Cronaca di un disastro annunciato.
È questo il titolo che ho voluto dare a Juventus – Milan di domenica scorsa, quando allo Juventus Stadium si è consumato l’ennesimo atto di questa disgraziata stagione, figlio di una sequela inenarrabile di errori.
Non sono un ingrato e quindi riconosco alla Presidenza Agnelli così come alla gestione dell’intera area sportiva e quindi a Paratici, Nedved e Cherubini tuti i meriti che gli spettano.
Nove scudetti consecutivi, due finali di Champions, più tutta un’altra serie di trofei vari tra Coppe Italia, Supercoppe, e altri titoli ancora non si vincono per caso e quello di quest’ultimo decennio rappresenta un ciclo che nessuno tra i più prestigiosi club a livello planetario è mai riuscito a scrivere.
Questo però rappresenta il passato, e credo sia sbagliato continuare a girarsi indietro per vedere quello che si è vinto e crogiolarsi su quei trofei, soprattutto per un club desideroso di un futuro radioso.
Il presente è la diretta conseguenza di gravi errori fatti nel passato, di cui ora andrò ad elencarne i sette più macroscopici in rigoroso ordine cronologico.

Il primo errore che ha portato alla disfatta di oggi è relativo a quando in società comandava ancora Beppe Marotta e si riferisce ai ricchissimi contratti fatti a giocatori di medio cabotaggio. Stipendi che ancora oggi gravano sul groppone di questa società e che hanno contribuito in maniera determinante ad ingrassare anno dopo anno l’attuale macro-indebitamento che getta nubi piuttosto fosche sulla ricostruzione di questo club. Basti pensare ai contatti plurimilionari fatti a giocatori come Matuidi e Higuain, che nella scorsa estate pur di far uscire dal progetto la Juventus ha dovuto regalare a club statunitensi rimettendoci svariati milioni di euro. Senza parlare di tutti quei giocatori come Rugani, De Sciglio, Douglas Costa collocati in prestito (prestiti che scadranno alla fine di questa stagione e quindi giocatori che pur non facendo più parte del progetto tecnico torneranno a Torino il prossimo 30 giugno) perché impossibili da cedere a causa dei loro ingaggi principeschi. Per concludere con i contratti pluriennali e pesantissimi come quelli fatti a giocatori come Rabbiot, Ramsey, Bernardeschi e Bonucci, difficilissimi da piazzare proprio a causa dell’onerosità dei loro contratti.

Il secondo errore in ordine cronologico è stato quello di aver esautorato un grande dirigente sportivo del calibro di Beppe Marotta senza andare a rimpiazzarlo con un’altra figura adeguata al ruolo da rivestire. Non entro nel merito dell’allontanamento del dirigente attualmente all’Inter dal momento che ci sarebbero troppe cose da scrivere, ma sicuramente nell’avventatezza dell’aver sostituito nei compiti e nelle competenze un direttore generale con uno scouting. Sì, uno scouting, perché Fabio Paratici era e rimane un ottimo scouting; non certamente un direttore generale. E a distanza di qualche anno le conseguenze che il club sta pagando a causa di tale scelta sono evidentissime e sotto gli occhi di tutti.

Il terzo errore è stato l’acquisto di Cristiano Ronaldo. Non perché non riconosca le straordinarie qualità di finalizzatore di questo fuoriclasse portoghese quanto per non essere stati in grado di costruire attorno al numero sette ex Madrid una squadra con la qualità tecnica necessaria per farlo rendere al meglio. Se i costi da sostenere per un acquisto di tale portata non consentono poi di rinforzare la squadra negli altri settori del campo (centrocampo in primis) l’operazione diventa un boomerang più che un qualcosa di vantaggioso. Inoltre, Cristiano Ronaldo non è un calciatore qualsiasi, ma al pari di Lionel Messi, di Neymar, di Mbappè, rappresenta un’azienda. E quando si vuole inserire una nuova azienda in un’altra azienda, che da anni funziona ed ha le proprie dinamiche, esterne e interne, bisogna essere consapevoli sia dei pro ma soprattutto dei contro che una scelta di tale livello comporta. Valutazioni che a mio avviso sono state fatte in maniera piuttosto superficiale a Torino, abbagliati dalle sirene ammagliatrici dei grandi trionfi internazionali a cui si pensava si potesse giungere con il solo acquisto del bomber lusitano.

Quello che riconosco come il quarto grave errore si riferisce all’esonero di Massimiliano Allegri. Non tanto per l’esonero in sé, nel senso che dopo cinque stagioni ci può anche stare che le strade tra una società ed il proprio allenatore si separino, quanto per i motivi che hanno portato al divorzio da Allegri. Il tecnico toscano aveva capito prima di ogni altro che dopo Cardiff quel gruppo di giocatori era arrivato a fine corsa, (soprattutto riguardo a qualche attuale senatore che a mio avviso ha contribuito non poco a far naufragare il progetto Pirlo) e che fosse necessario operare un profondo rinnovamento nella rosa della squadra per ripartire con un nuovo ciclo di giocatori.

Una visione che aveva trovato la netta ostilità di Fabio Paratici e Pavel Nedved e proprio qui nasce il quinto grave errore, che addebito questa volta in toto al Presidente Andrea Agnelli, reo a mio avviso di aver letteralmente consegnato le chiavi della società ai responsabili dell’area sportiva, procedendo quindi con l’allontanamento di Allegri e la conferma dell’intero blocco squadra e del tandem Paratici – Nedvev

Personaggi questi ultimi a cui credo vada addebitato il sesto grave errore e quindi l’ingaggio di Maurizio Sarri. Un tecnico quest’ultimo che, oltre a non aver nulla a che fare con il DNA bianconero, è un allenatore di campo, che ha bisogno di giocatori disponibili a seguire anima e corpo i suoi sistemi di allenamento e i suoi schemi di gioco, sul modello di quanto avviene maneggiando la consolle di una playstation. La cosa gli era riuscita piuttosto bene sia ad Empoli che a Napoli, ma solo una mente folle poteva pensare che giocatori come Bonucci, Chiellini, Alex Sandro, Cristiano Ronaldo, Douglas Costa, Miralem Pjanic, Paulo Dybala, solo per citarne alcuni, fossero disponibili a replicare il tutto a Torino. Non a caso Sarri, nel giorno del suo esonerò pronunciò la seguente frase: “Voi mi esonerate, ma questa è una squadra inallenabile”. Un po’ quello capitò a Gian Piero Gasperini quando cercò di trapiantare i suoi metodi di lavoro in un’Inter piena di senatori arrivati a fine corsa. Giocatori che rigettarono per intero i sistemi di allenamento dell’attuale tecnico dell’Atalanta, segnandone irrimediabilmente il destino già dopo poche giornate di campionato.

Ed infine, ma solo in ordine cronologico, in settimo errore capitale, e quindi quello compiuto questa volta in prima persona da Andrea Agnelli nell’affidare questa squadra 'inallenabile' ad un aspirante allenatore come Andrea Pirlo. Atto di grave superbia, arroganza, con il quale probabilmente si voleva dimostrare che questa squadra avrebbe vinto anche senza essere allenata. Peccato però che la stagione in corso, con il triste epilogo di queste ultime settimane stia dimostrando l’esatto contrario. Un gruppo totalmente allo sbando, paragonabile ad una barchetta che sta navigando nelle acque mosse di un oceano senza alcun timoniere a bordo. Una squadra senza la minima idea di gioco con un allenatore totalmente in balia degli eventi, in piena confusione, che nella gara di domenica sera opera soltanto due cambi sui cinque possibili ed inserisce Paulo Dybala, unico giocatore in grado di creare gioco e occasioni gola sulla trequarti, solo al 79° minuto di gioco.

E ora? Ora vedremo cosa succederà.
A partire dalla sorte di Andrea Pirlo, per proseguire con le imminenti sfide contro Sassuolo e Inter, per arrivare alla data del 27 maggio, con l’assemblea degli azionisti di Exor (la holding di famiglia che controlla tra le altre la società bianconera) che potrebbe rappresentare la data chiave per capire quale sarà il futuro di Andrea Agnelli, Fabio Paratici, Pavel Nedved, e Andrea Pirlo.
Il tutto dopo il caos generatosi dal naufragio del progetto Superlega e dagli eventi di questi ultimi giorni che vedono la squadra bianconera sempre più fuori dalla prossima edizione della Champions League.