Complice l’uscita dalla Champions League della Juventus e dall’Europa League del Napoli in questi giorni sono state mosse varie accuse al nostro campionato, alcune a ragione altre a torto, che sicuramente sono di gran interesse.

Negli ultimi anni si è sentito spesso dire che la Serie A è diventata un campionato poco allenante, una sorta di torneo rionale che non aiuta le nostre squadre a prepararsi per i veri palcoscenici, quelli europei. Nonostante il nostro campionato oggi non sia comparabile con i fasti degli anni ’90 e i primi anni 2000  ci si può chiedere come siano riuscite ad arrivare ai quarti di finale squadre come il Porto e l’Ajax i cui campionati si piazzano rispettivamente al settimo e all’undicesimo posto nel ranking Fifa.

Vediamo quali altri luoghi comuni, veri o meno circolano attorno al nostro campionato

Il nostro campionato si è impoverito. Da questo punto di vista, se confrontiamo il fatturato di Real Madrid e Barcellona (rispettivamente 750 e 690 milioni) con quelli della più ricca squadra italiana, la Juventus (undicesima con 395 milioni) il confronto è impari, inoltre tra le prime 10 squadre con il miglior fatturato 6 sono inglesi. Se però andiamo ad osservare il settore spese tra le prime 10 squadre troviamo 3 italiane (1ªJuventus, 4ªMilan e 9ªRoma) rispetto alle quali non si può certo dire che il mercato abbia permesso di fare un salto di qualità.

In serie A le difese sono più dure, si fanno meno gol. Questo è il luogo comune sicuramente più diffuso e forse il meno vero. I dati riguardanti le ultime 150 partite di Serie A dicono che si segnano 2.72 gol a partita, più che nella Liga Spagnola (2.69) e valore simile a quello della Premier League (2.8). Un campionato dove si segnano pochi gol, differentemente da ciò che si crede è la Serie A brasiliana, con solo 2.16 gol a partita, sarà per questo che negli ultimi anni importiamo dal brasile portieri, difensori e mediani al posto di attaccanti tutto stile e fantasia?

In serie A si corre poco. Se andiamo a vedere la classifica delle squadre italiane di “runner” troviamo in testa il Chievo (113.0 Km/partita), seguito dal Bologna, probabilmente sinonimo del fatto che correre tanto non significa correre bene. Ciononostante, la differenza con la Premier è sostanziale, secondo dati del campionato 2016/17 la squadra con la maggior percorrenza media di km per partita era il Liverpool (116.9 km), mentre invece il Chelsea guidato da Antonio Conte, vincitore di quell’edizione, si aggiudica l’ottavo posto di questa classifica con una media di 113.1 km per partita. Juventus, Milan e Napoli in questo campionato corrono in media circa 108 km a partita, c’è da sperare che in un eventuale confronto con una squadra inglese i giocatori “corrano molto bene”. Al momento in Serie A il giocatore con la miglior media di km percorsi a partita è Vecino con 11,8 contro gli 11.9 del migliore della Premier League, Eriksen del Tottenham. Se confrontiamo la media dei km percorsi dai migliori 10 corridori della Serie A e della Premier il risultato è per entrambe di 11,5 km a partita, per cui la differenza in Italia si deve probabilmente all’esistenza di stacanovisti affiancati da “fannulloni”.

In Italia si perde tempo. Sbagliato, nel calcio si perde tempo. L’Italia sotto questo punto di vista non è il campionato dei furbetti per eccellenza, nonostante non manchino partite nelle quali tra una bevuta di borraccia e una triplice contusione all’unghia la si tiri per le lunghe. In Italia il tempo effettivo di gioco rispetto a quello totale è del 57.8%, mentre dietro di noi si piazzano la Premier League (56.5%), la Ligue 1 (56.1%) e la Liga spagnola  (55.8%).

Per ricapitolare possiamo riassumere dicendo che la Serie A non fattura come altri campionati, però spende molto e forse male, che il mito dei pochi gol a causa delle difese arcigne andrebbe sfatato, che a confronto con gli Inglesi si corre meno, che non si perde più tempo rispetto ad altri campionati.

A partire da questi dati si può dire che probabilmente, prima di affermare che il nostro campionato non è allenante, dovremmo spendere meglio, correre di più e tornare a difendere.  

In secondo luogo, andrebbero riviste certe politiche che premiano di più un piazzamento in Champions piuttosto che il raggiungimento di una semifinale di Europa League, motivo per cui già dopo i gironi molte squadre italiane vanno in Europa a fare una scampagnata.

Infine,  credo che le “piccole” dovrebbero giocarsela a morte con le “grandi”, e gli arbitri dovrebbero tutelarle di più  dato che spesso sono vittime di torti meno pubblicizzati (I loro tifosi potrebbero confermare questa teoria?). In questo modo si eviterebbe quel fenomeno descritto da Buffon come lo “scansarsi”, dovuto non solo ad una resa di fronte alla manifesta superiorità, ma anche alla paura di prendersi ammonizioni facili con il pericolo di giocare senza gli uomini migliori le partite contro le avversarie dirette. Questo aiuterebbe a rendere il campionato più allenante, ma soprattutto aiuterebbe le squadre che vanno in Europa ad abituarsi a partite in cui gli arbitri o non guardano in faccia al prestigio oppure ti sfavoriscono palesemente, evitando così di perdere i nervi, la testa e la partita per un “giallo” che non c’era.

E voi lettori cosa ne dite? Davvero la Serie A è poco allenante? Avete qualche altro dato curioso?