La regola del turnover non sbaglia mai. In realtà sbaglia quando questo viene fatto in modo poco sistematico e funzionale. Andando incontro a critiche e compromettendo il risultato sul campo.
Il Milan si ritrova in una situazione particolare dovendo gestire il doppio impegno. In campionato è “obbligato” a centrare il pass europeo arrivando tra le prime quattro; in Champions provando a scrivere altre pagine inaspettate, belle ma, allo stesso tempo, difficili che mettono incertezza per il proseguo della stagione.

Ripensando alla gara di campionato contro la Cremonese (la quale merita un plauso per come sta portando avanti questa stagione complicata, contro i rossoneri, un punto vitale per tenere vive le speranze salvezza), con tutto il rispetto che va dato alla squadra di Ballardini, visto il calendario da qui a fine stagione e visti i risultati delle antagoniste alla zona Champions, erano tre punti da conquistare senza sé e senza ma.
Anche stavolta il Milan ha riproposto un turn over che porta ad una serie di riflessioni che non possono rimanere in silenzio. Avevo sposato in pieno l’idea di un cambio radicale e massiccio dei titolari nella partita disputata contro il Bologna. Lo avevo visto come un tentativo difficile ma che valeva la pena esser portato avanti. Anche in quel caso ci fu un pareggio, ma l’attenuante era il ritorno di Champions da disputare subito contro il Napoli, ed il dispendio di energie psico-fisiche dell’andata lo imponeva.
Il Milan si era creato un piccolo vantaggio e andava tutelato e preservato. Stavolta onestamente non condivido le scelte di Pioli, perché la situazione è oggettivamente diversa.
Il mio sarà pure un ragionamento vecchio, poco coraggioso, ma probabilmente saggio. Sono tra coloro che pensano che prima sia necessario mettere al sicuro il risultato, facendo giocare i titolari e, successivamente, iniziare ad effettuare quei cambi che possano permettere di far riposare coloro che hanno giocato dal primo minuto.
Con il risultato in bilico inserirli e utilizzarli quando la partita richiede comunque un grande sacrificio, con meno tempo a disposizione, annulla completamente l’idea originale e certamente non li mette al riparo da stanchezza e/o infortuni.

Ieri a San Siro il Milan ha rischiato di perdere la partita. Alla fine un pareggio che, paragonato a quello di sabato scorso con la Roma, mi porta a dire che questi sono due punti persi.
C’erano tutte le condizioni per fare meglio. È vero che il Milan trova difficoltà con squadre che si chiudono in maniera ermetica e che concedono pochi spazi. Lasciando ad altri il pallino del gioco, tenendo lontano gli avversari dalle zone di pericolo, grazie alle caratteristiche di una difesa arcigna e compatta. Pronti allo stesso tempo a rendersi pericolosi e letali al primo errore, come accaduto con il gol di Okereke che aveva spaventato i tifosi rossoneri.
In più, aver modificato la squadra ad inizio gara ha contribuito a far sì che le critiche, visto il risultato sul campo e la prestazione fornita, potessero ritrovare vigore tra coloro che mal sopportano questa scelta.
Non avremo mai la certezza se le cose sarebbero andate diversamente con la "formazione tipo", è la bellezza del calcio che ci porta a dire come vanno fatte le cose senza poterlo mai dimostrare. Mi affido però alla statistica o al modus operandi delle squadre che lottano per lo stesso obiettivo, che non hanno agito secondo i canoni del turn over ma hanno messo in campo la formazione migliore.

La stessa Inter, vittoriosa a Verona con un tennistico sei a zero, prossimo avversario di Champions, che nel fine settimana sarà di scena a Roma, è partita con i “migliori” ed ha lasciato in campo per tutti i novanta minuti Dzeko e Lautaro Martinez, nonostante il risultato conseguito già nella prima frazione di gioco.
Con l’effetto di mettersi prima di tutto in sicurezza in campionato e poi pensae con la mente libera alle restanti partite, tra cui la sfida stracittadina.
Tutti hanno fatto punti importanti: l’Inter battendo il Verona; la Lazio in casa contro il Sassuolo; Atalanta e Juventus in serata contro Spezia e Lecce. Chi non ha risposto presente sono state solo Roma e Milan (interpreti di una brutta gara sabato pomeriggio all’Olimpico) che sono in questo momento due squadre che devono fare i conti con la realtà. La prima con il gioco che latita e con una serie di assenze legate agli infortuni; la seconda con la mancanza di alternative ai titolari e con le difficoltà quando incontra avversari che tendono a chiudersi, invece di giocarsela con lo stesso copione tattico.
Sbaglia Pioli quando cambia tanto per cambiare. Non sono cambi fruttiferi o che portano benefici. Sono scelte che evidenziano come il Milan non può contare su una rosa ampia, con alternative valide, e questo va a discapito sia della prestazione che del risultato.
Senza entrare nelle critiche all’allenatore che hanno accompagnato questa stagione (io non sono né a favore né contro, ma riconosco i meriti che ha avuto nella ricostruzione del Milan e credo abbia ancora futuro con i rossoneri, al di là dei risultati finali) apprezzo quando fa bene e lo critico quando questo non avviene. Ieri non posso giustificare un allenatore che ha perseverato in errori che già nel recente passato non avevano portato benefici e vittorie.
Sottolineo di nuovo, se contro il Bologna ci poteva stare (la sfida di Napoli imponeva delle scelte ferree alla luce del fatto che anche lo stesso Napoli avrebbe fatto riposare alcuni uomini per averli pronti in Champions), stavolta non è condivisibile. Prima del derby c’erano due passaggi ravvicinati (Cremonese e Lazio) e andava messa in sicurezza la posizione in campionato per stare nei parametri. E stamattina, visti i risultati, il Milan in quei parametri non c’è!
Nella settimana che precede la sfida con i nerazzurri si gioca una buona fetta per rimanere in corsa per i quattro posti grazie alla presenza di tre scontri diretti (Milan-Lazio: Roma-Inter; Atalanta-Juventus), noi partiamo da un pareggio che ci impone un risultato soddisfacente contro la Lazio per non rimanere nell’azzardo di dover conquistare il pass europeo solo vincendo la Coppa.
Il Milan aveva e ha ancora un calendario non impossibile, ma se inizia a perdere punti decisivi diventa difficile pensare che nella prossima stagione possiamo vederlo ai nastri di partenza della coppa più prestigiosa.

Non giocarla annullerebbe quanto di buono fatto in questa stagione, in ambito europeo, e certificherebbe non aver centrato l’obiettivo minimo che la società si è prefissata. È essenziale parteciparvi e certe scelte mi lasciano perplesso visto l’importanza della competizione e le varie interviste dove veniva indicata la presenza del Milan come strada da perseguire con continuità e costanza.
Per farlo ha solo due modi possibili: iniziare a fare punti pesanti in campionato o vincerla. Nel primo caso dovrebbe essere norma e consuetudine non lasciare niente al caso e constatare come sia la strada più facile per ottenere il risultato sperato; nel secondo caso sarebbe un grosso azzardo (grandioso se si avverasse, ma allo stesso tempo molto pericolo per le probabilità di riuscita) che la società non può correre. Giocarla significa incassi, entrate importanti, budget diverso, attrarre campioni e/o trattenere i migliori. Non giocarla rimetterebbe in gioco il tutto e porterebbe a critiche assopite da tempo.

Sono il primo che vorrebbe il Milan in finale e vincente in Europa ma il mio sano realismo mi porta a non tralasciare la strada maestra che è quella del campionato. Alla fine la cosa più importante è la continuità ed il Milan non può permettersi di saltare l’appuntamento con la Coppa dalle grandi orecchie se vuole continuare nel percorso di crescita e rinascita intrapreso.
Questo deve essere lo scopo principale, questo deve essere prioritario rispetto al turn over!