Sento e leggo molti sognare per la Juventus l’arrivo a Torino di un altro Mansour Al Nahyan, lo sceicco che possiede il Manchester City, piuttosto che Bezos, il fondatore e presidente di Amazon, la più grande società di commercio elettronico al mondo.
Credo che dietro a queste affermazioni, ci sia molta ingratitudine, dal momento che tutto il popolo bianconero deve alla famiglia Agnelli un grazie infinito. Un ringraziamento per tutte le emozioni, le vittorie e i trofei che negli ultimo cento anni hanno portato i colori bianconeri a scrivere la storia del calcio.
Come ci ha insegnato la scrittrice britannica Virginia Woolf, 'dietro ogni grande uomo c'è sempre una grande donna'. Ecco… dietro ad ogni grande vittoria nel calcio, c’è sempre una grande società. E questo ce lo raccontano tutti gli allenatori più vincenti della storia del calcio.
Nella sua autobiografia Arrigo Sacchi raccontò che al suo primo anno di Milan, quando il tecnico di Fusignano era in grande difficoltà sia a livello di risultati che di gestione del gruppo, Berlusconi radunò la squadra e fece ai giocatori un discorso rapido, ma alquanto conciso del tipo:
'Questo è l’allenatore che ho scelto. Chi lo seguirà, resterà qui. Chi non lo seguirà, andrà via'.
Un discorso di meno di un minuto, ma di un’efficacia straordinaria
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Non a caso dal giorno dopo il Milan incominciò a macinare vittorie su vittorie diventando il Milan dei record.
E la Juve da questo punto di vista, uno dei più grandi club a livello europeo e mondiale, non fa differenza.
Negli ultimi 50 anni, tranne in qualche rara annata (nella quale infatti la squadra andò male) tutte le Juventus più vincenti hanno sempre avuto come minimo comune denominatore una grande dirigenza, e soprattutto un dirigenza con grandi capitani d’azienda al comando.
Perché se vincere è un’arte, l’organizzazione societaria è qualcosa che va di pari passo. Da sempre società seria, forte ed organizzata: ecco il punto di forza della Juventus.
Quello che ha consentito alla Juventus dopo Calciopoli e un anno di purgatorio in Serie B di riuscire a ripartire come nessun altro avrebbe saputo fare e tornare a fare quello che sapeva fare meglio: vincere.
Grazie ad un peculiare modello manageriale noto a tutti come lo Stile Juventus, che si può riassumere nell’acronimo “SSS”: Semplicità, Serietà, Sobrietà.
Grande organizzazione, eccellente livello di professionismo, ruoli chiari e definiti, dai magazzinieri al presidente. Tutti mossi dal grande orgoglio di lavorare e servire questo grande club. Il tutto finalizzato al mettere i calciatori nelle migliori condizioni possibili per dare il massimo e vincere
Perchè alla Juve vincere non è importante, ma è l’unica cosa che conta.
Con questa cultura del vincere che è presente tutti i giorni, e chiunque abbia lavorato alle Juventus ci potrà raccontare che alla Continassa quando si pareggia è un dramma ma quando si perde è l’apocalisse. La maggior parte dei club italiani lavorano su obiettivi breve termine, che guardano solo al presente, mentre a Torino da sempre lo sguardo è rivolto sì al presente (perché un grande club deve vincere) ma anche al futuro, così come al costante e continuo miglioramento.
Qualsiasi calciatore o allenatore passato dalla Juve racconta che in bianconero si respira una mentalità differente da quella presente in qualsiasi altro club. Un approccio diverso al lavoro, agli allenamenti, alle partite, così come un particolare e unico sentimento d’orgoglio di indossare la maglia bianconera.

Nel dopo guerra, tre sono state le grandi epopee bianconere:
La prima in ordine cronologico, quella targata Giampiero Boniperti, con i grandi successi del Trap in panchina.
La seconda, quella di Giraudo – Moggi – Bettega con le grandi Juventus di Marcello Lippi e Fabio Capello.
E la terza, quella di Andrea Agnelli – Marotta – Paratici, con i nove scudetti divisi tra Antonio Conte e Massimiliano Allegri.
Tutte a modo loro, grandi e vincenti sul campo, oltre all’avanguardia dal punto di vista imprenditoriale.
La Juve di Giampiero Boniperti acquistava per due soldi gli scarti degli altri (basti pensare a Miche Platini scartato dall’Inter). Qualcuno la definiva autoritaria, forse prepotente, ma sicuramente sprizzava fascino e appeal da tutti i pori. Boniperti era la Juventus, ma era soprattutto un grande uomo d’azienda, che cercava di costruire le proprie squadre con uomini ancora prima che calciatori capace di vincere.
Era un freddo Giampiero, senza particolari, simpatie o empatie, perché nel suo ruolo non se lo poteva permettere.
E quando si rendeva conto che anche quelli che erano stati i giocatori più importanti non erano più utili, nonostante la loro leggenda non si faceva scrupoli a metterli sul mercato, vedi Anastasi, Capello, Cabrini, Gentile, Tardelli, Paolo Rossi e potremo proseguire oltre
La terza, quella targata Andrea Agnelli, Beppe Marotta e Fabio Paratici, ha riportato il club ai vertici nel mondo dopo la serie B anche non solo per risultati sportivi ma anche per entità del fatturato.
Ho lasciato appositamente per ultima quella della famosa Triade Giraudo – Moggio – Bettega, autrice di uno straordinario ciclo di successi bianconeri, sia sportivi che economici, ponendo le basi tra le altre cose per la costruzione dello stadio di proprietà.
E l’ho fatto perché ritrovo non poche analogie tra quella Triade e l’attuale classe dirigente Bianconera formata da quella che io definisco la Triade 2.0: Arrivabene – Cherubini e Nedved.
Antonio Giraudo è stato l’AD di quella Triade dal 1994 al 2006.
Manager che ha portato in borsa la Juventus siglando straordinarie e fruttuosissime sponsorizzazione come, ad esempio, quelle con la società petrolifera Tamoil.
Dodici anni di gestione economico-finanziaria del club che ha consentito alla Juventus di chiudere sempre i bilanci in utile.
Prima di essere nominato AD Bianconero Giraudo, dopo essersi laureato in economia, dal 1984 al 1991 fu alla guida della stazione sciistica di Sestriere e quindi un profilo non troppo distante da quello del nostro attuale AD Maurizio Arrivabene, Manager quest’ultimo che dopo un paio di decenni trascorsi lavorando alla Philip Morris arrivò a ricoprire sia il ruolo di vicepresidente della comunicazione globale del brand Marlboro che fungere da membro del CDA Juventus, e direttore della Scuderia Ferrari.
Giraudo e Arrivabene: due grandi manager di provenienza extracalcistica uniti oltreché da capacità manageriali indiscutibili da un carattere d’acciaio. Duro, spigoloso, freddo, esattamente come si conviene a chi deve guidare una grande azienda.
Ecco perché ho particolarmente apprezzato le parole di Arrivabene relativamente al caso de Ligt, pronunciate a mo’ di verdetto insindacabile e mi riferisco al passaggio forte, inequivocabile, cristallino con cui il nostro AD ha spiegato come nel calcio di oggi sia impossibile trattenere un giocatore che se ne vuole andare. Ma il tutto sempre a fronte di precise e determinate condizioni. È finito a Torino il tempo di quando a chi se ne voleva andare con un contratto in essere veniva risposto: “Prego, accomodati”.
De Ligt non vuole più restare in bianconero?
Non c’è problema… È sufficiente che chi lo vuole, porti i soldi che servono e la porta della Continassa sarà sempre aperta.
E a me, questo pragmatismo, questo non mandarle a dire, ma andando diretti come un missile al cuore della questione, piace da impazzire.
Ed infine arriviamo a Pavel Nedved a sua volta più che sovrapponibile a Roberto Bettega come profilo.
Ex giocatore e bandiera del club, con il sangue di colore bianconero dal momento che in più occasioni ha dichiarato di voler restituire qualcosa alla Juve in questo suo ruolo post calcio giocato a fronte di tutto ciò che ha ricevuto da giocatore.
Passato dal campo al ruolo di vicepresidente della Juventus dopo un periodo di naturale apprendistato è diventato non solo un consigliere del Presidente ma il vero e proprio trade union tra squadra, società e presidenza. Con Pavel sempre a stretto contatto con lo staff tecnico, con l'allenatore, coi giocatori e con Andrea Agnelli.
Ed infine Federico Cherubini, DS esattamente come DS lo era Luciano Moggi. Certo, Luciano Moggi arrivò a ricoprire il ruolo di DS alla Juventus nel punto più alto della sua esperienza professionale, ma molti non ricordano che Lucianone in realtà incominciò a lavorare per la Juventus negli anni Settanta come factotum dall’allora direttore generale Italo Allodi.
Con Moggi che in quegli anni, da giovane dirigente, costruì una straordinaria rete di osservatori alla ricerca di giovani talenti setacciando tutti i campi d’Italia e scovando talenti come ad esempio Paolino Rossi, Claudio Gentile e Gaetano Scirea.
Ecco perché le prime esperienze di Moggi nel mondo Juve mi ricordano e non poco quelle di Federico Cherubini.
Ex calciatore che dopo essersi laureato all'Università degli Studi di Perugia, diventa direttore generale del Foligno prima di essere chiamato da Giuseppe Marotta alla Juventus nel 2012 a svolgere il ruolo di direttore sportivo delle squadre giovanili.
Per poi passare nel 2018, a direttore tecnico e nella scorsa estate ad assumere il ruolo di DS al posto dell’uscente Fabio Paratici
Cherubini che nel mondo del pallone viene soprannominato il “Cobra" per la sua capacità nello strappare le condizioni di maggior favore possibile ad ogni tavolo di trattativa anche a costo di portarle per le lunghe.
Tre figure, quelle di Nedved, Arrivabene e Cherubini che procedono in grande simbiosi, proprio come facevano Bettega – Giraudo e Moggi. Per una Juve che, esattamente come quelle del passato, sta tornando ad essere forte, in auge, ovviamente rimodellata sulla realtà odierna, totalmente diversa non solo da quella di Boniperti, ma anche da quella di Giraudo. Una realtà l’attuale, nella quale il ruolo dei procuratori ha preso via via sempre maggior potere.
L’Arrivabene pensiero relativamente a ciò è il seguente: legittimo che i giocatori ascoltino i loro procuratori ma contestualmente parlando apertamente e sinceramente con la propria società, dal momento che è quest’ultima che gli accredita ogni mese un lauto bonifico sui loro conti correnti. Così come, esattamente nella miglior tradizione delle Juve di un tempo, a Torino sponda bianconera non si trattiene nessuno che non abbia voglia di restare. Ma nello stesso tempo è bene che tutti sappiano che dalla Juve, quando si ha un contratto in essere, si esce solo alle condizioni della società: questo deve essere chiaro a tutti.
E De Ligt a tutto ciò non farà eccezione!

Una società forte la nuova Juventus del post Marotta – Paratici. Con idee chiare sia riguardo la gestione tecnica, che economica e patrimoniale, elementi inderogabili per tornare ad essere la Juventus dominante in Italia e competitiva in Europa.
Dobbiamo altresì essere chiari.
Difficilmente la rosa della Juve sarà al completo nel corso dei prossimi giorni, ma quello che è certo è che la dirigenza bianconera sta lavorando alacremente sia in entrata che in uscita per fare in modo da avere una squadra pronta fin dalle prime giornate per competere ad alti livelli e, possibilmente, tornare a vincere subito.
Sarò un inguaribile ottimista, ma il mio consiglio è quello di mettetevi comodi perché, se le premesse sono Pogba, Di Maria e a breve ben altro, credo che l’anno prossimo ci divertiremo e non poco
Non è tornato solo il Polpo…
È tornata la Signora!!!!