Per chi è nato negli anni ‘80 e ’90 e per caso fosse milanista è esistito un unico Presidente (parliamo di calcio), il signor Silvio Berlusconi, il quale ogni qualvolta ne avesse l’occasione parlava dell’importanza del bel giuoco, parola solennemente pronunciata con l’annesso dittongo per non si sa quale motivo.

Al di là delle questioni linguistiche (e politiche) quel signore atterrato improvvisamente con il suo elicottero sul calcio italiano rivoluzionò le gerarchie ed impose un allenatore semi-sconosciuto che a sua volta rivoluzionò il calcio.

Da quel momento in poi il Milan si è distinto per momenti in cui giocava bene e vinceva, momenti in cui giocava meno bene, ma vinceva, e brevi transizioni non vincenti nelle quali però magari ci si toglieva lo sfizio di vincere un derby per 6-0 (Con le dovute scuse ai cugini). Senza dilungarsi in inutili liste di successi (ogni tifoso infatti ce le avrà ben presenti nella memoria) possiamo dire che questa è stata più o meno la storia del Milan per più di un ventennio, almeno fino al 2011.

Nel 2011 infatti si vince l’ultimo scudetto e se ne va un signore chiamato Andrea Pirlo, che sta al bel giuoco come Michelangelo e Leonardo stanno al Rinascimento.

Quella data, che personalmente credo abbia segnato un profondo spartiacque, ha dato il via ad un’altra era che credo sia riassunta bene in due frasi ufficiali: “Un Milan giovane e italiano” e “Il Milan ai milanisti”, che servono rispettivamente a mascherare la mancanza di risorse economiche per sorreggere il mercato e la società, e a far da parafulmine ai disastrosi risultati ottenuti (Chi ha il coraggio di inveire contro chi ti ha fatto vincere tutto?). Lasciando le frasi di rito questa fase agli occhi dei tifosi può essere riassunta anche da un bel “Fin che la barca va, lasciala andare: attaccare, attaccare, attaccare”. (Povero Inzaghi!)

Nonostante quelle frasi fossero di rito, quelle parole hanno avuto un loro potere e non si può certo dire che la società non abbia raggiunto i precedenti traguardi, infatti abbiamo avuto al comando Seedorf, Inzaghi, Brocchi, Abbiati ed ora Gattuso, Leonardo e Maldini, la squadra ha in rosa Donnarumma, Conti, Caldara, Romagnoli, Calabria e Cutrone, per cui in quanto a “italianità” e “DNA milanista” siamo messi piuttosto bene.

Ora quello che manca come l’aria da ben 8 anni sono, da una parte le vittorie (a parte la Supercoppa, competizione che fino a qualche anno fa in casa milanista non si sapeva nemmeno esistesse) dall’altra il bel giuoco. Se analizziamo gli ultimi 16 scontri tra Inter e Milan (dal 2012 ad oggi) noi rossoneri ne abbiamo vinti solo 3 (2014,2016,2017), con la Juventus le cose vanno anche peggio infatti dal 2011 ad oggi abbiamo vinto solo 3 partite delle 25 disputate. Limitiamo l’analisi agli scontri con le due squadre con le quali la rivalità è massima, ma se includessimo anche Napoli, Roma e Lazio non credo che i risultati sarebbero molto allettanti. Se invece andiamo ad analizzare il tipo di gioco espresso, credo si possa parlare del deserto più assoluto.

Per cui in questi ultimi anni niente vittorie, niente bel giuoco, niente 6-0.

Personalmente credo tutti siano piuttosto stanchi di questa situazione, il minimo che ci si possa aspettare infatti, se non arrivano i risultati, sarebbe vedere un po’ di calcio, qualcosa di nuovo, invece la necessità assoluta di arrivare ad una qualificazione in Champion sembra abbia bollato come velleitaria la necessità dei tifosi di divertirsi vedendo una partita. Probabilmente finché non si giocherà bene neanche i risultati arriveranno.

Ora non vorrei dilungarmi in questioni che personalmente ritengo marginali come, il mercato non è all’altezza (E quello dell’Atalanta?), l’allenatore non ha curriculum (Giampaolo, Gasperini e De Zerbi, allora?), dovevi mettere Conti e non Calabria e viceversa (Il Parma non ha Cafù sulle fasce), perché qui si parla di 8 anni di deserto calcistico e gestionale assoluto, non di una situazione transitoria.

Il Milan non ritornerà ad essere tale finché i nuovi proprietari non scenderanno dall’aereo-torre-elicottero facendo sentire la loro presenza e dando delle direttive chiare, disegnando il futuro invece di rincorrerlo, ma soprattutto richiedendo il bel giuoco. Ci si augura che le nomine di professionisti come Gazidis e Moncada vadano in questa direzione, se invece si vuole solo “rivalutare il brand”, questa nuova squadra-azienda-multinazionale perderà buona parte del fascino del passato, per cui, ci si augura presto di sentir parlare di “bel giuoco” e di “vincere e convincere”, in fondo anche le parole hanno un loro peso, la nostra storia lo dimostra.