Il finale della scorsa settimana è stato da dimenticare.
Il preludio alla sventura è stato il lungo post su Instagram di Claudia Lai, lady Nainggolan, che ha confessato, a cuore aperto, di dover cominciare un ciclo di chemioterapia, nel tentativo di combattere il peggiore dei mali.
La macabra e principale sinfonia, tuttavia, è stata eseguita da Sinisa Mihajlovic.
Il tecnico serbo sta male, qualcosa era nell'aria, come peraltro anticipato da qualche assetato di gossip. La conferma in conferenza stampa: l'ex difensore ha la leucemia. Si è riscoperto umano l'uomo che mostra gli artigli, sempre e comunque. Piange, la voce è rotta dall'emozione. La paura è tanta, così come è tanta la voglia di prendere di petto l'ennesima sfida di una lunga carriera, contro l'avversario più difficile: quello che risiede nel tuo corpo.

Eppure la malattia, Miha a parte, ha sempre giocato, ahinoi, un ruolo determinante nelle vite di calciatori e addetti ai lavori. La leucemia è entrata a gamba tesa sul destino del giovane Andrea Fortunato. L'erede designato di Antonio Cabrini, dopo un inizio sfavillante in bianconero, cala vistosamente. I tifosi gli danno del malato immaginario, ma la verità è un'altra: la malattia c'è e galoppa inesorabilmente. Vano il tentativo di impiantare un nuovo midollo. Andrea non ce la fa e ancora oggi la società bianconera lo annovera fra i propri angeli. 

Batte forte il cuore di noi tifosi alla vista dei nostri eroi. Il cuore di questi ultimi, a volte, gioca brutti scherzi. L'aritmia cardiaca è uno scherzetto che, fortunatamente, non impedisce la ripresa dell'attività agonistica. Ne sanno qualcosa Cassano, Lichtsteiner, Biabiany, Schick e, ultimamente, Khedira. L'arresto cardiaco è un altro paio di maniche. In principio fu Renato Curi, sfortunato giocatore del Perugia, accasciatosi in un Perugia-Juve e mai più rialzatosi.
Poi l'Italia si fermò per un altro ragazzo: Piermario Morosini. Era un Pescara-Livorno, quando un giocatore amaranto cade a terra e lascia un vuoto incolmabile. Davide Astori, invece, perde la vita nel sonno, qualche ora prima di mettere piede sul rettangolo verde. 

Chi ha lottato (e vinto) contro il tumore è stato Francesco Acerbi. Chi ancora sta lottando per vincere è Gianluca Vialli. La confessione choc, contenuta nel suo libro, ha unito l'Italia intera nel supporto ad uno dei suoi migliori talenti. Il maglione sotto la camicia per nascondere la malattia, la consapevolezza di rimanere aggrappato alla vita, almeno fino al giorno del matrimonio delle sue figlie. Chi ha lottato ma non ha vinto è Tito Vilanova. Il povero tecnico del Barça non ce l'ha fatta, nonostante un ciclo di chemioterapia negli States. Il suo vice a fare le veci in panchina e un filo diretto (mai interrotto) con i suoi calciatori, pur essendo dall'altra parte del Mondo. 

Tante storie di eroi colpiti dalla malattia, alcune (non tutte) racchiuse in questo breve elaborato. Il senso di queste storie è uno: i riflettori regalano onnipotenza, gli effetti della vita ne limitano le proporzioni.
Ai nostri occhi indossano un mantello e riescono a volare. Svestiti i panni del rettangolo verde sono uomini, pieni persino di fragilità. Sinisa è stato un avversario che mai ho digerito pienamente. Mi sembrava sempre un rissoso, un aizzatore, non riuscivo a cogliere il suo lato più umano. Sabato l'ho scoperto! Vederlo triste ed emaciato, ma, al tempo stesso, sempre forte e determinato, mi ha unito idealmente al dolore di quest'uomo e dei suoi familiari.