I primi nove mesi di Juventus gestione Pirlo hanno manifestato una realtà inequivocabile. Con Chiesa, Kulusevski, CR7 e Morata contemporaneamente in campo non possono esserci alternative al 4-4-2 o se preferite, al 4-2-4.
Altri moduli, con tali interpreti, non sono praticabili. Il 4-3-1-2, essendo un modulo che non prevede ali, escluderebbe dall’undici di partenza Federico Chiesa. Il 4-2-3-1 e il 4-3-3 paiono essere formazioni piuttosto improponibili, sia a causa dell’indisponibilità di Ronaldo di giocare come centravanti, sia perché il portoghese come terzo d’attacco a sinistra, sia in un 4-3-3 che in un 4-2-3-1, non è consigliabile per lo scarso apporto di CR7 in fase di non possesso. Così come a tale rosa di calciatori non si addice il 3-5-2 con Chiesa a tutta fascia, dal momento che tale schieramento terrebbe l’ex viola troppo lontano dalla porta, zona di campo dove il giovane figlio d’arte si sta dimostrando insostituibile.
Senza dubbio Cristiano Ronaldo è un giocatore che condiziona lo schieramento della propria squadra, ma novantacinque goal in meno di tre stagioni rappresentano un bottino mostruoso, un dato che rimarrà nella storia del club e un qualcosa che i veri juventini non dimenticheranno mai.
Così come è altrettanto innegabile che Ronaldo non sia un giocatore che fa giocare bene le proprie squadre. Cristiano è un individualista, un egoista, ma soprattutto un grande finalizzatore. Il migliore del mondo da questo punto di vista, e su questo non ci sono dubbi.
Non esiste sport di squadra in cui un solo giocatore, per quanto forte, possa vincere le partite da solo. E sbaglia chi afferma che Cristiano sia stato acquistato dalla Juventus per vincere la Champions League. Andrea Agnelli, tre estati fa, acquistò Ronaldo pensando ad un investimento non solo tecnico ma bensì globale, e quindi volto anche ad aumentare fatturato e immagine del brand Juventus all’estero.
La delusione per l’eliminazione precoce dalla Champions ha accecato molti tifosi juventini facendo dimenticare quanto fatto da CR7 nelle precedenti edizioni della Champions quando con i suoi goal ha tenuto in più occasioni la squadra in piedi.
Sicuramente da solo non è riuscito a portare a Torino la coppa dalle grandi orecchie, ma questo, più che al bomber ex Real, è un fatto che va addebitato al club, colpevole di non essere riuscito ad affiancare a Cristiano altri calciatori di grande qualità. Opera riuscita invece negli anni scorsi al Real Madrid, con i vari Benzema, Modric, Kroos, Marcelo, Casemiro, Bale, Izco, a supportare e rifornire i piedi del talento portoghese.
Così come il cambiare tre allenatori in tre anni, e soprattutto tre tecnici con idee di calcio profondamente diverse tra loro, non ha certamente contribuito a sfruttare al massimo le performance del fuoriclasse portoghese.

Oggi la Juventus è una squadra incompiuta, sia come organico che come gioco. In un'evidente fase di transizione, come apertamente dichiarato due anni fa da Massimiliano Allegri, uno che di calcio ne capisce come pochi. Ma anziché dare retta al mister livornese, e quindi cambiare i 7-8 giocatori da egli indicati come calciatori a fine ciclo, si è pensato di cambiare allenatore, andando alla ricerca di un’identità diversa da quella propria dei bianconeri. L’effetto paradosso di tale scelta lo si è visto la sera del 9 marzo scorso quando la Juventus è stata eliminata dalla massima competizione europea da un Porto che ha giocato la gara di ritorno piazzando dieci uomini dietro la linea della palla.
Probabilmente, l’errore primordiale che oggi sconta la Juventus è stato proprio questo, e quindi il voler a tutti i costi cambiare strada dopo otto scudetti e due finali di Champions. Allegri era un maestro nella gestione del gruppo, così come un professore nelle conferenze stampa e nel saper tenere l’intera rosa sempre sul pezzo. Perdere lui ha complicato le cose, e non di poco.
Ma anche la scelta del dopo Allegri non è stata particolarmente felice. Legittimo per un club cambiare tecnico dopo cinque anni, ma in questo caso sarebbe stato opportuno sostituirlo con un altro allenatore con lo stesso tipo di visione del calcio anziché con un allenatore come Maurizio Sarri che, con i suoi principi dogmatici, nulla aveva a che fare con la storia e con il DNA bianconero.
La Juve non è un club che si può permettere sperimentazioni e il volersi snaturare è stato un grave errore. Oggi questa Juve ha bisogno di ritrovare il suo patrimonio genetico, quello che aveva con Allegri, e che qualcuno nei piani alti pensava si potesse cambiare a cuor leggero. Senza peraltro considerare che non è per nulla vero che la Champions League la si può vincere soltanto giocando in un certo modo e la testimonianza di ciò è che l’ultima Champions vinta da Pep Guardiola risale a dieci anni fa.
Un gruppo, quello bianconero, in cui con buona probabilità dopo nove anni di vittorie si è creato troppo benessere, con stipendi sicuri e particolarmente elevati, che hanno tolto ad alcuni calciatori quel senso di attaccamento e di quella fame indispensabili per arrivare a grandi risultati. E’ giunta quindi l’ora in cui ognuno esca dalla propria zona di confort e riprenda a fornire il massimo apporto ad un club che in questi anni ha dato tantissimo sia ai propri tifosi che ai propri calciatori.

Oggi Pirlo fa fatica, è innegabile. Sconta sì la sua inesperienza ma anche una rosa con grossi limiti ed equivoci tecnico - tattici. Il primo anno in panchina è difficilissimo per chiunque e quindi anche per un predestinato come lui. A maggior ragione quando in rosa ci sono ex compagni di squadra da allenare.
Per questo, l’esperienza di quest’anno gli sarà utilissima la prossima stagione quando sarà chiamato a compiere il definitivo salto di qualità, lavorando con maggior attenzione sui dettagli, fattore in cui Bonucci e compagni si rivelano spesso un po’ approssimativi così come su quella solidità e compattezza di squadra che ancora stenta a vedersi.
In tutto ciò, Andrea Pirlo, che al di là di come terminerà la stagione sarà sicuramente riconfermato, dovrà sempre più dimostrare la capacità di assumere la definitiva leadership del gruppo così come di essere fonte di idee, di buona gestione e capacità di farsi seguire. Anche perché le risorse economiche della Juve non permettono di virare su un allenatore di prima fascia e quindi tanto vale proseguire con Pirlo dando continuità al progetto.

Oggi la Juventus non può guardare al passato, ai titoli vinti, alle vittorie e alle sconfitte. L’unica cosa che serve è un’analisi il più oggettiva e serena possibile al fine di programmare al meglio ciò che si potrà fare per far nascere un altro ciclo vincente.
Fare mercato oggi è difficilissimo ma questa squadra, con qualche aggiustamento e quindi con tre, quattro acquisti mirati, può riprendersi la sua leadership nel panorama nazionale così come ottenere ottimi risultati in Europa.
Se prendiamo la squadra messa in campo nella gara di domenica scorsa a Cagliari e vi andiamo ad inserire Demiral al posto di Chiellini, la difesa appare essere un reparto di buona affidabilità. Solo nel caso capitan Chiellini dovesse chiudere la carriera al termine di questa stagione, si dovrà pensare ad un quarto difensore centrale. In questo caso il rientro di Romero dall’Atalanta potrebbe essere la soluzione più semplice e nello stesso tempo più efficace.
Spostandoci a centrocampo e partendo dalle fasce laterali, Dejan Kulusewski, il classe duemila ex Parma, ha ampiamente dimostrato come, partendo da una posizione più arretrata rispetto a quella di attaccante, sia in grado di sviluppare al massimo quelle che sono le sue caratteristiche principali: la gamba e la progressione. Collocato quindi come esterno di centrocampo ed in futuro magari anche come mezzala a tutto campo stile De Bruyne, nel giro di un paio d’anni potrebbe diventare un vero e proprio top player. Dall’altro lato della zona mediana del campo troviamo Federico Chiesa, giocatore letteralmente esploso in questa stagione, dimostrandosi completamente immedesimato nel mondo Juve al punto da candidarsi come uno dei punti fermi per il prossimo decennio bianconero. In mezzo, le recenti prestazioni di Danilo hanno messo in luce come questa possa essere ben più che una soluzione tampone, immaginando come ben più di un’ipotesi il suo utilizzo in mediana a far da guardia spalle ad un vero regista, ruolo in cui il solo Arthur non potrà più essere sufficiente. Da tempo è noto il fortissimo interessamento di Paratici e Pirlo verso Manuel Locatelli, giovane centrocampista di qualità del Sassuolo, che pare essere il profilo più accreditato per ricoprire questo ruolo, sempre che la vecchia signora e il club emiliano trovino l’accordo per il trasferimento in Piemonte del gioiellino ex Milan.
In attacco, con Cristiano Ronaldo desideroso di rispettare l’intera durata del contratto, la squadra dovrà avere non più uno ma bensì due partner da poter far giostrare alternativamente al fianco del portoghese. Da qui l’assoluta necessità di acquistare un grande centravanti da abbinare ad Alvaro Morata, a cui con ogni probabilità verrà rinnovato il prestito per poi tra due anni valutarne l’acquisto definitivo. Tra tutti i possibili nomi, quello a tutt’oggi più spendibile pare essere quello di Mauro Icardi, magari in una sorta di scambio con l’argentino Paulo Dybala, sempre più in odore di uscita da casa Juve.
Rimarrebbero a far da cornice alcune operazioni secondarie quali l’acquisto di un vice Chiesa e di un vice Kulusevski, così come di un buon terzino destro da alternare a Cuadrado. Come vice Alex Sandro sono invece in rialzo le quotazioni di Federico Bernardeschi, sempre più a suo agio nel nuovo ruolo di terzino sinistro, che grazie alla sua poliedricità si farebbe preferire ad altri calciatori.
Bernardeschi che, in compagnia di Federico Chiesa, potrebbe rappresentare la base di quel blocco italiano che dovrà tornare ad essere il marchio di fabbrica della Juventus, con Chiellini e Bonucci pronti a passare proprio a loro, e perché no a Locatelli, il prezioso testimone.