Quanto rumore fa il silenzio?
Se guardiamo il messaggio che hanno voluto mandare i giocatori della Germania, prima della gara con il Giappone, potremmo dire che sono riusciti nel loro intento. Ovvero andare oltre i troppi silenzi che questo mondiale teneva dentro.

Sapevamo che sarebbe stata una manifestazione piena di criticità per via di scelte passate che si ripercuotono nel presente e che non danno risposte per il domani. Sapevamo anche che il silenzio non sarebbe potuto rimanere impunito e dove vengono a mancare le parole, ci sono piccoli gesti che valgono più di una vittoria.
Tapparsi la bocca, per rimarcare un disagio che ha colpito non solo i tifosi, ma anche coloro che scendono in campo, è stato un messaggio chiaro a chi ha voluto sorvolare su alcuni aspetti sociali che non possono essere procrastinati, non possono essere sottomessi allo show.
Abbiamo sempre detto che lo sport, e in questo caso il calcio, deve essere in prima fila per difendere i diritti di tutti, senza aver paura di niente e di nessuno. Neanche di chi ha l’onore e l’onere di organizzare un Mondiale che rappresenta il punto più alto delle manifestazioni calcistiche. Una rassegna che ogni giocatore vorrebbe giocare, e dove i tifosi diventano anche loro protagonisti della stessa, con balli, canti e coreografie pittoresche.
Quando si parlava della nascita della Superlega, ci siamo sciacquati la bocca nel dire che il calcio è di tutti, perché chi prende le decisioni si mette sempre (alla fine) in una posizione ambigua?
Già dodici anni fa, nel momento in cui sono stati assegnati al Qatar, più di qualcuno ha storto la bocca. Averli spostati per esigenze climatiche dall’estate a novembre è stata una sciagura sia per i club, che hanno dovuto rimodulare preparazione fisica, facendo i conti con un calendario fitto di impegni, con il rischio di un numero maggiore di infortuni; sia per i tifosi che sono costretti da questa pausa a fermarsi fino a gennaio, non potendo seguire la propria squadra come di consueto.
Molti hanno scelto di non seguire i mondiali. Alcuni perché non hanno accettato questo spostamento, altri per quella deriva silenziosa dove i diritti della persona (che vanno sempre difesi) sono stati calpestati e molto spesso messi al bando.
Ma soprattutto il più clamoroso degli autogol lo ha commesso chi non ha tenuto conto che alcuni gesti e alcune parole non potevano essere bloccati all’infinito, cercando di calmierare tutto non si sono resi conto che prima o poi qualcuno avrebbe preso posizioni nette.

La mano sulla bocca è il gol che non ti aspetti. Un gol che non finirà nel tabellino della partita, ma che è la vera partita. Quella dove tutti si alzano in piedi, in una sorta di standing ovation, diventando la cassa di risonanza di quel silenzio imposto.
Qualcuno ha fatto notare che alla fine la Germania la partita contro il Giappone l’ha persa. Che rischia l’eliminazione se perderà la prossima contro la Spagna e che il suo compito era giocare e provare conquistare i tre punti, senza farsi distrarre e condizionare da queste cose.
Ma il silenzio non poteva rimanere inascoltato e perdurare. Il silenzio doveva avere una voce e questa è venuta dai giocatori tedeschi e dalle loro mani portate sulla bocca. Un gesto forte come quello dei giocatori iraniani che, qualche giorno prima, si sono rifiutati di cantare l’inno nazionale, come segno di protesta verso il Paese che stanno rappresentando in questo Mondiale.
E anche in quel caso la sconfitta sul campo diventa secondaria rispetto alla dignità di chi vuole raccontare al mondo il proprio dissenso.
Eroi silenziosi, grandi uomini che si mettono al servizio di una causa che merita di essere difesa e sostenuta.

Se questo mondiale, fino ad oggi, lo si è vissuto sottotono con poche emozioni e poco entusiasmo, sono i messaggi che vengono dal silenzio che necessitano di essere accompagnati, difesi e avere il giusto risalto.
Sono voce e vita di chi merita rispetto! Quel rispetto che deve fare i conti con ideologie e false credenze che contaminano la più importante manifestazione calcistica e che allontanano coloro che non sopportano ingiustizie e falsi moralismi.
Ed il calcio giocato, quello dei grandi campioni, quello che doveva occupare le prime pagine dei giornali, deve arrendersi all’evidenza. Deve fare un passo in avanti per difendere se stesso, confrontandosi, prendendo delle decisioni importanti per non essere tacciato di ignavia di fronte alla realtà.

Quindi ben vengano le prese di posizione di alcuni giocatori, che siano d’esempio per tutte le nazionali che partecipano a questo mondiale. Unite, senza paura, per dare voce a quel silenzio.

Un silenzio che oggi ha trovato nei giocatori iraniani e tedeschi una cassa di risonanza importante che non va dispersa, ma amplificata, per ridare valore a questa manifestazione. Per farlo occorre avere coraggio, essere consapevoli del ruolo che si ha e che si vuole assumere nel portare avanti questi messaggi, senza dimenticare che c’è anche un lato sportivo che doveva essere tutelato maggiormente.
Perché la gioia di un gol, la vittoria inaspettata di Davide contro Golia, le urla festanti dei tifosi durante e dopo la partita avrebbero dovuto avere un palcoscenico migliore, avrebbero dovuto essere liberi da qualsiasi silenzio.

Epilogo
Da bambino, da ragazzo, da adulto ho sempre aspettato che arrivasse il periodo dei Mondiali. Era per me l’inizio dell’estate, le partite viste con gli amici a tifare la nostra nazionale, era l’occasione per fare festa dopo una vittoria.
Era il tempo libero a disposizione, erano le belle giornate di sole, era il televisore sempre acceso per non perdere nessuna gara.
Così è stato per anni, così è sempre stato!
Il 2006 è stato anche l’anno del trionfo, una vittoria attesa da tantissimi anni. Italia contro Francia. Era per me la prima Coppa del Mondo per gli azzurri, nell’82 avevo solo sei anni e non ricordo nulla, della vittoria della squadra allenata da Bearzot. Per fortuna ci sono state numerose trasmissioni, documentari, giornalisti e personaggi famosi che hanno riportato a galla le emozioni di quel periodo, così come le storie dei personaggi che hanno disputato il Mondiale dal momento in cui è nato fino ai giorni nostri…

…Siamo nel 2022 e sembra di essere in un’altra dimensione. Una sorta di Metaverso creato più dalla fantasia che dalla realtà. I mondiali sono in autunno, il tempo a disposizione non è quello delle serate estive e soprattutto l’Italia non partecipa a questi mondiali.
Ma nonostante tutto, nonostante siamo alla ventiduesima edizione (la prima nel 1930) è sempre stata una manifestazione che ha unito e portato avanti dei valori che non possono essere messi da parte. Valori che devono trovare il giusto spazio, come nel passato, anche ai giorni nostri. Per consegnare ai posteri un ricordo migliore di questa manifestazione, che è partita con critiche e polemiche, ma grazie ai suoi attori può diventare un punto di partenza per migliorare e migliorarci.