggia a Milanello e nella testa dei tifosi.
Tutto dava a pensare che se i pronostici fossero stati rispettati il Milan si sarebbe ritrovato in testa, con lo stesso vantaggio, ma con una gara in meno. E, in questo periodo, avere un vantaggio è importante per le gare a seguire.
Certo, le inseguitrici avevano vinto ma poco importava. Perché il pallino era nelle mani dei rossoneri che dovevano pensare solo a giocare da Milan.
Mantenere lo status quo sarebbe stato anche un segnale da mandare al campionato, per farlo occorreva battere il Bologna davanti ad un San Siro colorato a festa. Tutto era perfetto ma, allo stesso tempo, occorreva fare i conti con il “fattore S”. Una variabile importante che avrebbe dato impulso e coraggio. S non come sfiga, ma S come Sinisa. Colui che, pur assente (in bocca al lupo affinché possa ritornare presto) è riuscito a trasformare i suoi giocatori pur da lontano.
Da lottatore che è, ha trasmesso ai suoi l’atteggiamento giusto per affrontare il Milan. Il Bologna non ha giocato solo per un risultato favorevole ma anche per il suo allenatore. Alla fine lo 0-0, figlio di una partita di lotta, premia i rossoblu e condanna il Diavolo a perdere punti, per l’ennesima volta, con squadre di medio-bassa classifica.
E proprio quest’ultime sono state il grande incubo della stagione rossonera (terzo e ultimo interprete). Una stagione fin qui positiva che meriterebbe un finale particolare, ma che spesso va a sbattere con l’oscillare di prestazioni non sempre in linea con i pronostici.
Molto spesso ci si risveglia passando da un sogno a quello che è veramente un incubo che può diventare grande se, a fine campionato, tutti questi punti persi diventeranno rimorsi e saranno decisivi per la vittoria finale.
Se il sogno a questo punto è lo scudetto (il posto Champions è un qualcosa che deve essere certificato solo dalla matematica), un sogno che fino a qualche anno fa sarebbe stato impensabile, occorre evitare di ritrovarsi sempre nelle stesse problematiche.
Quel sogno è anche figlio di un Milan che è ripartito ricostruendo dalle fondamenta, capace di valorizzare i giovani, ma questa giovinezza ti porta ancora ad essere acerbo e poco lucido in alcuni momenti. Tanto da essere sì forte, ma non in grado di spaventare adeguatamente gli avversari.
Capace di alzare la voce con i più forti, con prestazioni e risultati da grande, ma anche di rimpicciolirsi, per quanto raccolto sul campo, con coloro che sulla carta erano avversari abbordabili.
Il più grande incubo rimane fino a questo momento l’aver perso ulteriori punti che possono risultare decisivi nella lotta scudetto.
Se il sogno resta quello, l’incubo è continuare a disperdere occasioni contro squadre con cui noi avremmo dovuto vincere. E quest’anno la collezione è ampia.
Bologna è stato l’ultima partita (si spera l’ultima veramente) dove nonostante numerose occasioni da gol create dai rossoneri, è mancata la finalizzazione e la concretezza per portare a casa i tre punti. Si sperava che gli errori passati fossero stati metabolizzati ed il Milan non ricadesse in passi falsi. Il rammarico principale è dato proprio dalla non consapevolezza dell’importanza di queste partite dove si raccoglie poco rispetto a quanto prodotto.
Un segnale d’allarme c’era già stato nelle ultime gare. Il Milan veniva da partite vinte con fatica e con il minimo scarto, con il rischio di compromettere il risultato

Se la difesa oramai è una garanzia è l’attacco che soffre di amnesie in zona gol.
Una problematica ancora irrisolta e che molto spesso porta gli attaccanti a rimanere a digiuno. Nelle ultime due gare (Cagliari ed Empoli) era toccato a Bennacer e Kalulu segnare i gol partita dopo le innumerevoli occasioni sprecate.
Ieri, tra le parate del portiere bolognese e tanta confusione nelle scelte finali, nonostante il Milan abbia messo a referto 33 tiri (di cui 7 in porta) contro gli 8 del Bologna, lo zero a zero è risultato indigesto, e conferma come sia stata un’altra occasione buttata al vento.
Con questo punto conserva il vantaggio, seppur minimo, di essere ancora padrone del suo destino. Avendo il pallino nelle sue mani sa che, vincendole tutte, trionferebbe al di là dei risultati delle rivali. Solo che non dà questa impressione. Dà l’idea che da un momento all’altro possa esserci una battuta d’arresto tale da scombinare sia i piani che i pronostici effettuati.
Ha comunque la possibilità di farlo perché in alcuni momenti trasmette padronanza di gioco ma, in altre situazioni si incarta. Portandolo ad effettuare dei passi indietro, ritrovandosi ad avere le polveri bagnate e riscoprendosi vulnerabile.

Il Bologna ieri ha fatto la sua onesta partita, ben chiuso in difesa e attento a ripartite, pronto a colpire al primo errore e consapevole che un punto sarebbe stato comunque gradito, non tanto per la classifica ma per il morale. Il Milan, invece, si è perso sul più bello e speriamo che ciò non incida nel cammino da qui fino alla fine del campionato. Perché la linea tra sogno e grande incubo è minima e questo Milan meriterebbe di sognare fino alla fine.
Per farlo sa che non può permettersi di perdere altre occasioni, sa che ogni partita va giocata con lo stesso spirito e la stessa intensità di una finale.
Solo così potrà far sì che il sogno di tutti diventi realtà e non sia un incubo da cui risvegliarsi il prima possibile.